(Mario Berardi)

Nei Palazzi romani della politica l’attenzione prioritaria alla guerra infinita della Russia contro l’Ucraina sembra attenuata da due nuovi eventi: il voto francese e l’escalation degli attacchi al Governo Draghi da partiti della larga coalizione.

Parigi. Il ballottaggio Macron-Le Pen produce un nuovo rimescolamento nel quadro politico italiano: nel centro-destra Salvini resta isolato nel sostegno alla candidata della destra sovranista transalpina, nota per le sue simpatie per Putin; Berlusconi – come il PPE – ha confermato l’indicazione per il presidente Macron, mentre la vera novità è l’indicazione di Giorgia Meloni: no ad entrambi i candidati, ma in particolare alla candidata di Salvini. Con questa scelta Fratelli d’Italia ribadisce una linea atlantica, anti-Putin, occidentale, rompendo il fronte euroscettico della destra, candidandosi alla guida della coalizione, nonostante l’indicazione di Forza Italia per Salvini.

Nel centro-sinistra totale appoggio a Macron di Letta, Renzi, Calenda, sostegno condizionato di Speranza (contro Le Pen), ambigua equidistanza di Conte, con atteggiamenti che riecheggiano il primo governo giallo-verde con Salvini e Di Maio. In concreto, si profila un quadro frastagliato di politica estera, che non consente a Draghi l’auspicato ruolo di primo piano sul versante europeo:
il premier deve giocare di rimessa, dietro l’asse Parigi-Berlino, dedicandosi piuttosto alle missioni all’estero (dall’Algeria al Congo) per rimpiazzare le forniture di gas russo.

Roma. Ma i maggiori problemi per il Governo nascono dagli amici-nemici della larga maggioranza che ogni giorno contestano le scelte del premier e dell’Esecutivo di cui fanno parte.
In condizioni normali saremmo alla crisi, con la guerra in Europa si cerca al meglio di metterci una “toppa”: ma fino a quando il tessuto politico terrà, mancando un anno al voto politico? E come ci arriveranno centro-destra e centro-sinistra, così divisi anche all’interno? Ormai anche Renzi, inizialmente grande sostenitore di Draghi, è divenuto un forte contestatore delle misure “sgradite”, in primis la riforma Cartabia della Giustizia (e del CSM), definita apertamente “inutile”. L’altro leader centrista, Calenda, è scettico, come la Confindustria, sulle sanzioni.

I due principali critici restano Conte e Salvini. Il leader pentastellato ha ereditato un Movimento in forte crisi di identità, lacerato all’interno tra “governisti” e “sovranisti”, in evidente calo nei sondaggi (è oggi valutato al 13%, contro il 33 delle politiche), incerto tra l’alleanza con il Pd e la “corsa solitaria” (chiede il ritorno al proporzionale, ma Letta e la Meloni non ci sentono). Per recuperare uno spazio politico Conte ha dapprima contestato la politica estera di Draghi e le scelte della Nato, oggi insiste per un nuovo scostamento di bilancio (ovvero più deficit), nonostante “i fucili puntati” di Bruxelles, che deve assegnare all’Italia, ogni semestre, i fondi del piano di ripresa e resilienza (quasi 200 miliardi di euro entro il 2026).

Sull’altro fronte è altrettanto decisa la contestazione di Salvini, dalla critica per l’espulsione di diplomatici russi alla questione, caldissima, della riforma del catasto: il leader della Lega, con Forza Italia, vuole intestarsi il no alle tasse, anche a costo di far passare per “bugiardo” il premier, che nega ogni effetto rialzista della riforma fiscale, chiesta per altro, come quella della giustizia, dalle intese con Bruxelles per ottenere i fondi europei. La Lega sente la concorrenza elettorale della Meloni e accentua i toni, non solo per le prossime amministrative di giugno e i referendum.

La “guerra” interna alla maggioranza rischia di trasformare il Governo Draghi, nato per affrontare le emergenze del Paese, in un Esecutivo “balneare”, come nella prima Repubblica. Già a Montecitorio si ipotizzano elezioni in autunno, quando ai parlamentari sarà garantito il diritto alla pensione. La sconfitta della politica, tuttavia, diverrebbe un vero dramma per il Paese, anche per l’incertezza sullo scenario bellico.

Alle forze politiche tocca la responsabilità di rispondere nuovamente al messaggio del presidente Mattarella sul primato del “bene comune” rispetto ai pur legittimi interessi di parte.