XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Chi è il mio prossimo?

(Sr Serena e Sr Valentina, Monastero di Lugnacco)

Tutti noi desideriamo la vita eterna. Non solo una vita che duri sempre, ma un’intimità lieta che non possa essere distrutta dalla morte e dalle avversità. La domanda del dottore della Legge è sincera, perché corrisponde all’anelito del cuore. Contiene però una contraddizione interna: “Come devo fare per ereditare la vita eterna?” Ora, chi aveva diritto all’eredità erano solo i figli; gli estranei, gli schiavi, gli stranieri non ereditavano. Dunque per ereditare la vita eterna devo essere figlio. Non c’è storia, fuori dalla figliolanza, rimango a mani vuote.

Come si fa a essere figli? Seguendo la pericope che la Liturgia ci offre in questa XV Domenica del Tempo Ordinario, per essere figlio “devo”: incontrare chi mi rende figlio, devo lasciarmi guardare quando non sono proprio nella forma migliore, sulla via della morte; perché mentre mi allontano da Gerusalemme, mentre scendo dalla città santa verso la terra pagana, vengo ridotto in fin di vita. E poi ancora, devo lasciare che Dio abbia compassione di me, devo accettare di farmi fasciare le ferite da un samaritano, una persona che appartiene a una categoria non stimata, devo accogliere che Dio abbia cura di me in modo continuativo, camminare con Lui in maniera perseverante, ci vuole tempo per guarire, ed infine devo accettare che Lui paghi per me quando io non ho nulla da dargli in cambio, accogliere la salvezza in quanto salvezza e non come premio di una mia fatica o conquista.

Chi è il mio prossimo? Il samaritano che ha avuto compassione di me.

Chi è il mio prossimo? Il fratello che ha bisogno, il samaritano, la persona altra da me e dalle mie categorie che incontrerò oggi.

Così ameremo il Signore Dio nostro con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta la nostra forza, con tutta la nostra mente, lasciandoci amare e amando a nostra volta di quell’amore che abbiamo ricevuto.

“Fa questo e vivrai”. Ci dice il Signore. Vivi così e sarai figlio.

“Sapendo queste cose, siete beati se le metterete in pratica” Gesù ripeterà ai dodici nell’ultima cena. Sia il nostro cuore attento e generoso, sentiremo nella Liturgia di questa domenica, verso le sofferenze dei fratelli, per divenire simili a Cristo, buon Samaritano del mondo. Per divenire figli e perciò eredi di vita nuova ed eterna.

(Lc 10,25-37) In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai
il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».