Il 16 aprile del 2013, Lucia Annibali, giovane avvocatessa di 35 anni, venne sfregiata con l’acido da due balordi assoldati dall’ex compagno. Da quel giorno Lucia si è sottoposta ad una ventina di interventi chirurgici. Qualche giorno fa ha annunciato di voler rinunciare ad altri interventi e di aver deciso di accettare il suo volto così com’è.
In alcuni Paesi del mondo, lo sfregio a danno delle donne – messo in atto per lasciare un segno indelebile nella vita della vittima – viene chiamato “vitriolage”. Nel mondo sono circa due milioni le persone che subiscono aggressione con l’uso di sostanze corrosive. Sfigurare con l’acido costringe chi sopravvive a sopportare dolori fisici e psicologici inimmaginabili; alle deturpazioni somatiche si aggiungono spesso danni agli occhi, complicanze respiratorie e sensoriali.

Cambia completamente la vita di una vittima di attacchi con l’acido. Non solo per la vergogna di mostrarsi, ma anche per la perdita dell’identità, il doversi sottoporre a dolorosi interventi di ricostruzione, il confronto costante con il danno subito e tutte le difficoltà per ricominciare a dare fiducia agli altri, accettarne gli sguardi, lasciarsi amare. In generale. Dover sostenere il peso di vedere se stesse trasfigurate è una sfida quotidiana e immane.

Chi aggredisce con sostanze corrosive desidera letteralmente rovinare l’altra persona, renderla qualcosa di diverso da un essere umano perché le bruciature dell’acido modificano irrimediabilmente le parti colpite. Lucia Annibali, con un atto di coraggio, ha detto basta agli interventi chirurgici e accettandosi così com’è ha deciso di dire basta anche al potere che il suo aggressore manteneva nei suoi confronti.

Questa è la più grande rivincita nei confronti di chi desiderava rimanere eterno. Accettare le imperfezioni del proprio viso, così come le cicatrici nell’anima, apre la porta ad una vita nuova, una nuova esperienza in cui “l’Io” si riconosce e si riafferma per quello che è.

Lucia oggi è un’attivista, un esempio per tante altre vittime, è forte e consapevole della sua battaglia ma è anche consapevole del traguardo che ha raggiunto e può essere fiera di se stessa. Sopravvivere ad azioni violente non significa solo rimanere vive: significa trovare un nuovo senso per affrontare la propria condizione sapendo che c’è una comunità di persone capaci di essere vicine, che incoraggia e che condanna gli autori di questi reati.

A tutte le donne (e non solo esse ovviamente) che subiscono violenza con l’uso di sostanze corrosive va assicurato che le cure siano sempre gratuite: hanno il diritto di essere curate oltre che protette e tutelate attraverso il rispetto delle leggi.