Tenuta Roletto
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domenica 9 Novembre 2025

Reale mutua
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Ha concelebrato il Vescovo di Ivrea, Mons. Daniele Salera, con il parroco Don Valerio D'Amico

VEROLENGO MADONNINA - Per la novena in preparazione della Festa del Santuario ospite il Card. Roberto Repole, Arcivescovo di Torino - Molto seguita l'illuminante omelia (integrale in video) che ha offerto una lezione semplice e persuasiva su cosa voglia dire essere veri discepoli di Gesù  - IL VIDEO E LA GALLERY

Ancora molti appuntamenti che si possono leggere qui

Novena in preparazione della Festa della Madonnina, il Santuario mariano che è punto di riferimento spirituale non soltanto per Verolengo, ove sorge, ma anche per una comunità assai più vasta, che si estende dal Canavese, al...

Incontro di formazione proposto dall'Ufficio Catechistico Diocesano

IVREA - Grande partecipazione all'incontro dei Catechisti diocesani per la formazione con Don Andrea Cavallini - Molto importante il tema trattato: "Il senso religioso del bambino - INTEGRALE IN VIDEO - La lezione di Don Cavallini, poi l'omelia di Mons. Daniele Salera e il conferimento del mandato ai Catechisti -

Come proporre la Fede ai bambini ed ai ragazzi in una società secolarizzata?

Un bellissimo clima di attesa e sorrisi di persone che si rivedevano tutte insieme dopo un bel po’ di tempo: ecco come abbiamo vissuto l’incontro dei Catechisti a Ivrea per un momento di formazione e per ricevere il Mandato da...

Iniziativa a cura dell'Associazione che porta il nome dell'illustre scomparso

VALPERGA - Un monumento in memoria del Maresciallo dei Carabinieri Enzo D'Alessandro ricorderà sempre il valore, la testimonianza, l'esempio, di un uomo dalle grandi doti umane e professionali - IL VIDEO E LA GALLERY

Presente il Comandante provinciale dei Carabinieri di Torino, Gen. di Brig. Roberto De Cinti 

(giancarlo guidetti) – Enzo D’ Alessandro, maresciallo dei Carabinieri nato in Abruzzo nel 1951, all’ età di 17 anni entra nell’ Arma e nel 2004 viene improvvisamente a mancare. Figura dal grande carisma...

Parrocchie di San Giacomo e San Michele - Gli Animatori propongono il gioco di Jurassi Park

RIVAROLO CANAVESE - Una bella festa per l'inizio dell'Anno oratoriano - Bambini appartenenti alle 18 classi di catechismo, accolti da Animatori e Catechisti in un clima di entusiasmo e allegria - S.Messa presieduta dal Vice Parroco Don Antonio Luca Parisi - LA GALLERY - 

L’anno si è appena iniziato, ma le premesse sono già cariche di entusiasmo, fede e condivisione.

(anita zuffi) – Sabato 11 ottobre si è svolta presso i locali dell’Oratorio di San Michele,...

Sabato 4 ottobre, lungo un itinerario che ha svelato la bellezza di un territorio amico

AGLIE', CUCEGLIO, OZEGNA, SAN GIORGIO - In cammino sinodale tra i 4 Santuari mariani - Splendida giornata di grande significato per l'inizio dell'Anno pastorale - Nel giorno di San Francesco, celebrata l'umiltà - Momenti di vita in comune nella gioia e nell'affidamento a Maria - Integrale nel VIDEO l'omelia di Don Luca Meinardi - Gallery di 120 immgini - 

Madonna delle Grazie, Beata Vergine Addolorata, Madonna del Bosco e Misobolo

(fabrizio conto) –  Tutti uniti nel cammino sinodale, pellegrini di speranza con Maria. Nell’anno del Giubileo ed a poca distanza dal l’assemblea diocesana, le comunità parrocchiali di Cuceglio, Ozegna, San...

Santa Messa presieduta da Padre Alessandro Codeluppi C.O.

FELETTO - Marcia e prega 2025 - Una comunità in Cammino giubilare al Santuario di Belmonte -  I piloni dei 15 misteri del Rosario, posizionati ad intervalli regolari sul lato a monte del tracciato, hanno scandito la camminata e le preghiere dei fedeli in un’affascinante connessione tra natura e spiritualità - GALLERY E FILMATI

Sulla via del ritorno, un piccolo gruppo ha condiviso il cibo preparato a casa sulle panchine di pietra del Campass -

(gabriella franzino – edy guglielmetti) – Passo dopo passo sabato 11 ottobre, i...

Dal 24 al 26 ottobre, con il contestuale Giubileo delle Equipe Sinodali e degli Organismi di Partecipazione

ROMA - I lavori della Terza Assemblea Sinodale - Cronaca meditata dei giorni di impegno, preghiera, incontri e...votazioni - Integrali: il Documento di sintesi "Lievito di pace e speranza" ed il dettaglio di tutte le 129 espressioni di voto - 

La delegazione della Diocesi di Ivrea, guidata dal Vescovo Mons. Daniele Salera e composta dal Can. Don Luca Meinardi e dalle Prof. Elisabetta Acide e Valentina Gili Borghet

(elisabetta acide) – E’ in corso di svolgimento (domani la S.Messa in San Pietro presieduta da...

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EDITORIALE

Che fatica!

Oggi c’è una tendenza a rifuggire la fatica come fosse una malattia. Tutto deve essere facile,...

FIORANO IN UN LIBRO INSIEME AL MONUMENTALE DI TORINO, LA CERTOSA DI BOLOGNA, IL CARNOT DI SURESNES

Le lapidi del cimitero che insegnano la storia

Un museo a cielo aperto. Paola Capra e Sofia Tinetti squarciano cento anni di vita locale

(di Severino Morgando)

Un agile volumetto, an-che se non recentissimo, (Cimiteri e dintorni. Uno spazio di dialogo tra...

ROMA – San John Henry Newman, Dottore della Chiesa – Il commento di Mons. Edoardo Aldo Cerrato

(elisabetta acide) – Forse la definizione “mistico nella  storia contemporanea”  rende bene l’ idea per “raccontare” “San John Henry Newman”, proclamato “Dottore della Chiesa” da Papa Leone XIV  il giorno 1 novembre, solennità di “tutti i Santi”
(qui la cronaca della giornata di ieri, da Vatican News, con, integrale, l’omelia del Santo Padre).
Il Santo, proclamato proprio in occasione del “Giubileo del mondo educativo”, ha saputo essere “profeta” in un contesto di difficoltà di pensiero, con mente lucida e “illuminata”.
Significativa dunque, la scelta del Pontefice: “Dottore della Chiesa”, in virtù della sua “vita santa e illuminata”, da quella “intelligenza” che ha saputo rendere “chiara” e “presente” la “dottrina”.
Abbiamo chiesto a Mons. Edoardo Aldo Cerrato, Vescovo Emerito di Ivrea, già Procuratore Generale della Confederazione Oratoriana dal 1994 al 2012, anno della nomina episcopale a Ivrea, di ricordare alcuni passaggi della vita e del pensiero del Cardinale fondatore della Congregazione  di San Filippo Neri in Gran Bretagna.
Un particolare ringraziamento a mons. Edoardo per i suoi insegnamenti, le chiare e precise parole che sanno farci apprezzare l’ eredità del santo e dottore della Chiesa, co-Patrono della missione educativa delle Chiesa, che ogni educatore dovrebbe conoscere e il cui pensiero dovrebbe essere approfondito.

Ma ecco l’intervista a Mons. Cerrato.
***
Eccellenza, Lei appartiene alla Famiglia Oratoriana di cui fu parte san John Henry Newman (1801-1890), che il 1° novembre Papa Leone XIV ha solennemente proclamato “dottore della Chiesa Universale”, e Co-patrono dell’educazione cattolica. Ci può dire qualcosa di lui?
“Sono molti che in questi giorni me lo hanno chiesto, ma per il sito on line del settimanale della Diocesi di cui sono emerito lo faccio ancor più volentieri.
“Dottore della Chiesa” (sono 38 con Newman ad essere stati riconosciuti tali, scelti in varie epoche di venti Secoli è un titolo con cui la Chiesa riconosce l’autorevolezza di un uomo, di una donna insigni per santità e per eminente dottrina testimoniata nei loro scritti.
Di questo grande figlio di san Filippo Neri si può dire in estrema sintesi: fu un uomo, uno studioso, un sacerdote, un cardinale che ha cercato instancabilmente la verità, tra “ombre e apparenze”, per mezzo della ragione e del cuore, e, dopo averla incontrata, la testimoniò, con coraggio, a qualunque prezzo, nelle sue opere e con la sua vita”.
***
Newman non nacque cattolico…
“Nell’Apologia pro vita sua scrisse che la sua conversione dalla Comunione Anglicana alla Chiesa Cattolica fu “come entrare in porto dopo essere stato nel mare in burrasca”; un viaggio guidato da un faro – la divina Provvidenza – che lo condusse, a 44 anni, ad entrare in quel porto.
Merita delineare, sia pure il breve, i passi principali.
Diventato fellow nell’Oriel College di Oxford a 21 anni, a contatto con membri di quella prestigiosa comunità accademica gradualmente abbandonò la maniera calvinista di pensare, assimilata dalle sue letture al tempo della “prima conversione” (1816).
Nello studio serio dei Padri della Chiesa comprese l’importanza della successione apostolica, la valenza della Tradizione, il principio dogmatico.
Scrisse: “Alla Chiesa anglicana, così divisa e minacciata, così inconsapevole della sua vera forza, io paragonavo quella potenza fresca e vigorosa che avevo riscontrato nella Chiesa dei primi secoli. Nel suo zelo trionfante per quel mistero fontale riconoscevo l’andatura della mia madre spirituale.
Sentivo affetto per la mia Chiesa, ma non tenerezza… Quanto ad abbandonarla, l’idea non mi passò mai per la mente; ero però consapevole che esisteva la Chiesa cattolica e apostolica, fondata fin dall’inizio”.
Il 1833 fu l’anno del viaggio nel Mediterraneo, durante il quale Newman compose “Lead, Kindly Light”: “Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi! La notte è oscura e sono lontano da casa, sii Tu a condurmi! Sostieni i miei piedi vacillanti!”.
Tornò in Inghilterra con un forte presentimento: “Ho un lavoro da compiere in Inghilterra”. Nasceva il “Movimento di Oxford”, con il precipuo obiettivo di indicare alla Chiesa anglicana la salvezza dal liberalismo antidogmatico.
Nel 1839 inizio uno studio sistematico sui monofisiti. “Qui, nel mezzo del V secolo – scrive – trovai rispecchiata la cristianità dei secoli XVI e XIX”.
Già lo aveva scoperto nella storia degli ariani: “Vidi chiaramente che i puri ariani erano i protestanti, i semi-ariani erano gli anglicani, e che Roma era adesso ciò che era allora”. “Man mano che progredivo, le mie difficoltà scomparivano. Risolvetti di chiedere di essere ammesso nella Chiesa cattolica”.
Il 9 ottobre 1845 fu accolto in quella Chiesa che aveva riconosciuto come “l’unico ovile di Cristo”.
 ***
Come visse Newman la sua appartenenza all’Oratorio filippino?
“Il compito del nostro Istituto è di parlare al cuore” diceva uno dei primi e più cari discepoli di S. Filippo Neri, il card. Tarugi.
E il motto “Cor ad cor loquitur”, scelto da Newman per il suo stemma cardinalizio, è tratto dagli scritti di san Francesco di Sales, amico degli Oratoriani della prima generazione e fondatore egli stesso dell’Oratorio di Thonon nel Ducato Sabaudo.
Una chiamata all’incontro personale con Dio in Cristo; un incontro che sfocia nel rapporto personale con gli uomini… I testi di Newman sull’Oratorio mostrano chiaramente quanto la vocazione oratoriana abbia segnato la sua vita e la sua opera, e quanto profonda sia stata la sua appartenenza all’Oratorio di Padre Filippo. «Amo un vecchio dal dolce aspetto, – scrisse Newman in riferimento a san Filippo – lo ravviso nel suo pronto sorriso, nell’occhio acuto e profondo, nella parola che infiamma uscendo dal suo labbro quando non è rapito in estasi…». Filippo Neri è colto da Newman nella sua originalità di “vir prisci temporis”, uomo del tempo antico, nel quale rivive la “forma primitiva del cristianesimo”, caratterizzata dalla semplicità e dalla spontaneità, espressioni privilegiate della carità cristiana: «Dodici preti – dirà Newman ancora nel 1878, alla vigilia del cardinalato – che lavorano insieme: ecco ciò che desidero. Un Oratorio è una famiglia e una casa; ciò che mantiene l’armonia comune è la delicatezza e la reciproca sollecitudine, la deferenza e la gentilezza, il mutuo apprezzamento, la conoscenza del modo di essere degli altri…». Nell’Oratorio egli apprezzava il fatto che – lo scrive in una lettera – «non si cerca di creare uomini identici tra loro» e che «lo spirito di san Filippo ammette persone dalla mente e dalle inclinazioni diverse». Da qui l’esortazione: «Non vi spogliate delle qualità che Dio vi ha dato, ma perfezionatele per il suo servizio». Newman fu oratoriano con la profondità che caratterizzò ogni scelta della sua vita ed ogni opera intrapresa. E lo fu fino alla fine dei suoi giorni, anche rivestito della Porpora romana di cui Leone XIII lo volle onorare. Giunto a Roma per il Concistoro del 1879, scriveva al suo vescovo: «Il Santo Padre mi ha accolto molto affettuosamente […]. Mi ha chiesto: “Intende continuare a guidare la Casa di Birmingham?”. Risposi: “Dipende dal Santo Padre”. Egli riprese: “Bene. Desidero che continuiate a dirigerla”, e parlò a lungo di questo»…
È la testimonianza che il Papa aveva perfettamente colto ciò che l’Oratorio significava per Newman, il quale gli aveva detto: «Da trent’anni sono vissuto nell’Oratorio, nella pace e nella felicità. Vorrei pregare Vostra Santità di non togliermi a san Filippo, mio padre e patrono, e di lasciarmi morire là dove sono vissuto così a lungo». Continuò a vivere a Birmingham la sua vita di figlio di san Filippo, intimamente sereno, con un’intensa attività pastorale in ogni ambiente, anche nei più poveri, con uno stile semplice e limpido; immerso nel tempo e teso all’eternità. –
***
Un elemento che desidera sottolineare della missione di Newman a servizio della Chiesa…
Nel ricevere da Leone XIII la Porpora cardinalizia, Newman dirà: “Per trenta, quaranta, cinquanta anni ho resistito, con tutte le mie forze, allo spirito del liberalismo religioso, e mai la Chiesa ebbe come oggi più urgentemente bisogno di oppositori contro di esso, mentre, ahimè, questo errore si stende come una rete su tutta la terra”. E precisò cosa dovesse intendersi per “liberalismo religioso”: “La dottrina secondo la quale qualsiasi credo è buono come qualunque altro; e le religioni sono tutte materia di opinione. Si può andare nelle chiese protestanti e in quelle cattoliche; si può ristorare lo spirito in ambedue e non appartenere a nessuna”.

PAROLA DI DIO – «Lo zelo per la tua casa mi divorerà»

Ez 47, 1-2.8-9.12
Dal libro del profeta Ezechièle
In quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo,] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro.
Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».
Sal 45
RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.
  RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell’Altissimo.
Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.
  RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.
  RIT: Un fiume rallegra la città di Dio.
2 Ts 2, 16 – 3, 5

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.
Gv 2, 13-22
Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
Ezechiele “Dio rende forti”, “fortifica”, sacerdote, figlio di sacerdote (Buzi) (prima lettura) vive a Babilonia nella zona a sud est a Tel-Abib, vicino al fiume Chebar, in esilio (deportazione di Nabucodonosor), conosce le acque dei fiumi e dei canali, quei due fiumi ma anche gli innumerevoli torrenti, un territorio ricco e fertile, ma il popolo vive la lontananza dalla terra e la deportazione.
Eppure Ezechiele ci “parla di futuro”, lo fa come profeta, con le sue “visioni” anche se di difficile decifrazione.
Il Tempio è distrutto, ma il profeta, “guidato” vedrà l’ “acqua che scorre” verso oriente. Un’acqua che scorre verso quel “sorgere del sole”, un torrente diventerà fiume  che si getta in quella zona del Mar Morto, nella fossa giordanica mediorientale e che porterà “sollievo” nell’aridità del deserto.
Vita nel deserto, nuovi frutti e nuova vita, nuova “forza vitale”, nuova trasformazione… un filo d’acqua, un rigagnolo, un torrente, acque navigabili, un fiume, il mare…
Acqua viva ed acqua nuova che “risanerà” e farà “rifiorire”.
Acqua di salvezza, dopo il “tempo di lontananza”, acqua di “perdono”.
Acqua che nutre e vivifica… che scorre, che porta la Presenza efficace anche lontano dal Tempio, ma vicino all’alleanza.
Dio è acqua, Dio è Presenza, Dio è Vita, Dio è Futuro.
Acqua che disseta.
Un angelo lo guida: l’ingresso è verso oriente.
Un angelo che invita a guardare.
Acqua che avvolge e coinvolge, come una chiamata…come un “messaggero”  (angelo secondo la sua etimologia) che porta la Parola.
Un’acqua che risana non solo l’uomo, ma ogni cosa (riecheggia il ricordo della Genesi).
Acqua, alberi, pesci… la sovrabbondanza di Dio.
Ezechiele invita a guardare il futuro, a vedere “altro”.
Non sappiamo se Ezechiele ritornerà in patria (sappiamo che il Tempio sarà ricostruito nel 525 a.C. e  successivamente vedrà il suo splendore con Erode il Grande) ma possiamo intuire che il profeta parla di un altro “Tempio”.
Passeranno cinque secoli e un uomo dirà di sé: “Distruggete questo tempio e io lo riedificherò in tre giorni”…(Ed egli parlava del tempio del suo corpo)” (Vangelo).
Se leggiamo i  vangeli sinottici vediamo la stessa collocazione temporale, il Vangelo di Giovanni, invece “anticipa” l’episodio, ma questo non deve stupirci, lo leggiamo così come abbiamo letto l’episodio avvenuto a Cana di Galilea: “anticipazione del racconto di passione e di risurrezione”.
San Giovanni ci offre una “traccia di luce”, quella del mattino di Pasqua che illumina quelle “onde concentriche” del suo libro.
La “luce della Pasqua” che farà “ricordare” e “leggere” questi episodi della vita di Gesù ai discepoli, che offrirà la “lettura” dell’Incarnazione e della sua vita.
In dieci versetti un concentrato di domande, di richieste, di discussioni, di azioni che “attirano” l’attenzione, che “muovono” opposizione…nel Tempio, la “casa”.
San Giovanni colloca dunque l’episodio a Gerusalemme, nello “spazio” del tempio, nella settimana della “Pasqua dei giudei”.
Una collocazione spazio-temporale: questa è la “Pasqua dei giudei”, ma vi sarà un’altra Pasqua: quella di Gesù.
Gesù è “salito” a Gerusalemme, come facevano gli ebrei osservanti in quei pellegrinaggi, per “salire” anche sulla croce.
La “salita” verso la collina, l’ “ascensione” verso Dio, l’ “innalzamento” per la salvezza del mondo.
Quel tempio, luogo dell’ “incontro” tra l’uomo e Dio, è “occupato”: pecore, buoi, colombe, cambiamonete… lo “spazio”  occupato.
E allora: tempio o piazza? Spazio-sacro o spazio-occupato dall’uomo?
I cambiavalute sono “seduti ai banchi”, le colombe forse svolazzano, pecore e buoi pascolano sui marmi, belano e muggiscono nei portici?
Nel tempio… nella “casa”, in quel “luogo di incontro”, Gesù “incontra” lo spazio dell’uomo dimentico del sacro.
Una immagine che ci “restituisce” la “tranquillità” dell’occupazione dello spazio del sacro per l’uomo, la “posizione” seduta e “sistemata” che “abita” non con Dio, ma “al posto” di Dio.
La “casa di Dio” (ricordiamo che Giovanni nel capitolo 19,20-21 lo chiamerà “Santuario”) diventa “casa dell’uomo”, dei suoi interessi, del suo commercio, della sua “economia”, dei suoi interessi.
E Gesù “entra” e “trova”…
Dovrebbe entrare e trovare gente che prega, che loda, che dialoga… e trova colombe, pecore e buoi…
Buoi, colombe (ricordiamo era l’offerta dei poveri cfr Lv 5,7), che servivano per olocausti propiziatori (cfr. Lv 1,14-17) e per sacrifici di purificazione e di espiazione (cfr. Lv 12,8; 15,14.29)), agnelli servivano per il sacrificio, le monete erano specifiche per l’offerta al tempio, ma l’uomo “trasforma” quei sacrifici in “commercio” e “arricchimento personale”.
Già i profeti (cfr.Isaia 1,10-15; Is 29,13) avevano denunciato il culto vuoto “non gradito a Dio”, vuoto, vano.
E dopo essere “entrato ed aver visto” (sono verbi che San Giovanni userà ancora nel suo Vangelo e non possiamo ignorarne il significato) Gesù sceglie di agire.
E Gesù non esista non può entrare nel tempio con bastoni (nessun oggetto atto a offendere era ammesso) costruisce una “frusta” fatta di cordicelle e “lo scaccia”, meglio : exébalen, letteralmente lo butta fuori con violenza.
Non solo vede, non solo si oppone, non solo si indigna, “butta fuori”, “scaccia” quel commercio iniquo.
La “casa del Padre”, non “può essere un mercato”.
Prima “agisce” e poi “parla”, spiega la sua azione.
Il coraggio che non deriva dalla “semplice ira”, ma dal dolore di vedere la casa del Padre ridotta a mercato di piazza.
Un gesto coraggioso ma anche simbolico: Gesù “scaccia” il culto fatto di segni vuoti e svuotati per indicare un culto che fa emergere il vero volto del Padre.
Il Dio di Gesù non “commercia” con l’uomo, non “patteggia” al miglior offerente, non “gradisce” o “sceglie” i “patti del contraccambio”: Dio non cede ai ricatti o agli “scambi”.
Dio non si vede e non si compra. Dio è dono.
Dio è amore.
E l’amore non si paga e non si placa con regali o sacrifici, l’amore di Dio è quello del Padre misericordioso e tenero, è quello dell’Amore – dono per ogni persona.
Forse anche noi oggi, dovremmo riflettere su questa pagina di Vangelo: qual è il nostro rapporto con Dio?
Se Gesù oggi entrasse in qualche nostra Chiesa si farebbe una “frusta con cordicelle”?
E noi “tempio” come accogliamo Dio? Facciamo “mercato” della fede?
Gesù vuole “scacciare” la falsa immagine di Dio che si è fatta strada nell’uomo.
Dietro al gesto di Gesù non c’è “l’ira” contro l’uomo ma lo “zelo”, la ri-proposta dell’Amore e la difesa di quell’Amore – dono che non è fatto di sacrifici di contraccambio.
Gesù ricorda il culto fatto di alleanza d’Amore, di figliolanza, di fratellanza, di gioia e di condivisione, un culto che ha a che fare con il cuore e la vita non con buoi e pecore sacrificate.
Cambio di “prospettiva” e “volto”: non funziona “io prego e tu mi accontenti”, “io offro e tu mi soddisfi”…
E Gesù “diventerà agnello” sulla croce  per ricordare all’uomo il dono di un Dio che ama e che per amore si dona.
E quell’amore diventerà  vita, per amore, vita di comunione. E nella “casa di Dio siamo chiamati a fare comunione con Dio e con i fratelli. Il “noi ecclesiale” ci farà scoprire la comunione in quel “rendimento di grazie”.
Gesù ha “rovesciato le tavole” per farci “vedere” quel volto di Dio Padre.
E gli apostoli lo ricorderanno in quelle parole del Salmo  69,10: “Lo zelo della tua casa mi divorerà” .
Gesù “divorato” fino alla morte per rivelare il volto di Dio Amore.
Penso dopo pochi istanti di “smarrimento” tutto ritorna “alla consuetudine”… monete raccolte e contate per essere nuovamente scambiate, colombe recuperate e rimesse nelle stie, pecore e agnelli risistemati vicino ai banchi… il “riciclo” delle cose “sovvertite” da Gesù per “la legge” e le “prescrizioni”.
Tutto come prima?
No… Gesù è parola di futuro, è segno di salvezza… non compreso subito, troppo profetico, ma ricordato e non è un caso che proprio questo episodio compaia in tutti i Vangeli canonici.
L’amore non si paga e non si ricicla, l’amore si dona.
E quella frusta con le cordicelle preannuncia la sua flagellazione, la sua sofferenza, la sua passione… ma dopo 3 giorni…
Non la parola “fine”.
E l’azione dello Spirito farà ricordare.
Il “tempio del suo corpo” risorto diventa eternità e “porta” di Dio.
Il suo “corpo” diventa Presenza tra gli uomini, diventa Eucaristia.
E noi come san Paolo diciamo: “lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.” (seconda lettura).

La Parola che ci chiama, ci sfida, ci impegna – Commento al Vangelo di domenica 09 novembre 2025

Guardate Gesù che entra nel Tempio con una frusta di cordicelle, che rovescia i tavoli, che grida. Il Tempio, luogo sacro per incontrare il Padre, era diventato un posto in cui mercanteggiare con Dio. Quando Gesù dice “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”, parla di se stesso. È Lui l’unico e vero Tempio!
E anche noi, battezzati in Cristo, siamo diventati tempio di Dio. Che responsabilità, che dono immenso.
Ma cosa abbiamo fatto di questo tempio che siamo? Anche nel nostro cuore, quanti mercanti! Quanti cambiavalute che scambiano l’amore con l’interesse, la gratuità con il tornaconto. Quali “mercanti” abitano nel tempio del nostro cuore?
E quando ci avviciniamo alla Chiesa, alla preghiera – siamo onesti – lo facciamo con cuore puro o cerchiamo qualcos’altro? Serviamo nella comunità per amore o per avere visibilità?
Oggi Gesù viene anche nel tempio del nostro cuore e ci chiede: cosa devo cacciare via?
A cosa sei troppo attaccato per lasciarlo nelle mani di Dio? Questa purificazione è un atto d’amore. Gesù vuole togliere ciò che ci impedisce di amare, per ricostruire un cuore nuovo.
Cominciamo dal piccolo: tempo vero per la preghiera, gesti di carità nascosti, vedere negli altri non strumenti ma fratelli.
Sappiamo riconoscere negli altri il “vero Tempio” dove abita Dio? Anche quella persona “difficile” è tempio di Dio!
Gv 2, 13-22
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle
e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

BOSCONERO – Seconda rassegna enogastronomica “Sapori e Tradizioni: viaggio nei gusti autentici del Canavese”

La Pro Loco di Bosconero inaugura con gusto la seconda edizione “Sapori e tradizioni: viaggio nei gusti autentici del Canavese”, percorso dedicato ai sapori autentici e alle tradizioni culinarie del territorio.
Il primo appuntamento è fissato per sabato 15 novembre alle ore 20.00 e domenica 16 novembre alle ore 12.30, con una serata – e un pranzo – interamente dedicati alla Bagna Caoda, vera regina della tavola piemontese.
Questo piatto iconico, a base di aglio, acciughe, olio e burro, è molto più di una semplice pietanza: è un rito di condivisione, un momento di convivialità che affonda le sue radici nella cultura contadina del Monferrato e che oggi rappresenta una tradizione amata in tutto il Piemonte. Accompagnata da verdure fresche, bollite o crude, la Bagna Caoda verrà servita insieme a una selezione di vini locali, per esaltare al meglio i sapori del territorio.
L’evento vuole per la prima volta i piatti della tradizione piemontese.
Un appuntamento che celebra la semplicità e la ricchezza della cultura gastronomica canavesana, in un’atmosfera calda e accogliente dove ogni ospite diventa parte della festa.
Il costo della degustazione è di 28 euro (ridotto a 26 euro per i soci della Pro Loco).
Per informazioni e prenotazioni: 338 4106173 – 328 2198601.
Un momento conviviale quasi imperdibile per chi ama i sapori autentici, lo stare insieme e la tradizione: la Bagna Caoda vi aspetta a Bosconero per celebrare insieme la vera essenza del Piemonte.
Redazione Web

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Emergenza-bullismo: perché, nonostante gli sforzi e le discussioni, non cambia mai nulla? (di Cristina Terribili)

Gli atti di violenza recentemente accaduti a Moncalieri, dove un ragazzino di 15 anni è stato per ore sequestrato da tre coetanei, sono l’ennesimo episodio che ci lascia interdetti e sgomenti. Interdetti perché di bullismo si parla costantemente eppure, non è cambiato nulla; si fanno dibattiti sulla violenza dei giovani, sui fenomeni di baby gang, eppure non è cambiato nulla.
Non è cambiato nulla, se un compagno di classe, già noto alle forze dell’ordine per altri atti vandalici commessi con i suoi “amici”, gli stessi che parteciperanno alla violenza di gruppo, può invitare un giovane più fragile ad una festa inesistente; non è cambiato nulla se tre famiglie, che hanno avuto i figli denunciati per atti di vandalismo, permettono ai ragazzi minorenni di continuare a frequentarsi, stare fuori tutta la notte e di accedere ad un appartamento in cui non è presente nessuno.
Non è cambiato nulla se ci rendiamo conto di quello che è accaduto, solo dopo l’ennesimo episodio di violenza; non è cambiato nulla se si continua a far rimbalzare la responsabilità tra scuola, famiglia, forze dell’ordine e chi ne ha più ne metta.
Non cambia e non cambierà nulla se si cercano risposte giustizialiste, se si inaspriscono le pene ma non ci si rende conto che quanto fatto finora, per contrastare i fenomeni di devianza giovanile, non hanno portato ad alcuna conseguenza, alcun cambiamento.
Se le parole e gli interventi messi in atto dalla scuola non hanno portato un cambiamento, allora non sono servite a nulla, non hanno centrato l’obiettivo, non bastano e vanno cambiati. Se le misure educative delle famiglie hanno comunque permesso di fare del male, allora non sono servite a nulla e non hanno cambiato nulla. Non hanno generato consapevolezza, alternative, percorsi virtuosi.
Chissà se stavolta serviranno le discussioni in classe, le prese di posizione; chissà se il prossimo 7 febbraio, sarà l’ennesima giornata contro il bullismo da vivere come un impegno verso cui non crede nessuno o se sarà costruita dall’intera comunità e sarà partecipata da tutti perché a tutti si chiede un cambiamento.
Chissà se in ogni Comune troveranno posto tavoli di confronto in cui giovani, adulti, istituzioni per mettere in atto protocolli di intesa, accordi e corridoi di aiuto, anche come forma di prevenzione. Chissà se si ripenserà a quei giovani che subiscono in silenzio, che hanno paura di denunciare, che si vergognano di quello che hanno subito e che hanno bisogno di tutto l’aiuto che ancora oggi, non si è stati capaci di dare. Perché, continuando come fatto finora, non cambierà mai nulla.

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