(Mario Berardi)

Sembra finita la “luna di miele” tra il Governo e la pubblica opinione: secondo i sondaggi il premier Conte è ancora il politico più gradito, ma i provvedimenti sulla Fase due hanno diviso il Paese in parti uguali, tra favorevoli e contrari.

Molti i temi in discussione: lo scontro Nord-Sud sulle ripartenze, i rapporti difficili con le Regioni, le critiche sulla ritardata apertura delle Messe, la complessa definizione dei congiunti che si possono incontrare, il rinvio del decreto d’aprile sui 55 miliardi per l’economia, a causa dei contrasti interni al Governo tra industrialisti e assistenziali…

In una fase così complessa, con l’epidemia non ancora pienamente domata, i due Matteo (Salvini e Renzi) sono nuovamente partiti all’assalto di Palazzo Chigi: il leader della Lega ha fretta di ritornare al governo dopo l’infortunio del Papeete, l’ex premier soffre l’insuccesso di Italia Viva (ferma al 3%) e l’insofferenza di una metà dei suoi parlamentari. Ma il loro obiettivo di un governissimo continua ad essere lontano per le gravissime divergenze programmatiche tra europeisti e sovranisti.

Inoltre per Salvini c’è il problema della doppia concorrenza esterna della Meloni e interna della componente moderata della Lega guidata da Giorgetti e Zaia (il governatore del Veneto, con l’emiliano Bonaccini, è al top dei gradimenti nei sondaggi, mentre sono in coda, per la gestione sanitaria, i presidenti di Lombardia e Piemonte). Ma il vero ostacolo per i due Matteo è rappresentato dalla tenace e valida opposizione del Quirinale alla crisi al buio: sarebbe un duro colpo, interno e internazionale, alla solidità delle istituzioni, con pesanti ripercussioni finanziarie (l’agenzia Fitch ha abbassato il rating dell’Italia soprattutto per l’instabilità politica).

L’unica carta per Mattarella sarebbero nuove elezioni: ma si può pensare di andare alle urne con la pandemia in corso?

L’assenza di alternative non può tuttavia essere un alibi per il Governo, che non può vivere alla giornata. L’emergenza economica e sociale si presenta ancora più difficile di quella sanitaria: lo stesso ministro dello Sviluppo economico, Patuanelli, ha ammesso che gli 80 miliardi di stanziamenti non saranno sufficienti per coprire tutte le richieste di intervento, dagli industriali ai sindacati, dalle partite Iva al Terzo settore, dal rinnovamento delle strutture sanitarie alla scuola pubblica (statale e paritaria, secondo la legge Berlinguer del 2000).

Il Governo giallo-rosso, nato essenzialmente come risposta alla richiesta di pieni poteri di Salvini, deve ora definire una strategia politica, economica, sociale di largo respiro, perché la crisi non sarà di breve durata.

Le diverse visioni dei Dem (più incentrati su una cultura di sviluppo industriale) e dei Pentastellati (più inclini all’assistenzialismo) debbono convergere in una sintesi unitaria, con l’obiettivo di una nuova crescita del Paese: evitando quindi interventi a pioggia e preferendo una valutazione d’insieme delle necessità che non trascuri i più poveri della società (senza-lavoro, immigrati senza tutela, disabili, famiglie sole…).

Il premier e il Governo non debbono pensare di essere autosufficienti: il confronto con le parti sociali, economiche, culturali della società è essenziale perché non si regge senza un ampio consenso della pubblica opinione; altrettanto decisivo è il rapporto con il Parlamento perché non si può procedere in eterno con i Dpcm del premier. Quanto alle opposizioni occorre cogliere le disponibilità di Forza Italia, dei Radicali, del Gruppo Misto, con un effettivo coinvolgimento, senza ignorare la componente moderata e istituzionale della Lega.

Nei tempi di emergenza il Governo, per necessità, ha fatto molto ricorso ai tecnici; ma ora la politica deve riprendere il suo primato, previsto dalla Costituzione. Ad esempio il tema delicatissimo della ripresa scolastica a settembre, che riguarda milioni di allievi con le loro famiglie, non può essere competenza esclusiva della task-force ministeriale.

Non è la stessa cosa essere in classe o seguire le lezioni da casa con il computer; né si può ignorare che il 40% delle famiglie al Sud è privo di adeguate tecnologie, e questo potrebbe scavare nuovi fossati tra allievi ricchi e poveri, in netto contrasto con le indicazioni della Carta costituzionale.

La fase due della vita italiana in tempi di epidemia è tutta da scrivere e non bastano i cinquecento esperti della Presidenza del Consiglio.