È la quintessenza dell’eclettismo, Eugenio Pacchioli.

81 anni estremamente ben portati, nato a Roma, origini abruzzesi, trapiantato a Ivrea dalla fine degli anni ’60.

Laurea in chimica industriale, vita professionale tutta in Olivetti, prima nel settore ricerca e sviluppo, poi in comunicazione e marketing.

Curatore di eventi internazionali e di mostre, dal 1996 al 2014 è segretario generale dell’associazione Archivio Storico Olivetti, per la quale ha gestito il grande patrimonio archivistico olivettiano e contribuito al recupero di centinaia di archivi.

Dal 2004 al 2011 organizza otto edizioni della Fiera della Parola. Questo l’ambito lavorativo.

Ma Pacchioli è anche (soprattutto?) artista.

Tra il 1970 e oggi ha realizzato oltre 16 mila opere pittoriche sui temi e con l’uso dei supporti più disparati.

E con tratto unico, riconoscibilissimo.

Quadri, litografie, vignette, copertine illustrate, le fiancate dei carri del Carnevale eporediese (!), loghi, manifesti, i murali che sono l’attività che più lo sta coinvolgendo di questi tempi… E tra tutte queste opere ci sono anche 70 Libri d’Artista, libri manoscritti (sia i testi che le illustrazioni) che in tutto contano circa 1800 fogli.

Alcuni titoli? L’eccitazione del potere (1974), Andar per isole (‘74), Moro Aldo (‘78), Il deserto di Abelcain (‘80), L’ulivo sul Pequod (2004), Il Cantico dei Cantici (2011-22), Il Vangelo secondo San Matteo (1972), La vicenda di Antonio el Camborio (Garcia Lorca) (‘76), Eughennaiòn Geographycòn Deposito (1980-85), De Bello Canepiciano (‘96), Monti di Bibbia (2000).

Di un’ampia selezione di pagine di questi Libri d’Artista Pacchioli ha fatto una (rara) presentazione sabato 29 ottobre, dalle 17 all’atelier New Eporedia di via Arduino 37.

Ma perché dedicarsi a un’attività del genere? “Far libri mi piace – confessa l’artista –. Come un amanuense del XX secolo. E quindi fuori tempo, di sicuro. E di sicuro in contrasto con la tecnologia e con la velocità che caratterizza la nostra società. Fare libri di questo genere significa pazienza, tempi lunghi… Era così anche nel ‘200. Ma c’è il fascino impagabile del lavoro grande, del lavoro completo, del lavoro che ha qualcosa di maestoso perché a volte si ‘lavora’ con testi di valore universale, addirittura potenti, unici per contenuti e immagini. Un Vangelo, l’Apocalisse, opere di teatro, poesie, fatti di cronaca e di storia, suggestioni, note di viaggio…”.

L’esperienza di Pacchioli si configura come quella di un uomo del 2000 che si fa “scriptor et pictor”.

Certo, l’amanuense del 1200 aveva chiara la sua funzione – ammette –. Io invece posso facilmente immaginare una sorta di inutilità di un tale lavoro. Oggi. Ma, proprio perché incomprensibile e assurdo, forse questa strana tipologia della mia attività può richiamare l’attenzione del (nervoso, distratto, stressato) mio contemporaneo, che rischia di snobbare testi che hanno significati immensi e potenti… Fare questi libri richiede molto tempo. E il mercato non li aspetta. Non hanno utilità. Forse si tratta di follia. Lo so”.

È davvero così? Giudichi il pubblico, secondo il suo gusto e senza cedere a condizionamenti.

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Redazione Web