(Graziella Cortese)
È stato il film italiano d’apertura della 77ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia: un inizio difficile, per alcuni critici cinematografici. “Lacci” è prima di tutto un libro di Domenico Starnone (che ha partecipato alla sceneggiatura); difficile perché parla di sentimenti, complicato perché introduce i legami tra le generazioni, e le famiglie sono per definizione imperfette.
La storia è suddivisa in tre parti, che si intersecano con un montaggio parallelo: nella Napoli degli anni ’80, Vanda e Aldo sono due giovani molto innamorati che vivono nei colori della loro città, si sposano come da tradizione e hanno due bimbi bellissimi, Anna e Sandro.
Lui lavora alla radio, legge le recensioni dei libri, diventa un uomo di successo pronunciando le parole di Fitzgerald e degli altri scrittori americani: però questo forse non gli basta. Lei conduce una vita di corsa, insegna in una scuola, non ha tempo per le distrazioni.
Aldo finisce con l’invaghirsi di una studentessa romana di nome Lidia e, come ha scritto Starnone, l’amore è un segreto difficile da mantenere. Qualcosa pare spezzato e definitivamente perduto anche se a pochi passi ritroviamo i due protagonisti trent’anni dopo, ormai anziani ma, sorprendentemente, ancora insieme.
Così “Lacci” diventa un racconto che narra anche la resistenza per non lasciarsi: ci sono passività e mugugni, incomprensioni e litigi… anche se può diventare molto lunga un’esistenza passata ad osservarci negli occhi dell’altro. E i figli?
Ecco riapparire Anna e Sandro da adulti (interpretati da Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini), che si ritrovano ad analizzare la vita dei genitori come dalla platea di un teatro: tutto viene osservato a distanza e si crea un certo disagio nell’affrontare i segreti familiari di tanto tempo prima.
Una curiosità: provate a legare i lacci delle vostre scarpe e a pensare a chi ve lo ha insegnato…