Nel cuore dell’Africa al centro dell’Uganda c’è una strada di circa trecento chilometri che dalla capitale Kampala porta alla principale città del nord, Gulu. Intorno al Km 200 c’è un tratto di strada dove il lungo rettilineo è spezzato da lievi colline, che hanno l’effetto di renderla pericolosa soprattutto per i sorpassi, solo apparentemente con buona visibilità.
Mercoledì quel tratto di strada ha chiesto una vita. Un giovane ingegnere italiano, che ha lavorato parecchi anni nell’amato paese. In un attimo è salito in cielo! Me lo sono immaginato accolto da Jildo Irwa e Daudi Okello, i due martiri di Paimol. Aveva diretto i lavori di costruzione del grande santuario sperduto nella savana del nord, meta di grandi pellegrinaggi popolari. Paimol si trova a pochi chilometri da Kalongo e l’amico ingegnere veniva regolarmente a trovarmi, nel mio ospedale, sempre sereno e sorridente, nonostante le tante difficoltà e i regolari problemi nel cantiere.
Mi è arrivata la foto scelta per il bigliettino di ricordo, accompagnato dalle parole di un canto: “Quando uno ha il cuore buono/non ha più paura di niente/è felice di ogni cosa/ vuole amare solamente”.
La foto scattata sulle cascate dell’Iguazù, quelle di Mission, durante il viaggio di nozze, mostra un bel cielo terso che incornicia la maestosità stupefacente delle acque abbondanti. Sulla destra il volto sorridente dello sposo novello che guarda alla fotografa. La moglie l’ha scelta perché il cielo blu le ricorda che ora il suo sposo è in paradiso. Nella foto il suo bel volto, mentre si volge, sembra dirle: “Non guardare me, non fotografare me, fotografa e guarda la bellezza delle cascate e del cielo. Nella nostra nuova vita matrimoniale cerchiamo sempre di guardare al Bene e al Bello, lavoriamo per la Verità e per la Dignità dei nostri fratelli e delle nostre sorelle più poveri”. Così dopo anni di cooperazione nel poverissimo nord, si era messo a costruire scuole, case e chiese, sempre cercando la bellezza e la funzionalità, con gusto al dettaglio e al lavoro ben fatto.
La loro casa e la sua famiglia erano luogo di accoglienza, ristoro e pace, con i felici schiamazzi dei tre bambini e il sorriso semplice e genuino degli sposi. Tante volte anche per me.
A Dio, caro amico, costruttore di dimore per l’uomo e per il popolo.

Filippo Ciantia