(Elisabetta Acide )Nella lettera pastorale alla Diocesi per l’anno 2023-2024, Mons Edoardo Cerrato, con spirito di lungimiranza pastorale, traccia le linee precise del cammino. Pubblicata  sul numero del Risveglio on line l’8 settembre 2023

Ecco qui il testo integrale della Lettera Pastorale –

con la sua lettera, ci invita a proseguire a  “progettare” il cammino in “spirito sinodale”.

Credo che quando un Pastore parla, occorra sempre “prestare orecchio”: ho letto e riletto la lettera pastorale del nostro Vescovo Edoardo e credo meriti senz’altro fermarsi a pensare e condividere alcune personali riflessioni che possono aiutare altri pensieri ed idee.

Ringrazio di cuore Mons. Vescovo: non ha “lasciato cadere” il cammino sinodale che la Chiesa eporediese ha avviato e che ci ha visto e ci vede impegnati come parrocchia. Un cammino non solo perché la  Chiesa universale sta percorrendo le “fasi “ del sinodo sulla sinodalità , un cammino del quale stiamo “vedendo i germogli”, forse proprio nelle realtà locali, immagini quotidiane di una Chiesa in ascolto, in dialogo, in uscita, in discernimento .

Ho particolarmente apprezzato questo “ritorno” alla riflessione del sinodo, ed in particolare della sua lettera, ho apprezzato e plaudo la sua sottolineatura: “per favorire la più ampia partecipazione abbiamo deciso, fin dalla iniziale riunione dei Vicari Foranei che gli incontri si tenessero a livello di Parrocchia”.

Grazie Monsignore! Ne avevamo bisogno.

Ne avevamo bisogno come parrocchia piccola (Borgo Revel, ndr), ne avevamo bisogno come cristiani “in transizione” (il nostro parroco precedente è mancato nel 2021), ne avevamo bisogno come cristiani e parrocchiani che pian piano vedevano assottigliarsi la presenza , vedevano allontanarsi o scemare l’entusiasmo

Certo la nostra parrocchia non era una “eccezione”, ma non era neppure confortante sapere che la nostra parrocchia come i cristiani era “nella media” (così dicono le “statistiche, alle quali sono un po’ allergica: vuoi per caso che se ho piedi nel forno e testa nel congelatore, la mia temperatura corporea sia “perfetta”???),  i cristiani sono diventati “tiepidi”, il Covid ha reso più “cauti” e “cambiato le abitudini”, “nulla è più come prima”, il mondo è in “crisi”, la società è “liquida”, i giovani sono “lontani”, le famiglie hanno “altri interessi”… ( potrei andare avanti…).

E quindi?

Personalmente ringrazio Sua Eccellenza per questa scelta diocesana, che forse (a differenza di alcune scelte italiane e di situazioni ben più estese) poteva apparire “ristretta” e poco “popolare” (nel senso che si correva forse un po’ il rischio della frammentazione o della poca divulgazione, a causa di alcuni “tiepidumi”) ma che, a mio parere, in alcune realtà, come la nostra parrocchia, ha portato ad un avvio di cammini.

Il sinodo, per quanto mi riguarda, non è stato e non è “solo uno slogan”: è stato ed è autentico impegno come cristiana.

Non era solo un camminare con, un percorrere la strada insieme, era entrare in modo autentico, insieme, nel cammino verso Dio, con Dio.

Non dimentichiamolo, è bello camminare insieme, ma, il rischio è quello di fare delle grandi escursioni, delle bellissime “gite”, dei percorsi affascinanti… ma se con noi non c’è Cristo, tutti i nostri passi rischiano di lasciarci alla partenza, di farci fare dei “giri immensi”, che ci lasciano girovaghi, turisti, podisti, ma non pellegrini.

Non ha dimenticato di ricordarcelo, il nostro Monsignore, il Signore Gesù, centro del cosmo e della storia, è il centro della nostra fede e di tutta la nostra vita.” . Questo non è retorica, è vita cristiana; meglio, è il centro della vita cristiana e se le comunità parrocchiali, con il loro parroco, non partono da qui… la vita dei cristiani e della comunità parrocchiale è “inesistente”.

Cristo che ci fa partecipi al suo corpo e che ci unisce

Nell’anno pastorale che inizia continueremo il “Cammino sinodale” riguardo al quale, già negli anni scorsi (cfr. Lettera Pastorale 2021-22; 2022-23), ho sinteticamente ricordato i passi e le modalità sulla base delle indicazioni della Sede Apostolica e della Conferenza Episcopale Italiana.

Le Parrocchie che hanno voluto compiere il “Cammino sinodale” (senza pretendere che esso sia ciò che non è, e cercando di esso l’essenziale) hanno avuto dalla Commissione di Coordinamento diocesana il supporto necessario.

La Commissione ha raccolto poi le relazioni delle Parrocchie, e ne ha inviato a Roma la sintesi presentata in Assemblea diocesana.

La “raccolta” della Diocesi, è stata arricchente, forse non ha fornito una visione esaustiva, ma ha originato, in molte realtà parrocchiali Nuova consapevolezza di testimonianza, e dobbiamo dirlo, la “voce” è stata quella dei laici, quella dei vicini e dei “lontani, quella di chi ha ancora voglia di relazioni significative in un  mondo individualista ed egocentrico, e di “spendersi” insieme, in parrocchia, per incontrare il Signore.

Mi rammento una breve poesia di Eugenio Montale che amo sempre leggere ai miei studenti, perché credo possa rappresentare la soglia che, come cristiani siamo chiamati a percorrere, a oltrepassare, a provare ad “aprire” per uscire, più che solo “invitare ad entrare”, perché sulla soglia, si fanno parole, si incontrano sguardi, si sentono dubbi, si tende l’orecchio, si guarda in alto o in basso, si alzano gli occhi al cielo o all’orizzonte, si vive la Parola

“Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro

per vedere il Signore se mai passi.

Ahimè, non sono un rampicante

ed anche stando in punta di piedi

non l’ho mai visto.”

Come Zaccheo, Eugenio Montale (Diario 1971-1972)

Il sinodo ci ha richiesto questo: uscire ed incontrare, alzare gli occhi verso Dio, ma anche verso il prossimo, verso colui che è salito sul sicomoro per “guardare da lontano” se mai passi oppure per scorgere anche chi non ha neppure la voglia, la forza o il coraggio di uscire di casa e salire su quel sicomoro.

Il sinodo per me, vissuto in parrocchia, è  questo: la comunità cristiana può offrire spazi di incontro, fraternità, accoglienza… per tutti ed a tutti, secondo il messaggio del Vangelo, la comunità parrocchiale è altro, è offrire uno spazio privilegiato di effettiva relazione, di condivisione di cammini, di esperienze, occasioni concrete per chi in quella realtà vive.

Se forse, qualche anno fa, l’esperienza “di massa”, poteva essere una soluzione, ora, a mio parere, occorre ripartire dalla parrocchia, rivivere la bellezza della scoperta dell’altro come “vicino” anche se lontano, come “persona” con i suoi dubbi e le sue insicurezze, le sue fragilità e le sue ricchezze.

Parrocchia in “uscita” è una parrocchia che è aperta al suo interno, che va oltre i sui pregiudizi, che “cura” e si fa “curare”, che è aperta al cambiamento e che fa crescere germogli di conversione. Parrocchia è esperienza “di Spirito”, è lasciarsi guidare e trasformare dallo Spirito Santo che soffia anche nelle piccole e sperdute parrocchie ai margini della Diocesi, tra difficoltà e insicurezze, perché lo Spirito Santo soffia dove vuole, non dove noi vorremmo che soffiasse.

Adsumus Sancte Spiritus Siamo davanti a Te, Spirito Santo, / mentre ci riuniamo nel Tuo nome. / Con Te solo a guidarci, / fa’ che tu sia di casa nei nostri cuori; / insegnaci la via da seguire / e come dobbiamo percorrerla” (versione semplificata dell’antica formula d’apertura orante usata nei concili, nei sinodi e in altre assemblee della Chiesa a partire almeno dal Sinodo di Toledo del 633 ) basterebbe questa frase dell’orazione consegnataci per aiutarci a comprendere lo “spirito del cammino, guidati dallo Spirito”.

L’espressione più “fortunata” ed inedita, per me è “sinodo parrocchiale”, tutti convocati in assemblea, in cammino , sinodo di “tutti i battezzati”, per uscire dall’apatia “comunitaria” e forse un po’ dall’inerzia o opportunismo “pastorale”.

Sono convinta che il “cammino” sia fatto di passi umili e costanti: innanzi tutto quelli della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio, della partecipazione cosciente ai Sacramenti: fecondo terreno su cui cresce un vero rapporto fraterno: “sinodalità” infatti, non è gridarci l’un l’altro le proprie idee, ma conoscerci e comprenderci a vicenda, e confrontarci alla luce della Parola di Dio che è la Verità, consapevoli che apparteniamo tutti alla unità del Corpo di Cristo.

Ecco il “rilancio” (o almeno, io lo leggo così), che Mons. Edoardo vuole lasciarsi: Del Cammino sinodale delle Chiese in Italia inizia ora la seconda tappa: la fase sapienziale.

La pagina evangelica che ci guida in questa fase annuale, proposta come icona per il discernimento ecclesiale, è quella dei discepoli di Emmaus (Lc, 24,13-35). (Vedi articolo pagine di Vangelo nel numero  2 del bollettino parrocchiale di  Borgo Revel ).

In relazione ad essa importante sottolineatura è quella che il Documento pone all’inizio:

 «C’è un’intima relazione tra Celebrazione eucaristica e Cammino sinodale… Questa intima relazione orienta nella comprensione delle categorie sinodali: non si tratta tanto di “democrazia” quanto di “partecipazione”, non solo di un raduno di “gruppo” quanto di un’“assemblea” convocata, non di esprimere semplici “ruoli e funzioni” ma “doni e carismi”. Nel Cammino sinodale, come nella Celebrazione eucaristica, il popolo radunato vive l’esperienza della grazia che viene dall’Alto, in quella partecipazione definita “actuosa” dal Concilio Vaticano II (cf. Sacrosanctum Concilium,14), quindi capace di coinvolgere nella Celebrazione comunitaria».

Monsignor Edoardo con questo richiamo, credo, voglia davvero ricordarci che il nome della Chiesa è sinodo, sinodalità è forma e metodo della Chiesa , sinodo è noi, è Chiesa comunione sul modello del Dio Trinitario.

Biografie dunque personale e comunitaria, parrocchiale, che si intreccia nella biografia di Gesù: relazioni ed esperienza di fede.

Mensa della Parola e del Pane, celebrata e vissuta in parrocchia.

Mistero Pasquale celebrato e vissuto nella parrocchia, nella celebrazione eucaristica, fonte e nutrimento personale e comunitario.

Comunione per un solo corpo, Eucaristia per la sinodalità, nella sinodalità.

Se dunque l’ Eucaristia è generazione e nutrimento della sinodalità, allora la parrocchia è sinodo se trova il suo apice nella celebrazione liturgica, non una celebrazione “esteticamente bella e ineccepibile”, dove ognuno sta al suo posto, occupa il suo ruolo, fa il suo dovere…, non una celebrazione senza sbavature, degna di una fiction televisiva, ma una celebrazione autentica, dove la comunità parrocchiale chiesa in cammino, trova la sua “sorgente”: Cristo.

Una celebrazione che dalla sorgente “sgorga”: lo Spirito di Dio, in ogni luogo, anche la piccola parrocchia di Borgo Revel, ed in ogni tempo, anche con le difficoltà del terzo millennio, con il nutrimento dell’Eucaristia, sospinge e guida i passi della comunità e dei singoli.

E conclude il Vescovo con queste mirabili parole, citando  Agostino  Nos sumus temporai tempi siamo noi; quales nos sumus, talia sunt tempora: quali noi siamo, tali sono i tempi”. I tempi siamo noi… Non perché tutto dipenda da noi, ma perché noi la nostra parte nel determinare le situazioni ce la mettiamo…: non siamo solo spettatori di qualcosa che accade intorno a noi, fuori di noi… Non possiamo, quindi esimerci – vescovi, preti e laici – dal guardare anche a noi stessi: come siamo, come viviamo, alla luce di che cosa effettivamente viviamo…

La questione è la nostra fede, il credere cristianamente: aderire alla Persona di Cristo lasciandoci plasmare dal Suo insegnamento (tramesso da gesti e da parole); convertirci al Suo modo di pensare, di sentire, di vedere e di agire; vivere nella comunione con Lui la nostra vita nel concreto dell’esistenza quotidiana…

Rileggerò e rifletterò ancora sulla  lettera pastorale di Mons. Edoardo per continuare a vivere il sinodo nella mia  parrocchia, oltre che nella Chiesa e nella vita,  perché credo che nella parrocchia ci sia l’espressione della particolarità ed originalità della comunità di un territorio in cammino, di una chiesa pellegrina.

Certo le collaborazioni ed inter-relazioni tra parrocchie (vicine o lontane) sono importanti, le riflessioni condivise possono allargare gli orizzonti ed offrire elementi di crescita cristiana per un territorio esteso,  ma l’identità parrocchiale non è il frutto di un’abile “ingegneria diocesana” (per sopperire alla carenza di sacerdoti e disegnare l’assetto in unità pastorali o di parrocchie o in ambiti di azione dove pare la logica sia solo la “razionalizzazione” o la “gestione”), è annuncio del Vangelo, è edificazione dei singoli e della comunità, è relazione, è ricchezza esistenziale e spazio di crescita di fede.

Sono convinta che la parrocchia sia un “tesoro” (secondo la logica evangelica); è “campo”, è il “terreno” variegato incontrato dal Seminatore, la parrocchia deve “investire” sulla vita delle persone in quell’incontro con Dio di cui tutti hanno davvero bisogno,  deve coltivare, nei sui progetti futuri,  relazioni di vita autentica, basate su quell’Amore del quale nessun uomo può dirsi già maestro, perché Dio “abita” le relazioni d’amore, deve essere “patrimonio” di fede e di vita autentica, vissuta in stile evangelico nella vita di tutti i giorni.

La parrocchia “è sinodo”, non “fa il sinodo”, segue l’ammonimento di Paolo, con coraggio, “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1Ts 5,21), con discernimento, con umiltà, perché la Chiesa, ha “bisogno” della parrocchia, di un luogo che sia generatore di comunione e di  fede nella vita, nel quotidiano, ogni giorno.

La parrocchia è Chiesa “vicina”, è esempio di carità, di fraternità, di accoglienza, di cammini e di comunione. La parrocchia ha bisogno nel suo lavoro pastorale, di un pastore che “cammina con lei” e così si realizza il sinodo, responsabilità condivisa di una Chiesa missionaria.