(Fabrizio Dassano)

I luoghi dell’istruzione e della cultura sono sempre stati identificati nel tempo con dei luoghi fisici: per fare l’esempio di Ivrea sappiamo che lo scriptorium medioevale era da qualche parte intorno al duomo, mentre in epoche più recenti pensiamo al Liceo Botta presso il Palazzo degli Studi dal 1938, all’Istituto “Camillo Olivetti” dal 1965 sul Colle Bellavista nella sede di quello che era nato come Collegio Europa. Luoghi dove andare a scuola e a studiare, biblioteche e archivi dove andare cercare e sfogliare i documenti.

La pandemia ha portato alla chiusura di questi spazi, ad interrompere quindi ricerche in corso, a sospendere consultazioni in atto come è capitato anche a noi del Risveglio Popolare che abbiamo dovuto interrompere la consultazione della nostra collezione e quindi reinventarci la rubrica del “Centenario 1920 – 2020” del nostro giornale, perché fisicamente la si trova conservata in più parti: presso la Biblioteca Civica “Nigra” di Ivrea, in parte presso l’Archivio Storico Diocesano e la Biblioteca Capitolare di Ivrea e in minima e recente parte, presso la nostra redazione. Il problema degli archivi e della loro consultazione sì è fatto preoccupante per tutti i numerosi ricercatori e studiosi del nostro territorio.

Certo, da qualche anno si può contare sul materiale consultabile in rete: per la cronaca piemontese dal 1867 in poi esiste ad esempio l’Archivio storico del quotidiano “La Stampa”, opera meritoria per fruire del patrimonio storico-culturale rappresentato dal quotidiano torinese, la cui digitalizzazione è stata finanziata qualche anno fa dalla Fondazione per il libro, la musica e la cultura, dalla Compagnia di San Paolo, dalla Fondazione Crt, dalla Regione Piemonte e dalla medesima testata. Un lavoro realizzato dal Comitato per la Biblioteca dell’Informazione Giornalistica con l’obiettivo di creare una banca dati online destinata alla consultazione pubblica e accessibile gratuitamente: resta a tutt’oggi una risorsa di informazioni unica in Italia e anche per il nostro territorio, preziosissima per ricchezza e completezza.

A livello internazionale, è analogamente gratuito il sito del prestigioso “Times” di Londra, che offre i suoi preziosi contenuti dal 1775 al 1985 e che spesso rivela sorprese tutte canavesane.
Purtroppo manca al momento una banca dati per la ricca editoria canavesana, la cui stampa periodica nasce a Ivrea con la rivoluzione francese e l’annessione del Piemonte alla Francia repubblicana con il “Journal de la Doire”. Eppure sono molte le testate locali che, se consultabili online, offrirebbero una miniera di informazioni per studiosi e curiosi: un vero patrimonio degli ultimi due secoli di storia. Non ho mai sentito un piano per reperire finanziamenti per creare un tale servizio (e di conseguenza del lavoro) in Canavese. Eppure il canavesano Fabio Vaccarono, Country Manager di Google Italia, in una recente dichiarazione, ha sottolineato che il momento è fondamentale per il Canavese nel ripensarsi su un piano digitale.

Un forte impulso alla digitalizzazione dei documenti è stato avviato dai vicini del Système Valdôtain des Bibliotèques con la piattaforma “Cordela” per la consultazione on line di documenti del fondo valdostano: sono disponibili preziosi giornali e riviste storiche, manoscritti, fonti d’archivio, libri, carte geografiche, manifesti, stampe e la ricerca sui periodici può avvenire attraverso qualunque parola di testo. Il modello ricorda la straordinaria opera di digitalizzazione realizzata dalla Biblio-thèque Nationale de France, che anche per il nostro territorio è molto ricca e facilmente consultabile attraverso la piattaforma Gallicana. Non va poi dimenticata Google Books, che devo dire può essere davvero utile anche se non tutti i testi sono consultabili integralmente, nonostante sia possibile richiederli.

Un esempio? Nello specifico di una ricerca storica locale per dare una mano ad altri colleghi, avevo bisogno di consultare una rivista croata del 1938 tradotta in italiano. Ho scritto a Google spiegando appunto che non era mia intenzione riprodurla ma soltanto leggerla per capire alcune cose.

Ho spedito la richiesta in italiano alle 9:10 del 13 maggio scorso. Alle 00:56 del 14 maggio Google mi risponde, scusandosi per l’attesa causa Covid19 e ringraziandomi per averli contattati. Alle 22:33 mi arriva questa: “Hi Fabrizio, we’ve completed our review of this book, and it has been approved for full view. You should be able to view the complete contents here. Thanks! Carlos The Google Books Team”, cioè grosso modo: “Abbiamo completato il controllo di questo libro ed è stato approvato per la visualizzazione completa. Dovresti essere in grado di visualizzare i contenuti completi qui…”. La risoluzione del problema è stata velocissima.

E questo deve far riflettere chi decide una politica culturale del territorio come quello di Ivrea ancor più Ivrea-Unesco.

Il mondo cambia e devono cambiare anche gli strumenti. Tanto per esemplificare nuovamente, ricordo che anni fa ero alla caccia di documenti presso l’Archivio di Stato centrale di Roma sul periodo 1943-1945 della Segreteria particolare del duce nei suoi rapporti con Ivrea e il Canavese. Fu un’operazione molto costosa: prendere una settimana di ferie dal mio lavoro a Ivrea, raggiungere la capitale, affittare una camera in una pensioncina, mangiare ogni giorno fuori, andare ogni giorno all’Eur in metro, cercare sull’elenco e richiedere i faldoni per il giorno dopo, farsi venire un mal di schiena tremendo per fare 700 scatti fotografici. Insomma la digitalizzazione renderebbe anche più “democratica” la consultazione.

Quando ho avuto a che fare con il disastro aereo della Cavallaria del 1944 e della missione “Silica II” mi fu molto utile il britannico National Archives che vanta un’indicizzazione molto vasta e ricca. Ma, arrivati al dunque, la cartella dell’operazione conservata dall’archivio della Royal Air Force, i contenuti potevano essere ottenuti dietro un compenso, però almeno erano disponibili. Ma mille altri sono i documenti canavesani disponibili in rete. Tutti con la medesima costante: arrivano da molto, molto lontano. La loro digitalizzazione riduce le distanze.