(Filippo Ciantia)

Il 27 aprile scorso l’OMS ha dichiarato che un miliardo di persone erano già state vaccinate, almeno con una dose, contro il Covid-19. In soli 4 mesi si è raggiunto un risultato che non ha precedenti nella storia dell’umanità. Una epidemia globale ha portato ad una mobilitazione, pur tardiva, reattiva, spesso insufficiente, di proporzioni straordinarie. È pur vero che dobbiamo questi risultati par quasi il 50% ai soli Cina e Stati Uniti, com’è vero che che ci sono Continenti ancora ignorati e che le disuguaglianze crescono. Eppure rimane un risultato storico, così come lo sviluppo di vaccini sicuri ed efficaci in meno di un anno.

La globalizzazione della drammatica e, per tanti aspetti, ancora ignota malattia, ha sconvolto la vita di tutti i popoli. Siamo tutti esseri umani, imperfetti e fragili, vulnerabili e deboli, uniti dalle stesse domande di vita e di senso.

Abbiamo scoperto che la nostra piccolezza fragile “trova conforto e sostegno soltanto nell’affetto e nella dedizione di chi ci sta vicino”.

Da “medico inoculatore” presso un centro vaccinale di massa, svolgo una attività ripetitiva, senza intervalli, dettata da precisione e velocità, con ritmi obbligati, che devono essere rapidi e allo stesso tempo appropriati. Nel centro allestito dall’esercito sul lago di Varese si industriano decine di operatori sanitari, militari, volontari della Protezione Civile e della Croce Rossa.

Non è possibile contemplare i volti delle persone, soprattutto anziane, che passano, una dopo l’altra, nella mia postazione. Posso però fissare, sopra la mascherina, gli occhi e la luce di domanda che esprimono, e ascoltare attentamente le poche parole che possiamo scambiarci (la cosiddetta anamnesi).

Mi sorge spontanea una tenerezza verso tanta sofferenza che si scopre, scavando nella storia intima delle malattie e delle fragilità, di anziani e sempre più spesso di giovani. L’inganno tossico del nichilismo e del cinismo lascia spazio alla scoperta della nostra vera natura: “solo nelle relazioni in cui avviene il dono di sé il nostro cuore trova la sua pace”.

“Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato“