(Mauro Saroglia)

Due sono le cose che gli appassionati lettori de La Diana (periodico di etnografia canavesana edito da Hever e diretto da Debora Bocchiardo, prezzo di copertina 10 euro) si fiondano a cercare, alla sua uscita in edicola la “prima domenica degli Abbà”: se ci si ritrova tra le centinaia (migliaia mi dicono essere più corretto) di fotine ritraenti gli eporediesi “doc” – quelli che calzano il berretto frigio di ordinanza -, “demignoch” – portano in testa qualcosa di rosso – o “gnoch” – sono sprovvisti di qualsiasi copricapo di quel colore -; e contro chi lancerà i suoi strali Francesco Gioana, curatore del progetto e della realizzazione grafica del prodotto, il vero deus ex machina de La Diana.

Amore viscerale per il Carnevale e la sua storia, meticolosità e puntiglio e la ben nota vis polemica, shakerati a dovere, sono nitroglicerina pronta a esplodere. Il botto di quest’anno ha per titolo “Napoleone e i cavoli a merenda”. “Spesso su queste pagine – introduce l’articolo Gioana – abbiamo scritto e affrontato tematiche relative all’approfondimento della storia del nostro Carnevale per tentare di illuminare certi aspetti un po’ oscuri o controversi: uno di quelli meno indagati, ma più ricchi di ‘certezze’ e narrazioni, è certamente la figura del Generale e la nascita dello Stato Maggiore. Franco Quaccia (probabilmente il più rigoroso e documentato tra gli storici eporediesi viventi, ndr) insegna che tutte le indagini devono necessariamente partire dai documenti e dalle testimonianze, scremando luoghi comuni e invenzioni dalla realtà dei fatti…”.

A partir da lì, Gioana si lancia in una cavalcata tra documenti d’archivio, articoli di giornale di inizio ‘800, lettere, cronologie… E non trova traccia di qualsivoglia riferimento a interventi di Napoleone (o di un suo fiduciario) nella nomina del Generale del Carnevale eporediese. Eppure sul sito ufficiale della manifestazione, alla voce “Generale”, si legge: “Prima della dominazione napoleonica il carnevale eporediese era celebrato autonomamente da ogni rione, creando però una forte rivalità che spesso sfociava in scontri violenti e sanguinosi. All’inizio dell’800, in piena occupazione napoleonica, le autorità civili e militari, preoccupate per l’ordine pubblico, istituirono una sorta di ‘servizio d’ordine’ delle manifestazioni. A capo di questo gruppo di controllo, nel 1808, venne nominato un uomo che, godendo di grande prestigio presso la cittadinanza, ben rappresentava la cultura e l’orgoglio municipalista, soprattutto quando i carnevali rionali vennero unificati in un’unica grande festa cittadina. Secondo la tradizione, il Generale ottenne quindi il diritto al titolo e all’uniforme di ‘Generale dell’Esercito Napoleonico’ e la concessione di chiamare con sé altre persone che, in veste di Ufficiali dello Stato Maggiore, lo aiutassero nei suoi compiti…”

Da dove salta fuori, dunque, cotanto afflato bonapartista? Il primo timido riferimento al “napoleonico Generale” che Gioana è riuscito a trovare risale all’edizione del 17 marzo 1950 della Sentinella del Canavese, su cui Vittorio Faletti scriveva “… Angelo Ganio Ottavio, il noto professionista rivelatosi un napoleonico Generale conscio dell’alto ruolo improvvisamente chiamato a sostenere…”.
“E’ come se il peso di un singolo, leggero, insignificante fiocco di neve – sostiene Gioana – fosse riuscito a provocare una slavina: il vaso di Pandora del mito napoleonico è stato scoperchiato e si è dato il via ai più fantasiosi racconti all’interno del Carnevale eporediese”.

E riepiloga: “La prima notizia della presenza del Generale si trova solo nel Primo Libro dei Processi Verbali (1808), e come dato acquisito, senza alcuna spiegazione su come, quando e perché questa figura sia nata, o da chi sia stata voluta e creata. Fino al 1821 non esistono cronache o altri documenti in cui si faccia riferimento al Generale”.

Finalmente nel 1830 si trova la prima cronaca in cui, accanto agli altri personaggi della tradizione carnevalesca eporediese, compaiono il Generale e i suoi aiutanti di campo: si badi bene che sono trascorsi già 16 anni dalla caduta di Napoleone e 9 dalle sua morte. E’ credibile che, con l’avvenuta Restaurazione, i nuovi funzionari abbiano consentito di conservare i riferimenti all’esercito napoleonico nell’uniforme militare del Generale? E in effetti basta confrontare le vecchie immagini delle divise del Carnevale di Ivrea per rendersi conto che ben poco hanno a che spartire con quelle bonapartiste.

Gioana ricorda poi la lezione di Eric Hobsbawm, che parla del processo di “invenzione della tradizione”: quello che sarebbe accaduto, a suo giudizio, anche per il Generale napoleonico del Carnevale di Ivrea: che parte dal nobile intento di portare maggior lustro e più qualificata “storicità” alla festa… ma se la “bufala” viene scoperta, si potrebbe essere portati a pensare che tutto lo Storico Carnevale di Ivrea sia costruito su invenzioni…

“Sapere tutto ciò – è la conclusione – non impedirà certo a chi ama gustare i cavoli a merenda, di continuare a farlo in tutta libertà: saprà, però, quello che mangia”.

Fine dell’articolo. Ma ne segue immediatamente un altro: “Cavoli a merenda per tutti: è il nuovo piatto tipico del Carnevale”, dove l’art director de La Diana attacca frontalmente l’attuale organizzazione della manifestazione, tacciata di approssimazione, quando non di mistificazione rispetto a molte delle notizie fornite sulla storicità del Carnevale (facendo sempre attenzione, con equanimità, a non essere minimamente tenero con i predecessori).

Una particolare “attenzione” in questa circostanza viene comunque riservata all’attuale responsabile storico-artistico Marco Adriano, e al presidente della Fondazione, Piero Gillardi. Del quale, ad esempio, si contesta “lo sforzo per sfruttare al meglio i fondi ottenuti dal Ministero per arricchire la parte storica” (parole dello stesso Gillardi). Una parte di quegli 80 mila euro concessi da Roma per tre anni, infatti, è stata utilizzata per rivedere e rifare “le divise della Guardia del Podestà, nel tentativo di rendere più coerenti con l’epoca storica del personaggio”.

“Gran bella notizia, davvero – ironizza Gioana -: peccato che la scelta dell’epoca sia decisamente incongrua e sbagliata!”. Ma fermiamoci qui: chi è interessato a questo ulteriore fronte polemico, si vada a leggere La Diana!

Nell’immagine di copertina le “divise militari” di due Generali: a sinistra Roberto Tarditi (Generale del Carnevale dal 1893 al 1903), a destra il Generale napoleonico Berthier, principe di Wagram (foto tratte da La Diana)