Questa ricorrenza è imbarazzante. Anche la sua nascita ha rischiato di perdersi nelle bizzarrie della società. A parte le forti connotazioni politiche fin dalle sue prime manifestazioni, poi le vicende della seconda guerra mondiale e infine il successivo isolamento del movimento comunista nel mondo occidentale, contribuirono alla perdita della memoria storica delle reali origini della manifestazione. Nel secondo dopoguerra, cominciarono a circolare fantasiose versioni, secondo le quali l’8 marzo avrebbe ricordato la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton o Cottons avvenuto nel 1908 a New York, facendo confusione con una tragedia realmente verificatasi in quella città il 25 marzo 1911, l’incendio della fabbrica Triangle, nella quale morirono 146 lavoratori (123 donne e 23 uomini, in gran parte giovani immigrate di origine italiana ed ebraica). Questa celebrazione si tiene negli Stati Uniti d’America a partire dal 1909, in alcuni paesi europei dal 1911 e in Italia dal 1922. Ma a parte la storia perché è una festa imbarazzante? Ma perché con il livello di violenza maschile raggiunto negli ultimi tempi (mai così grave prima o mai così documentato come ora?) crea un bollettino funerario quasi ogni giorno. Io mi vergogno un po’ di appartenere al genere. Quindi ho questo imbarazzo a celebrare la festa della donna. Una sorta di pudore per il genere umano più bello ma anche più offeso al mondo e nel civilissimo occidente.
L’unica strada è quella di agire con le leggi e con l’applicazione di esse in maniera draconiana. E lasciare che le donne, loro sì, festeggino con felicità l’otto marzo, senza dimenticarsi che gli altri 364 giorni all’anno sono di pura lotta.