(Cristina Terribili)

Tra questa e la prossima settimana, partirà la sperimentazione dell’App Immuni cominciando da quattro regioni italiane: Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia. Vivamente consigliata dal Ministero della Salute, servirà a conoscere se, durante la nostra giornata, saremo venuti a contatto con persone positive al covid-19 e ci dirà cosa fare in caso di possibile contagio. Ogni cittadino sarà libero di decidere se scaricarsela o meno.

Se vogliamo andare a curiosare sul mondo delle App dobbiamo risalire ai primi dieci anni del 2000: è allora che sono nate migliaia di icone che identificano programmi che, gratuitamente o a pagamento, permettono di giocare, modificare foto, leggere libri, vedere video. Tutti abbiamo sui nostri telefoni delle App…con buona pace della privacy.

In questi mesi di coronavirus, esperti sviluppatori informatici hanno creato sistemi in grado di monitorare aree geografiche, possibilità di fare triage a distanza e di fornire una mappa aggiornata del rischio contagio, inserire il proprio stato di salute e, in caso, contattare il proprio medico curante.

Oppure nuove App che ci diranno se possiamo o meno andare al mare, contando gli accessi per evitare assembramenti in spiaggia. Nel primo periodo di applicazione pare venissero date informazioni non proprio esatte.

Perché la psicologia dovrebbe occuparsi delle App? Perché per molte persone, qualora questi sistemi non siano compresi correttamente, possono generare ansie e ampliare gli elementi stressanti, con conseguente difficoltà ad autogestirsi. Abbiamo già notato un aumento di chi si è rivolto, anche attraverso i social, a sistemi formali ed informali di aiuto e questo trend non diminuirà nel breve periodo perché la ripresa è, seppur ricca di nuovi elementi positivi, fonte di nuove preoccupazioni.

Non si muoverà foglia che la App non voglia?

Sembrerebbe questa la direzione che si sta prendendo dove sarà la App a dirci cosa possiamo fare o non fare, dove possiamo andare e dove no, come organizzare gran parte della nostra vita sociale, al mare, in montagna, al ristorante, al museo e in giro per la città.

Ci piacerà, oltre la misura dell’efficacia e dell’efficienza che questi sistemi dimostreranno? E la spontaneità, componente essenziale del nostro vivere dove la mettiamo?

Sono interrogativi che cominciano a sorgere con una certa prepotenza e ai quali dovremo far seguire in tempi rapidi delle risposte che ci aiutino a trovare un equilibrio tra nuove tecnologie per la vita e la vita stessa, che ha anch’essa le sue regole, grazie alle quali abbiamo sopravvissuto a tante tempeste personali e comunitarie e ad altrettante gioie e soddisfazioni.

Molte persone faranno fatica a sentirsi costantemente sotto controllo e tanti altri faticheranno a non sentirsi liberi di potersi spostare senza che una App abbia dato loro il permesso di farlo.

Sembra non essere possibile fare altrimenti, il tutto giustificato da ragioni di salute che stanno sempre in testa alla classifica delle priorità. Ma quanto questa gestione tecnologica della nostra vita creerà altri e ugualmente prioritari problemi di salute? È in gioco il restare umani o piombare nel mondo dei robot.