Ci stiamo preparando a celebrare il Natale, il cui centro storico-geografico (e ovviamente spirituale) fu, oltre duemila anni fa, la Terra Santa, i luoghi che videro crescere e svilupparsi la missione di Gesù. E ancora oggi tale è.

Ma che succede in Terra Santa? “I cristiani sono diventati il bersaglio di attacchi frequenti e prolungati da parte di frange radicali… innumerevoli episodi di aggressioni fisiche e verbali… attacchi a chiese cristiane, luoghi santi regolarmente vandalizzati e profanati e continue intimidazioni… tentativi sistematici di cacciare la comunità cristiana da Gerusalemme e da altre parti della Terra Santa”. Lo scrivono in una dura dichiarazione diffusa ieri i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme circa “l’attuale minaccia alla presenza cristiana in Terra Santa”.

Se da una parte patriarchi e capi delle Chiese riconoscono l’impegno del governo israeliano per rendere la Terra Santa più sicura, dall’altra scrivono che “è motivo di grave preoccupazione quando questo impegno nazionale viene tradito da politici, funzionari e forze dell’ordine locali che non riescono nel frenare le attività dei gruppi radicali”.

L’obiettivo, è scritto nella dichiarazione, è quello di diminuire la presenza cristiana, spesso usando rapporti disonesti e tattiche intimidatorie per sfrattare i residenti dalle loro case, riducendo drasticamente la presenza cristiana e interrompendo ulteriormente le storiche vie di pellegrinaggio tra Betlemme e Gerusalemme.

Quali soluzioni? Le prospettano gli stessi patriarchi e i capi delle Chiese: “dialogo urgente con le Istituzioni per affrontare le sfide presentate dai gruppi radicali e creazione di una speciale zona culturale del patrimonio cristiano per salvaguardarne l’integrità”.

Non sembra vero che a ridosso del Natale i luoghi della Natività vivano momenti di così alta tensione e di rischi che durano nel tempo, e per i quali è difficile vedere un orizzonte sereno. Il Natale che arriva, tra le altre tante cose e alla luce di questi fatti, e di tanti altri che succedono vicino e lontano da noi, dovrà aiutarci a riconnetterci con i territori, i luoghi della memoria, con le storie, con l’ascolto e le narrazioni dalle quali ci siamo allontanati spinti dall’ondata pandemica.

Il Natale ci fa ritrovare, toccare con mano la fatica ma anche le speranze. Il presepe di casa nostra ci porta in un mondo meraviglioso di festa, quello di Betlemme in Terra Santa continua a chiedere la nostra compassione.