(Editoriale)

Nessuno di noi ha mancato di ricordare che siamo accerchiati dalla pandemia da un anno. Per dodici mesi siamo stati avvolti da questa nuvola che ha assorbito le nostre energie, ha messo a dura prova la nostra resistenza fisica e psicologica, ha affievolito le nostre speranze e impoverito il nostro dire, concentrato quasi totalmente sul virus.

Abbiamo vissuto – e in 100 mila in Italia sono morti – fagocitati, terrorizzati, irritati dalla pandemia. Il conduttore di Sanremo non ha centrato il cuore del problema – a nostro avviso –, quando per giustificare lo scarso share della prima serata del Festival ha addotto come motivazione che la gente è arrabbiata. Certo, c’è ormai anche rabbia in parole e atteggiamenti che manifestiamo quotidianamente, dopo un anno vissuto in totale incertezza.

Ma crediamo che il vero stato d’animo della gente sia soprattutto di insofferenza e preoccupazione, che sfocia anche nel venir meno della solidarietà degli utenti verso il personale sanitario, come ha avuto a dire martedì, nell’abituale incontro web con i giornalisti, il commissario dell’Asl To4, Luigi Vercellino.

È solo un esempio e immaginiamo che ciascuno di noi potrebbe tirarne fuori uno dalla propria esperienza. C’è chi se la prende con la decisione di vaccinare per primi – dopo il personale sanitario – gli over 80, che meriterebbero meno attenzione rispetto a coloro che invece, per ragioni soprattutto di lavoro, hanno obbligatoriamente a che fare con tanti simili, e a casa non possono starsene (a differenza invece degli over 80, che in casa potrebbero essere confinati perché non avrebbero un granché da dire e da fare nella società pandemizzata).

Ci pare che il lunghissimo 2020, che si è già prolungato nel 2021, e speriamo non debba essere pandemizzato fino all’ultimo suo giorno, stia riducendo considerevolmente la lucidità di cui invece abbiamo ancora bisogno per navigare in questo mare burrascoso.

La pandemia ha toccato tutti gli aspetti della nostra vita e contaminato tutti gli indicatori che “hanno registrato impatti particolarmente violenti su alcuni progressi raggiunti in dieci anni sulla salute, annullati in un solo anno”, ha detto il presidente Istat, Gian Carlo Blangiardo, a margine del Rapporto Bes sul benessere equo e sostenibile. E non solo sulla salute: pensiamo alla scuola, alla vita familiare, al lavoro (di chi l’ha perso o lo ha in bilico), alla crisi economica e, perché no, a quella esistenziale, inasprita da incertezze e paure.

La lucidità mentale era necessaria un anno fa per arginare l’impatto violento e inaspettato del virus; oggi è forse ancora più necessaria per riuscire a capire che vorremmo tutti avere un’esistenza diversa dall’attuale, ma per adesso non ci è ancora consentito.

Oggi sentiamo la fatica di un anno che è stato un susseguirsi penoso di attimi sempre diversi tra loro e per questo logoranti. Ci è difficile vedere l’ultimo miglio da percorrere per arrivare alla luce in fondo al tunnel.

Ma senza la necessaria lucidità, rischiamo persino di non credere che ci sia questo ultimo miglio, o di volerlo raggiungere in maniera disordinata, approssimativa e conflittuale tra noi e con le istituzioni.

Ma dove non c’è nulla da attendere, non c’è neppure nulla da sperare. Sarebbe una nostra sconfitta, alla quale neppure il vaccino porrebbe rimedio. Iddio non voglia!