(Fabrizio Dassano)

Piero Giacosa, è stato in questi ultimi tempi pubblicamente rivalutato grazie all’eporediese Alice Fumero (Associazione K.I.T.E) che ha realizzato lo spettacolo teatrale da lei scritto e diretto: “Il fratello dimenticato, Piero Giacosa, lo scienziato letterato” di cui c’è stata occasione di vederlo finalmente dal vivo sul palcoscenico nel Cortile del Museo Garda ad Ivrea dai 130 spettatori che lo hanno potuto apprezzare mercoledì scorso 30 giugno.

Il fratello famoso è Giuseppe, il poeta noto per Una Partita a Scacchi, La signora di Challant scritto per la nota attrice francese Sarah Bernhardt e prodotto a New York nel 1891. Detto familiarmente “Pin”, è una delle grandi figure del teatro italiano tra Ottocento e Novecento che gode di vasta fama mondiale nel mondo dell’opera lirica. Esordì scrivendo molto teatro di prosa, tra cui Tristi Amori (di cui ci siamo occupati recentemente per la versione cinematografica del 1943 girata a Ivrea e a Cinecittà), Come le foglie, I diritti dell’anima, quindi per il teatro musicale la versione finale di Manon Lescaut, poi, con Luigi Illica scriverà La bohème, Tosca e Madama Butterfly, opere immortali di Giacomo Puccini.

Il maggior biografo del poeta, Piero Nardi nel suo “Vita e tempo di Giuseppe Giacosa”, che rimane un libro fondamentale di quasi mille pagine, dedica pochissimo spazio al fratello Piero: una presenza in disparte, come le sorelle. Piero nacque a Colleretto Parella (oggi Colleretto Giacosa), il 4 luglio 1853 da Guido e Paolina Realis. I genitori della coppia appartenevano a famiglie della borghesia piemontese di ideali laici e liberali e con notevoli interessi per l’arte e la letteratura.

Il padre Guido, avvocato, intraprese nel 1861 la carriera di magistrato che durò solo cinque anni. A Palermo, una sua inchiesta che indicò i legami tra delinquenza e personalità della vita pubblica per destabilizzare il potere, fece esplodere la bufera politica e lo scontro parlamentare. Guido diede le dimissioni ritirandosi a Torino, e qui si dedicò all’avvocatura, difendendo tra gli altri l’ammiraglio Persano dopo la sconfitta navale di Lissa del 1866. Nel 1976 Leonardo Sciascia riprese la questione nel suo saggio storico: “I pugnalatori”.

Ricostruiva quella strana serie di delitti della notte del 1º ottobre 1862: in tredici luoghi diversi di Palermo tredici persone tra loro sconosciute vennero pugnalate contemporaneamente suscitando grande sconvolgimento. Sciascia ricostruì il processo istruito da Guido Giacosa, onesto magistrato piemontese appena giunto in Sicilia, che svelò un complotto teso a destabilizzare il nascente stato Italiano, mettendo in dubbio l’impianto accusatorio con il quale Guido Giacosa indicava nel principe di Sant’Elia e in alcuni ecclesiastici i mandanti di quella mattanza.

Ma torniamo a Piero: compiuti gli studi secondari prima al convitto di Ivrea (poi regio Ginnasio-Liceo “Carlo Botta”), fu a Modena e a Brescia, seguendo i trasferimenti del padre e completò il liceo a Torino. Attratto dalla pittura che coltivò per tutta la vita, seguì i corsi di Antonio Fontanesi, titolare della cattedra di paesaggio presso l’Accademia Albertina. Associò lo studio della botanica, ispirato dall’amore per la natura e per la montagna.

Conosciuto per la fama di valente illustratore delle bellezze naturalistiche e botaniche, il re Vittorio Emanuele II volle conoscerlo e gli chiese di raffigurare il campo di tende a Valsavaranche dove villeggiava: questa fortunata circostanza, offrì al fratello Giuseppe, oltre ad un po’ di gelosia, lo spunto per uno dei racconti di Novelle e paesi valdostani e consentì a Piero di stabilire cordiali e durevoli rapporti con vari membri della famiglia reale.

In gioventù, a differenza di “Pin”, Piero era studioso serio e appassionato, mentre il fratello maggiore Giuseppe sin dal convitto si era dimostrato poco portato allo studio, molto amante dei componimenti in rima e della vita gioiosa anche se riuscirà a laurearsi come avvocato, senza mai esercitare. Non dobbiamo dimenticare che sia nell’ambiente familiare e sia in quello scolastico, sotto la guida del preside Antonio Peretti, l’esistenza a Ivrea era tutta costellata da eventi in cui molti intervenivano con componimenti poetici di circostanza: matrimoni, funerali, nascite, anniversari, passaggi a Ivrea dei reali, feste e parate letti in pubblico o in famiglia.

Piero si iscrisse nel 1871 alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Torino legandosi in modo particolare ai medici Jacob Moleschot, olandese e al torinese Angelo Mosso, destinati a divenire due dei maggiori esponenti della fisiologia italiana. Si laureò nel 1876 discutendo una tesi sulla
funzione del respiro in alta montagna che gli valse un posto di perfezionamento a Roma presso la cattedra di Stanislao Cannizzaro. Qui maturò la vocazione per la chimica fisiologica di cui proseguì la specializzazione a Strasburgo, presso la cattedra di chimica fisiologica diretta da Felix Hoppe-Seyler, e a Berna, alla scuola del biochimico Marceli Nencki. Per poco tempo fu assistente alla cattedra di clinica medica di Herlangen.

Tornato a Torino, nel 1881, fu nominato assistente presso l’istituto di fisiologia diretto da Mosso e nel 1882 ebbe l’incarico dell’insegnamento della materia medica con la direzione del laboratorio di farmacologia sperimentale, poiché non esisteva l’insegnamento autonomo di chimica fisiologica. Tre anni dopo convolò a nozze con Laura Fontana vedova Callery, che portò in casa le due figlie Amalia e Virginia nate dal precedente matrimonio e che l’anno successivo gli dette l’unica figlia, Elena.

I bilanci familiari esigui furono fortunosamente risollevati: passeggiando al mercato dell’usato del Balun a Torino, Piero in una bancarella trovò alcuni disegni di Andrea Mantegna che riuscì a vendere al British Museum, in cambio di una cifra considerevole. Nominato professore straordinario di materia medica nel 1886, divenne ordinario nel 1894. Svolse, oltre a quella didattica, una operosa attività di ricerca scientifica, alla quale si dedicò sin dai primi anni successivi al conseguimento della laurea e che proseguì poi incessantemente durante tutta la sua vita accademica. Costellata da pubblicazioni scientifiche in italiano e in tedesco. Ebbe stretti rapporti di consulenza con la Società Carlo Erba. Nel 1924, alla nascita della Università di Milano, la facoltà di medicina e chirurgia gli affidò l’incarico ufficiale dell’insegnamento della storia della medicina, al quale attese fino alla morte. Nel 1901 aveva pubblicato a Torino il volume Magistri Salernitani nondum editi.

Socialista progressista, svolse per alcuni anni un’apprezzata attività politica: eletto nel 1895 consigliere provinciale nei collegi di Vistrorio e Pavone, venne rieletto nel 1902 e riconfermato fino al 1910, occupandosi prevalentemente della politica sanitaria e dell’istruzione. Fautore del valore culturale e dell’importanza sociale ed economica della scienza, aderì fin dalla sua costituzione, nel 1906, alla Società italiana per il progresso delle scienze, convinto che il collegamento con la tecnica e l’industria fosse indispensabile all’accelerazione che riteneva alla base del progresso civile e sociale d’Italia. Con l’amico senatore Giovanni Battista Pirelli, istituì nel 1916 il Comitato nazionale scientifico-tecnico per lo sviluppo e l’incremento dell’industria italiana, che divenne nel 1928 al Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Nel 1921 Piero ottenne importanti finanziamenti dalla Fondazione Rockefeller per migliorare e aggiornare la dotazione dei laboratori delle facoltà mediche.

Ma a fianco della sua attività continuò per tutta la vita a coltivare le arti, in particolare la pittura, la musica, la letteratura, e fu apprezzato collaboratore di quotidiani come il Corriere della sera e di riviste quali: Nuova Antologia, La Lettura, Rassegna nazionale, con articoli che andavano dalla divulgazione scientifica alla curiosità storico-medica, dalla presa di posizione nel dibattito culturale alla discussione di problemi della politica, dell’istruzione e della ricerca.

Scrisse il romanzo Anteo nel 1914, Cogne, pubblicato a Ivrea nel 1925, dove unendo la descrizione naturalistica ad una accurata ricostruzione storica, ne usciva l’amore per la serenità e la meditazione ispirato dalla montagna. Probabilmente l’opera che restituisce di Piero l’immagine più viva di quella singolare fusione di creatività e fantasia artistica con il rigore scientifico che egli rappresenta. Con il fratello “Pin” partecipò attivamente alla vita culturale e fu in rapporti di amicizia con Giosuè Carducci, ospite della loro casa di Parella, con Antonio Fogazzaro con cui dibatté anche in pubblico i temi del rapporto tra fede e scienza e i problemi della teoria dell’evoluzione.

Insegnò anche per molti anni anatomia artistica presso l’Accademia Albertina di belle arti. Prossimo al pensionamento, aveva appena scritto un commosso Commiato. 1882-1928 (nel lasciare la cattedra di materia medica e farmacologia sperimentale della Regia Università di Torino) appena pubblicato a Ivrea, ma morì improvvisamente a Torino il 17 ottobre 1928. La dimensione familiare intima di quella straordinaria famiglia, emerge in un disegno di Piero, fatto dal vero al fratello “Pin”, sul letto di morte.