(Graziella Cortese)

In questo difficile periodo nascono spesso iniziative e nuove promozioni culturali: l’associazione Aiace Torino ha chiesto a collaboratori e amici che producono film di mettere a disposizione in rete alcuni loro lavori (film, cortometraggi e documentari), l’iniziativa si chiama “Aiace sul sofà”.

Questa settimana è invece dedicata a un classico del maestro del brivido Alfred Hitchcock, il cui titolo originale, “Vertigo”, venne trasformato ne “La donna che visse due volte”, che però ci toglie qualcosa del mistero originario.

Lungo la baia di San Francisco, anni ’50. Scottie è un uomo in gamba, da principio avvocato e poi poliziotto, la sua storia parte di corsa sui tetti della città: c’è un ladro da inseguire nella luce blu della sera, si sente qualche sparo. Scottie inciampa e rimane aggrappato a un cornicione, l’agente suo collega che gli porge una mano per aiutarlo, cade nel vuoto.

Da quel momento per il protagonista rimarrà un ricordo pesante, l’acrofobia, la paura di precipitare nell’abisso. Meglio abbandonare il mestiere e dedicarsi ad altri passatempi come andare a trovare la sua ex compagna di studi Midge, una ragazza tranquilla e rassicurante. Ma un altro compagno di università, Galvin Elster, sopraggiunge imprevisto e chiede a Scottie di aiutarlo: il nostro eroe dovrebbe seguirne la moglie che da un po’ di tempo si comporta in modo strano. Ella è spesso assente, parla in modo inusuale, va in giro per la città come in trance e sembra che la bisnonna Carlotta, ormai defunta, abbia preso possesso del suo essere. Scottie non è contento dell’incarico finché al ristorante da Ernie’s vede per la prima volta la donna.

E il destino dell’uomo è in qualche modo segnato.

Da ammirare le luci, le inquadrature, la sensazione palpabile dell’immancabile suspense, gli indimenticabili interpreti: per molti versi Hitchcock è il cinema, non c’è molto da aggiungere.

La donna che visse due volte
di Alfred Hitchcock
paese: Usa 1958
genere: thriller
interpreti: James Stewart, Kim Novak, Barbara Bel Geddes, Tom Helmore
durata: 2 ore e 8 minuti
giudizio: capolavoro