La Regione Piemonte, su iniziativa dell’assessore alla Famiglia, ha istituito la “Giornata del gioco libero all’aperto”, fissandone la ricorrenza ogni ultimo sabato del mese di maggio (quest’anno cade il 28): la finalità è promuovere l’importanza della libertà di movimento e di gioco dei bambini che sperimentano così la libertà di relazione e di pensiero, scegliendo ed orientando le proprie azioni secondo la loro età e la loro naturale curiosità, i bisogni e il grado di autonomia. Secondo l’assessore regionale Chiara Caucino, “in un mondo sempre più freddo e digitale occorre promuovere l’attività ludica en plen air, sostenendo la socializzazione e il movimento, evitando che il tempo libero dei nostri figli si esaurisca esclusivamente davanti a uno schermo, qualunque esso sia”. La Regione ha messo in campo un investimento per promuovere l’iniziativa pari a 10mila euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

Abbiamo chiesto alla nostra collaboratrice Cristina Terribili, esperta del settore, di approfondire l’argomento dal punto di vista psicologico e sociale. Ecco le sue riflessioni a riguardo.

 

Il diritto dei bambini al gioco è stato in parte disatteso durante la pandemia da Covid e li ha costretti ad un innaturale distanziamento, fuori e dentro la famiglia. Sappiamo che i bambini sono stati particolarmente ligi al rispetto delle regole, pur soffrendo la mancanza di un contatto, che deve essere fisico per permettere loro di sviluppare in modo sano e naturale le proprie abilità e competenze. La preoccupazione nel vedere i bambini attivi solo nei giochi virtuali, a distanza, è lecita, e si amplifica quando questi preferiscono rimanere a casa con la propria consolle invece di fare una passeggiata o incontrare altri coetanei.

Nella programmazione di una giornata del gioco all’aperto non si dovrebbe prescindere dalla possibilità e capacità di organizzare lo spazio, i giochi e formare gli accompagnatori affinché siano all’altezza di mediare e coinvolgere i bambini in un’attività condivisa.

In questo senso non basta quindi una distesa di erba ed un pallone, ma i bambini vanno incoraggiati a compiere delle attività sfidanti, in cui accrescono competenze soprattutto di tipo emotivo.
Nella relazione con l’altro sono fondamentali le capacità di mediazione, di scambio, di accordo, e queste competenze non sono assimilabili solo attraverso l’osservazione ma attraverso la possibilità di sperimentare e di riflettere su quanto fatto; solo questa sequenza di eventi permetterà di realizzare una traccia nella memoria di chi ha giocato, e la possibilità di recuperare dentro di sé quella capacità al momento giusto in contesti diversi e lontani in cui l’ha acquisita.

Nella programmazione di una giornata di gioco condivisa, non vanno poi dimenticati tutti i processi di integrazione che devono essere progettati affinché nessuno sia escluso dalla possibilità di giocare. Vanno scelti percorsi, materiali, decisi e misurati spazi che siano facilmente accessibili anche ad una sedia a rotelle, così come a qualsiasi altra disabilità fisica e mentale.
Il gioco è una cosa seria, richiede competenze, organizzazione, progettazione, strategia e visione.

Le risorse regionali disponibili sembrano esigue, tuttavia c’è da auspicare che le Amministrazioni interessate sappiano e possano concentrare attenzione per aumentare la proposta degli spazi da dedicare al gioco, garantire sicurezza ai bambini e agli adulti che li accompagnano e permettere a tutti di potersi rivedere e sorridere anche sotto alla mascherina.