La sezione Anpi “Boris Bradac”, guidata dalla nuova presidente Maria Teresa Blatto, ha organizzato sabato scorso a Castelrosso un incontro per commemorare i cento anni dalla nascita di Leandro Savia, partigiano, impiccato dai nazifascisti a Pinerolo nel 1944. Nato nel 1923 a Crevoladossola, era paracadutista della Folgore di ritorno da El Alamein.

Piuttosto che militare per la Repubblica di Salò diserta ed entra nelle brigate partigiane del Nord Italia, nella Prima Divisione Garibaldi. Opera nel cuneese, precisamente nella zona di Racconigi.

Il 31 luglio 1944 a Moretta i partigiani lasciano un’auto carica di armi incustodita. Scoperta dalle truppe occupanti, si minaccia una rappresaglia a Moretta.

Leandro si autodenuncia come proprietario dell’auto.

Viene subito preso, portato in carcere, torturato e il 4 agosto impiccato a Pinerolo.

Il suo corpo viene sepolto nel cortile della caserma dove ha avuto luogo l’esecuzione e, dopo la guerra, traslato a Chivasso.

All’incontro, oltre che Maria Teresa Blatto, era presente anche Claudio Borio, nipote di Egidio Borio, partigiano membro della VII Divisione Autonoma Monferrato che operò anche nel chivassese.

Il relatore ha tracciato un excursus storico sulla Resistenza, sfatando alcune convinzioni come il pensiero che i partigiani fossero tutti comunisti.

Per esempio nella Divisione Autonoma Monferrato militavano Carlo e Sergio Cotta, conti di Robella.

Sergio era un filosofo cattolico e intransigente.

Borio ha ricordato come la Resistenza non sia nata all’indomani dell’Armistizio dell’8 settembre, ma fin dal mese di luglio, quando Mussolini venne sfiduciato, Duccio Galimberti dalla finestra del suo studio che si affacciava sulla piazza di Cuneo che ora porta il suo nome, arringava il popolo alla ribellione.

Questa sua azione gli fu fatale perché pagò con la vita il suo atto di coraggio.

Il relatore ha anche sostenuto la tesi che la Resistenza ha avuto un ruolo essenziale per il Nord Ovest dell’Italia in quanto ha contrastato i tedeschi che erano diventati nemici degli italiani.

Ha fatto memoria di altri partigiani che hanno operato in questa zona come Boris Bradac, Enrico Abildor e Gustavo Ottolenghi: gli ultimi due erano ebrei e Ottolenghi era un medico che prestò in seguito la sua opera nella sanità piemontese.

Erano presenti al convegno rappresentanze della Cri, degli Alpini e dell’Anfg, oltre a chivassesi e castelrossesi ritrovatisi per l’occasione.

Franca Sarasso

Redazione Web