Il 20 gennaio scorso si è spento serenamente nel sonno, a 96 anni, Giuseppe Dematteis, amorevolmente assistito dalla figlia Aurora in particolare dopo la morte della moglie Nelida avvenuta qualche anno fa.

Nato a Barone Canavese il 28 settembre 1926, era l’ultimo dei sopravvissuti ai lavori forzati in Germania ancora vivente in Canavese.

Il 13 maggio 1943, a soli 17 anni, veniva rastrellato dalla brigata “Ettore Muti” e portato alle Casermette di Torino.

Il 10 giugno, su un treno passeggeri, era stato avviato, con altri lavoratori coatti, in Germania.

A controllarli c’erano soldati tedeschi armati.

A Giuseppe, come ai suoi compagni di sventura, era stato consegnato un passaporto riportante la scritta “Italiani volontari per la Germania”.

Il 12 giugno l’arrivo a Kahla, in Turingia.

Il giorno successivo per Pino (così veniva chiamato da tutti) era iniziato il lavoro, che consisteva nello scavare galle[1]rie nelle quali venivano costruiti aerei da caccia, già a reazione.

Sopra la collinetta vi era la pista per il decollo degli stessi.

Il lavoro era durissimo: 10 ore al giorno per 30 giorni consecutivi, senza soste.

Veniva fornito un solo pasto e la sera si dormiva in letti a castello, quasi nudi per tenere lontano i pidocchi.

Per Pino questa vita era durata per 13 lunghi mesi.

Nell’aprile del 1945 c’era stata l’evacuazione da Kahla: a piedi, con mezzi di fortuna, in autostrada (a Monaco era già presente), in treno era finalmente riuscito a giungere a casa.

Era il 7 luglio 1945.

Convolato a nozze con Nelida, era nata Aurora: e la famiglia si era trasferita a Orio.

Aveva intrapreso poi il lavoro di ambulante, vendendo articoli casalinghi.

Con il suo camioncino, con la moglie, di buon mattino era già nelle lontane e sperdute vallate della Val d’Aosta e del Canavese.

Terminata questa sua occupazione, si era dedicato ai viaggi, alle escursioni in montagna (e non solo), documentando tutto e tutti con la sua inseparabile telecamera, tanto da essere soprannominato il “Fellini del Canavese”.

Ora riposa nel cimitero di Orio accanto alla moglie e ai suoi cari.

Albino Avetta

Redazione Web