(Mario Berardi)

La maggioranza Draghi appare sempre più rissosa, dalla giustizia al sovranismo, dalle nomine Rai al ddl Zan sull’omotransfobia. Intanto continua la “telenovela” Conte-Grillo, con la sostanziale paralisi dei pentastellati, che pure costituiscono il primo partito del Parlamento. Al Senato hanno chiesto il rinvio delle votazioni per il cda Rai, non potendo scegliere tra i candidati dell’ex premier e del comico. Dopo la fase degli insulti, ora sette “saggi” cercano un’ultima mediazione sul nuovo statuto del Movimento.

Ma il punto cruciale è sempre lo stesso: chi comanderà nel nuovo M5S? I sondaggi hanno poi accresciuto lo sconcerto dei pentastellati: in un’eventuale scissione, il partito di Conte oscillerebbe tra il 10 e il 12%, il M5S di Grillo tra il 5 e il 7; a farne le spese sarebbe il Pd, ridotto al 16%. La situazione nel centro-sinistra è così incerta che lo stesso ministro Franceschini, in una riunione dem, ha chiesto tempo per decidere la nuova strategia con i grillini. Intanto premono le elezioni amministrative d’autunno, con diverse alleanze locali in discussione.

Sovranismo. Con una scelta improvvisa Salvini, con la Meloni, ha firmato un manifesto “nazionalista” con undici partiti della destra euroscettica europea, tra cui l’ungherese Orban e la francese Marine Le Pen; il numero due della Lega, il ministro Giorgetti, ha preso ironicamente le distanze, affermando di non aver letto il documento dei “sovranisti”; è la conferma del dissidio in politica estera all’interno del Carroccio, tra chi guarda a Bruxelles e chi insegue Budapest e Varsavia; ha avuto buon gioco Enrico Letta a ricordare a Salvini che non si può stare con l’europeista Draghi e i nazionalisti.

Ma la risposta più forte alla destra nazionalista è venuta dal Presidente Mattarella in visita a Parigi per rinsaldare i vincoli europei; parlando alla Sorbona il Capo dello Stato ha espresso forti parole per l’accoglienza e l’integrazione: “…i migranti non siano indicati come nemici”, l’Europa sostenga compatta lo sviluppo dell’Africa, senza pensare a un impossibile blocco del Mediterraneo.
Ddl Zan. I senatori di Italia Viva hanno tentato una mediazione nella maggioranza sul ddl Zan, ma senza successo perché Pd-M5S-Leu hanno chiesto la conferma in blocco del testo della Camera; a Palazzo Madama si andrà in aula la prossima settimana, con un risultato incerto perché sugli articoli è previsto il voto a scrutinio segreto.

Le osservazioni dei renziani riguardavano tre questioni: l’articolo uno sull’identità di genere, tema molto contrastato, anche all’interno del movimento femminista; su un foglio laico come “La Stampa”, la nota esponente Marina Terragni ha scritto: “…sul tema dell’identità di genere, vero architrave del ddl, si battaglia in tutto il mondo, il più grande cambiamento della storia umana, profetizzò Ivan Illich nel 1984”. E ancora sul foglio torinese, favorevole al ddl Zan, Lucetta Scaraffia ha rilevato che il disegno di legge, tra le altre cose, “si propone di fondare la nuova cultura del gender, per cui non esisterebbe né maschio né femmina”;

l’articolo 4 sui reati di opinione (il presidente emerito della Corte Costituzionale, prof. Flick, aveva evidenziato il rischio di interpretazioni opposte in sede giurisprudenziale);
l’art. 7 sulla giornata dell’omotransfobia nelle scuole e la libertà didattica.

All’interno dell’area giallo-rossa non mancano i “pontieri”: il presidente della Camera Fico (M5S) ha auspicato un testo condiviso, l’ex leader dei Popolari Castagnetti, molto vicino al presidente Mattarella, ha chiesto ai senatori dem di area cattolica di presentare emendamenti sulla libertà di educazione.

Nel mondo dei media si segnala l’interpretazione del Tg de “la7”: sarebbe in atto un braccio di ferro Letta-Renzi, alla ricerca di una rivincita sulla caduta, sette anni fa, da Palazzo Chigi dell’attuale segretario del Pd, per mano del leader di Italia Viva. Speriamo che stavolta Enrico Mentana si sbagli perché sarebbe triste pensare che la sorte di una legge così delicata dipenda da un duello tra leader.

Per la verità su un altro nodo, non meno importante, quello dei licenziamenti, i partiti hanno trovato una mediazione, con uno sblocco parziale.

Due pesi e due misure.