(Mario Berardi)

La guerra “atroce e sacrilega”, come l’ha puntualmente definita Papa Francesco, accresce di giorno in giorno l’indignazione e la condanna popolare, espressa adeguatamente dalle ferme parole del presidente Sergio Mattarella e del premier Mario Draghi contro la brutale aggressione della Russia di Putin: fosse comuni per centinaia e centinaia di cittadini ucraini, bimbi torturati, donne violentate, bombe al fosforo…

L’interminabile conflitto determina anche una svolta radicale nello scenario politico italiano perché torna al primo posto la politica estera, come nelle scelte più drammatiche (buone e cattive) della nostra storia: l’alleanza di Cavour con la Francia per realizzare l’unità d’Italia, la collocazione occidentale di De Gasperi per la rinascita del Paese, nella libertà, dopo la catastrofe della guerra determinata dall’insana intesa di Mussolini con Hitler.
Sotto il mantello istituzionale della collaudata linea Quirinale-Palazzo Chigi, emerge tuttavia un panorama frastagliato che preoccupa gli analisti politici: Marcello Sorgi su “La Stampa” scrive apertamente di “una politica non all’altezza”; l’autorevole storico Paolo Mieli, sul “Corriere della Sera”, teme che il prossimo voto politico, tra un anno, possa determinare una grande instabilità per la nostra collocazione geo-politica, che implica precise scelte di società.

Attualmente i due leader più impegnati nel sostegno all’Ucraina di Zelensky e alle scelte dell’Occidente sono Enrico Letta e Giorgia Meloni, ma con una differenza sostanziale sui rapporti con Bruxelles: favorevole alla piena integrazione europea il segretario del Pd, “sovranista” e per “l’Europa delle Nazioni” la leader di FdI, solidale con l’ungherese Orban.

Sul fronte opposto c’è il leader leghista Salvini, da sempre grande sostenitore di Putin: come ha dimostrato l’inchiesta di Report, su Rai3, la Lega nel 2017 ha firmato un accordo di consultazione con il partito di Putin, Russia amica; ora la Lega ha condannato la guerra, ma su molti temi – dalle sanzioni alle espulsioni di diplomatici russi – dissente apertamente dalla linea del Governo Draghi.

A metà strada il M5S di Conte, stretto tra il silenzio assordante del fondatore Beppe Grillo, grande ammiratore di Putin, e la posizione occidentale, atlantica ed europeista del ministro degli Esteri Di Maio. In una intervista a “La Repubblica” Giuseppe Conte ha condannato l’invasione russa, prendendo contemporaneamente le distanze dagli Stati Uniti, criticando Draghi sulle sanzioni e sulla politica europea di difesa, ma senza rompere (come potrebbe determinare una crisi con la guerra nel cuore dell’Europa?).

Forza Italia segue un doppio binario: governativa con il vice-presidente Tajani e i ministri, cauta con Berlusconi (da sempre amico di Putin), critico con l’invasione ma senza citare alcuna responsabilità del leader del Cremlino. “Atlantici”, ma con molte sfumature, appaiono gli esponenti centristi, da Calenda a Renzi, da Toti a Lupi, sempre alla ricerca di un’unità che appare lontana. Infine a sinistra sta per formarsi un’aggregazione “pacifista”, neutralista, con i Verdi di Bonelli, la componente di Fratojanni e, forse, Rifondazione comunista.

Questo mosaico di posizioni, lontano dall’antitesi De Gasperi-Togliatti o dal “compromesso storico” Moro-Berlinguer (che nel ’76 elogiò l’ombrello della Nato), non rende certamente facile la collocazione internazionale dell’Italia mentre in Parlamento si confermano le divergenze anche sui temi comuni, dalla composizione del Consiglio Superiore della Magistratura alla riforma del catasto.

È invece positivo il cammino alla Camera della proposta di legge sullo “jus scholae” che apre la via alla cittadinanza ai giovani nati in Italia, figli di immigrati, dopo un ciclo di studi; Forza Italia consente, su questo tema, a una maggioranza “Ursula”, favorendo l’iter del provvedimento anche al Senato.

Sull’immigrazione continua la vasta solidarietà, pubblica e privata, ai cittadini ucraini (ormai sono oltre quattro milioni i profughi, destinati ad aumentare). Permane invece la reticenza (denunciata dal Papa a Malta) verso i naufraghi del Mediterraneo: ad esempio alla frontiera di Ventimiglia, come ha rilevato la Caritas, i gendarmi francesi danno via libera agli Ucraini, ma fermano “gli altri”. Come se non fossero anch’essi dei poveri sfruttati, emarginati, non meritevoli di abbandono.