(Doriano Felletti)

Sulla quinta pagina de La Stampa del 18 febbraio 1932 compariva un’insolita notizia:

Sul tratto tra San Benigno e Pont ha viaggiato sui binari, anziché uno dei soliti treni composti della sbuffante locomotiva e dei rullanti vagoni, un convoglio tutt’affatto speciale: un’automobile, una lunga e silenziosa e velocissima automobile. Cosa avranno pensato coloro che l’han vista su qualche rettilineo piombare all’improvviso, con un suo fruscio di passo felpato, passare fulminea e scomparire d’un tratto come un fantasma?

Il fantomatico veicolo era un mezzo di locomozione straordinario, la Michelina.

Alla fine del XIX Secolo, il territorio nazionale era coperto da numerose linee ferroviarie gestite da società private. A seguito degli scarsi investimenti sulle tratte, nel 1898 era stata istituita una Commissione parlamentare di studio per il riordino delle strade ferrate, le cui conclusioni concordavano sulla necessità di una gestione statale delle ferrovie. Il R.D. n. 259 del 15 giugno 1905 istituiva l’Amministrazione autonoma delle Ferrovie dello Stato per affidarle la gestione della rete che avvenne il 1° luglio del 1905, con l’entrata in vigore della Legge Fortis: lo Stato assunse la gestione diretta di 13mila75 km di linee. Le condizioni degli impianti fissi e del materiale rotabile ereditati dalle cessate società erano pessime; il problema più urgente era quello del materiale di trazione e dei rimorchi; il parco locomotive era esclusivamente a vapore. Fu pertanto avviata l’elettrizzazione di alcune tratte internazionali e di grande importanza, tramite alimentazione a corrente alternata trifase. Ma all’esordio degli anni Trenta diverse corse nazionali erano ancora trainate da locomotive a vapore. Erano tratte in concessione alle società private che operavano in zone a modesto traffico e a capacità di investimento limitato. Da qui la necessità di ricercare soluzioni a basso costo di esercizio, basso consumo di energia, elevata frequenza di corse, ridotta manutenzione dei binari e, soprattutto, con pochi investimenti sugli impianti.

I fratelli Édouard e André Michelin, fondatori fin dal 28 maggio 1889 dell’omonima fabbrica, ebbero l’idea di adattare la produzione di pneumatici automobilistici alle carrozze ferroviarie. Fu così che nacque la Miche-line, un mezzo di trasporto agile, rapido e leggero, utile per velocizzare le linee secondarie e per spostare un numero esiguo di viaggiatori. L’impegno tecnico ed economico della Micheline fu immane e per promuovere l’idea fu lanciata una impressionante campagna di stampa. Michelin diede avvio alla produzione di una serie di prototipi di Micheline che vennero messi in circolazione in diverse tratte ferroviarie del sistema viario francese.

Il nuovo veicolo ferroviario destò interesse anche in Italia dove l’italianizzata Michelina arrivò grazie all’interessamento della Società Anonima Michelin Italia che aveva sede a Milano e stabilimenti a Torino ed a Trento. Otte-nute le necessarie autorizzazioni, nel 1932 vennero avviate una serie di prove e di collaudi sulle nostre tratte. L’esordio di questo insolito mezzo di trasporto avvenne sul territorio canavesano: la Michelina venne presentata ufficialmente il 17 febbraio del 1932, alla presenza delle autorità della Provincia di Torino e di Aosta e dei giornalisti della stampa piemontese, con un viaggio da San Benigno a Pont, passando per Rivarolo e Cuorgnè, sul percorso gestito dalla Società Anonima Ferrovia Centrali del Canavese, della lunghezza di 30 chilometri. Le prove durarono circa un mese, suscitando l’interesse degli addetti ai lavori. L’articolo, già menzionato, in quinta pagina del quotidiano La Stampa del 18 febbraio 1932 ci fa rivivere l’emozione del viaggio inaugurale:

La marcia è dolce, comoda, oseremmo dire ideale. […] Fra i viaggiatori si parla, e ci si sente benissimo, come in una sala. […] Si ha quasi l’impressione di correre sull’acqua, in battello, e la campagna all’intorno, bianca di neve, pare un candido e fantastico mare. Qualcuno fa la prova: anche a 70, o 80 chilometri all’ora, sta in piedi senza barcollare. […] E anche in fatto di velocità, come siamo distanti dai treni delle linee secondarie! Si era, come media, sui 70-80 chilometri, ma qualche volta, sui rettilinei, raggiungiamo anche i cento. […] Rallen-tamenti e acceleramenti avvengono pure con grande… cortesia per il viaggiatore, che quasi non se ne avvede. Dicono i costruttori che le curve di 500 metri di raggio possono essere compiute in piena velocità. Certo si è che durante la nostra corsa si avverte qualche rallentamento alle curve, che sono in genere strette, ma tuttavia anche qui la velocità rimane notevole. Così dicasi delle salite. La maggiore, che è del 18 per mille, viene brillantemente superata a 70 chilometri orari. […] Ogni fermata ci fa apprezzare le doti di arresto e di avvio del nostro singolare convoglio. Ci si ferma in cento metri dopo una velocità di 70 km, laddove ad un treno ordinario occorre la distanza di un chilometro; ed eccoci poi, dopo pochi istanti, in piena velocità; un chilometro dopo la stazione siamo già comodamente ai 70 km.

La Michelina che viaggiò nel Canavese era una Tipo 11 e disponeva di 24 posti a sedere. Era equipaggiata con un motore Panhard & Levassor a benzina da 95 CV a 2000 giri/min. Pesava a pieno carico solo 6.900 kg grazie all’impiego di legno e di leghe leggere e raggiungeva i 100 km/ora. La lunghezza dell’automotrice era di poco superiore a 15,5 metri. Una delle corse di prova della Michelina in Canavese è documentata sul Giornale Luce B0056 del 4 marzo 1932, disponibile sull’Archi-vio dei cinegiornali dell’Isti-tuto Luce e su Youtube. Il filmato inizia mostrando la stazione di Rivarolo Canavese; il viaggio prosegue tra i campi innevati fino alla stazione di San Benigno Canavese. Il video mostra la misurazione della pressione degli pneumatici e il cambio dimostrativo di una gomma. La Michelina consentiva un ottimo confort di marcia grazie all’effetto smorzante delle vibrazioni attuato dagli pneumatici. Di produzione Michelin, coperti da brevetto esclusivo depositato nel 1929, erano dotati di un disco di acciaio imbullonato e solidale con il cerchione. La pressione, di circa 6 atmosfere, era controllata da un manometro, dislocato al centro della ruota; un apposito sensore consentiva al macchinista di monitorare il valore di pressione della gomma dalla console di guida. In caso di foratura, la vettura doveva procedere lentamente fino alla prima stazione, dove il macchinista avrebbe provveduto alla sostituzione della gomma in pochi minuti.
Lo pneumatico offriva un’ottima aderenza con la rotaia e questo permetteva di sprigionare la massima potenza del motore in corrispondenza di una minor peso (quindi di una minor massa) del veicolo, maggiore accelerazione, minor spazio di frenata e miglior silenziosità.
Nonostante il grande interesse suscitato fra tecnici e utenti, la Michelina non ebbe successo in Italia. Alla sperimentazione non seguì alcun ordine di acquisto: l’entrata in vigore delle sanzioni economiche, i cattivi rapporti con la Francia e i costi di gestione elevati (carburante, manutenzione, ricambi) fecero sì che la Michelina terminasse anzitempo il suo servizio. L’eredità di quegli esperimenti resta nella progettazione delle metropolitane: come quella di Torino che viaggia su pneumatici in gomma. In pratica, una pronipote della Michelina.