Tenuta Roletto
Risvegliopopolare.it

domenica 1 Giugno 2025

Reale mutua
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domenica 1 Giugno 2025

Fu San Filippo Neri che nel XVI secolo rilanciò questa antica tradizione

ROMA - Edizione giubilare del “pellegrinaggio alle sette chiese” - Il racconto dei partecipanti che hanno fatto parte della numerosa delegazione eporediese, guidata da Padre Samuele Menini C.O. e da Padre Riccardo Bigi C.O. - 

Il nostro pellegrinaggio si è concluso, dopo circa dieci ore di cammino, presso la basilica di Santa Maria Maggiore dove ora riposano le spoglie mortali di Papa Francesco.

(alice bretto) – L’edizione giubilare del “pellegrinaggio alle sette chiese” di Roma ha visto la...

Gallery fotografica di Gabriele Bisco ed Elena Damigi

MAZZE', TONENGO, VILLAREGGIA / VICARIA CALUSIESE - Santa Rita ha ancora tanto da dire anche alle donne ed agli uomini d'oggi - Riuscito mosaico di iniziative devozionali comunitarie e intensa condivisione spirituale per le Parrocchie guidate da Don Alberto Carlevato - 

Martina Leggero di Villareggia ha preparato questa bellissima poesia - preghiera in onore della Santa

(A.C.) – Santa Rita da Cascia: un modello sempre valido e proponibile anche ai giorni...

Nel 35.mo anniversario dall'apertura della Casa di Sant'Anna Boschi

CASTELLAMONTE - La Comunità Cenacolo fondata da Suor Elivira Petrozzi festeggia i 35 anni di presenza e servizio in Canavese con il Vescovo di Ivrea, Mons. Daniele Salera - VIDEO E GALLERY

Il Pastore della Chiesa eporediese e canavesana accolto da numerosi Sacerdoti con Padre Stefano Ragno

(giancarlo guidetti) – Uno splendido pomeriggio di sole ha accompagnato a Sant’Anna Boschi di Castellamonte,i festeggiamenti per il 35.mo anniversario di presenza su questo territorio della Comunità Cenacolo Fraternità...

Sabato 17 maggio, giornata illuminata da una luce speciale

AGLIE', CUCEGLIO, SAN GIORGIO, OZEGNA E LUSIGLIE' - Accolta la reliquia del Beato Carlo Acutis con una grande festa al Santuario di Madonna del Bosco - Giornata di riflessione, preghiera, divertimento, nel segno di una santità che parla ai giovani - 

Insieme bambini e ragazzi hanno giocato, ballato e partecipato ai laboratori proposti, per conoscere ed approfondire la vita ed i miracoli di questo giovane beato.

(donatella novaria) – Sabato 17 maggio al Santuario della Madonna del Bosco di Ozegna le parrocchie di Agliè, Cuceglio, Ozegna, S. Giorgio e Lusigliè hanno organizzato un pomeriggio di festeggiamenti per accogliere la...

Dopo la S.Messa, presieduta da Don Antonio Luca Parisi, gli Animatori hanno donato a ciascun bambino un santino raffigurante Papa Leone XIV

RIVAROLO CANAVESE - La Festa di chiusura del Catechismo, momento di fede, amicizia, gioia condivisa - Pomeriggio di giochi, allegria e spiritualità, vissuto in un clima di grande partecipazione e collaborazione tra tutte le realtà oratoriane

Il tema scelto per l’occasione è stato “L’Impero romano”, che ha ispirato le varie prove -

(francesco paolo torta) – Sabato 17 maggio l’Oratorio San Michele di Rivarolo Canavese ha...

Non è mancato anche un omaggio floreale, offerto a tutte le Signore presenti.

CHIESANUOVA - Si festeggiano tutte le mamme - La piccola, ma viva e vitale comunità sottolinea il ruolo della figura materna nell'edificazione della famiglia, Chiesa domestica -

“Regista” di questa bella iniziativa l’Associazione “I Ginestrin” -

La piccola, ma viva e vitale comunità di Chiesanuova, ha offerto, sabato 10 maggio, un altro bel...

Presso il salone parrocchiale Don Salvetti, organizzato dalla Pro Loco 

ROSONE DI LOCANA - La Resistenza, le sofferenze, il dolore, ma anche il coraggio delle popolazioni locali, viste "Con gli occhi di Florenc" - La memoria storica diventa docufilm - Serata che ha appassionato e intrecciato racconti e musica, con l'impegno di una brava Insegnante, la Prof. Sabrina Pecchenino - 

Nell'80° della Liberazione, ripercorsi episodi significativi avvenuti nel 1944 in Canavese come l'incendio di Feletto, la strage alla stazione di Bosconero  e il rastrellamento nazifascista a Bosconero.

Venerdì 16 maggio presso il salone don Salvetti a Rosone nel comune di Locana si è svolto un...

Domenica 25 maggio 2025 resterà una data simbolica

CUCEGLIO diventa ufficialmente il “Paese della Fritüra Dusa” - Una giornata di festa per celebrare tradizione, identità e comunità

Tra i promotori dell’iniziativa, l’Assessore del Comune di Cuceglio, Mattia Baudino, che ha voluto sottolineare l’impegno personale profuso con passione

CUCEGLIO – Domenica 25 maggio 2025 resterà una data simbolica per il Comune di Cuceglio, che ha...

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DIETRO LO SCHERMO di GRAZIELLA CORTESE

Reinas

I colori sono molto importanti nel film di questa settimana, a partire dalla locandina. E anche il...

BETTAZZI: LA MUSICA E’ STRUMENTO DI DIALOGO, IN ESSA GLI UOMINI SI INCONTRANO. GRAZIE PER CIO’ CHE FATE

Un’altra pagina della Polifonica Valchiusella

Il maestro Streito chiedeva ai corsisti di ricambiare l’applauso del pubblico

(di Andrea Tiloca)

(continua dal numero precedente) – Il “Valchiusella”, come viene familiarmente chiamata la Corale,...

EDITORIALE

La scena inaspettata davanti ai nostri occhi è quella di un prete che, in maniera informale, ma...

FELETTO – Il Vescovo Mons. Daniele Salera presiede la S. Messa solenne dell’ Assunta 2025

(gabriella franzino – edy guglielmetti) – E’ durata 25 anni l’attesa per vedere esposta in mezzo alla chiesa parrocchiale la bella statua della Madonna Assunta in Cielo a Feletto Canavese.
E’ tradizione, infatti, che ogni 25 anni la statua tanto cara ai felettesi venga calata dalla sua nicchia nell’altar maggiore e lasciata alla venerazione dei parrocchiani. 
La statua dell’Assunta fu scolpita tra il 1709 ed il 1711; è in legno di rovere e misura, dal piedestallo al capo 242 cm, che diventano 253 cm se si prende come punto di riferimento il pollice della mano sinistra, cioè il punto più alto.
Ai piedi della Vergine, in una nuvola bianca, si trovano alcuni angioletti.
Da sempre questo giubileo della Vergine viene preparato con la partecipazione e l’aiuto di tanti parrocchiani che, in vario modo, con il lavoro, competenza, tempo, offerte e preghiere, rendono onore a Maria Santissima.

Culmine dei festeggiamenti è stata la celebrazione della S. Messa solenne di domenica 25 maggio presieduta da S.E.R. Monsignor Daniele Salera, concelebrata dal Vescovo Emerito di Pinerolo Monsignor Piergiorgio Debernardi, felettese doc e molto legato alla comunità e alla chiesa di Feletto, dal Parroco don Stefano Teisa, da don Roberto Provera prete cottolenghino, assistendo il diacono Giacomo Mareina; inoltre erano presenti le autorità comunali: il sindaco di Feletto signora Cristina Ferrero e il sindaco di Lombardore signor Rocco Barbetta, l’Amministrazione comunale e la rappresentanza della Polizia municipale, il comandante della stazione dei Carabinieri di Rivarolo Canavese luogotenente Alfonso Lombardo, numerosissime Associazioni felettesi con i loro gagliardetti e bandiere.

Il saluto del Vescovo che, in questo giorno speciale all’interno dell’Anno Giubilare, chiedeva per il popolo di Feletto la grazia della misericordia, è risuonato nell’ampia navata gremita di fedeli accorsi anche dai paesi vicini o di felettesi oggi non più residenti e lontani, che hanno voluto essere presenti per sentirsi ancora accolti dall’abbraccio materno di Maria.
Nel corso dell’omelia Monsignor Salera ha posto l’attenzione sullo Spirito Santo, su quel grande dono che Dio ha voluto fare per custodirci e proteggerci, per prenderci la mano quando siamo a terra, abbattuti, per sorreggerci quando umanamente le forze ci abbandonano, affinché noi crediamo fermamente, fiduciosi, di essere da Lui amati.

Al termine della Celebrazione la sacra effige della Madonna è stata portata in processione lungo le vie del

paese, addobbate per l’occasione, mentre le campane delle Cappelle lungo il tragitto suonavano al passaggio della Vergine e i

canti della Cantoria parrocchiale e le note della Banda cittadina accompagnavano la statua e i fedeli nel percorso.

Infine, al rientro in Chiesa per le ultime preghiere e la benedizione finale, il nostro Vescovo ci ha esortati a “rivolgersi

a Lei affinché interceda per noi presso la SS Trinità, quella protezione che , da solo, l’uomo non può procurarsi”.

L’intensa giornata è terminata con un momento conviviale presso il ristorante “I Templari” a Feletto.
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Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2025. Il messaggio di Papa Francesco

Cari fratelli e sorelle!
In questo nostro tempo segnato dalla disinformazione e dalla polarizzazione, dove pochi centri di potere controllano una massa di dati e di informazioni senza precedenti, mi rivolgo a voi nella consapevolezza di quanto sia necessario – oggi più che mai – il vostro lavoro di giornalisti e comunicatori. C’è bisogno del vostro impegno coraggioso nel mettere al centro della comunicazione la responsabilità personale e collettiva verso il prossimo.
Pensando al Giubileo che celebriamo quest’anno come un periodo di grazia in un tempo così travagliato, vorrei con questo mio Messaggio invitarvi ad essere comunicatori di speranza, incominciando da un rinnovamento del vostro lavoro e della vostra missione secondo lo spirito del Vangelo.
Disarmare la comunicazione
Troppo spesso oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. Ho già ribadito più volte la necessità di “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come – dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media – rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica.
C’è anche un altro fenomeno preoccupante: quello che potremmo definire della “dispersione programmata dell’attenzione” attraverso i sistemi digitali, che, profilandoci secondo le logiche del mercato, modificano la nostra percezione della realtà. Succede così che assistiamo, spesso impotenti, a una sorta di atomizzazione degli interessi, e questo finisce per minare le basi del nostro essere comunità, la capacità di lavorare insieme per un bene comune, di ascoltarci, di comprendere le ragioni dell’altro. Sembra allora che individuare un “nemico” contro cui scagliarsi verbalmente sia indispensabile per affermare sé stessi. E quando l’altro diventa “nemico”, quando si oscurano il suo volto e la sua dignità per schernirlo e deriderlo, viene meno anche la possibilità di generare speranza. Come ci ha insegnato don Tonino Bello, tutti i conflitti «trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti» [1]. Non possiamo arrenderci a questa logica.
Sperare, in realtà, non è affatto facile. Diceva Georges Bernanos che «sperano soltanto coloro che hanno avuto il coraggio di disperare delle illusioni e delle menzogne, nelle quali trovavano una sicurezza e che scambiavano falsamente per speranza. […] La speranza è un rischio che bisogna correre. È il rischio dei rischi» [2]. La speranza è una virtù nascosta, tenace e paziente. Tuttavia, per i cristiani sperare non è una scelta opzionale, ma una condizione imprescindibile. Come ricordava Benedetto XVI nell’Enciclica Spe salvi, la speranza non è passivo ottimismo ma, al contrario, una virtù “performativa”, capace cioè di cambiare la vita: «Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova» (n. 2).
Dare ragione con mitezza della speranza che è in noi
Nella Prima Lettera di Pietro (3,15-16) troviamo una sintesi mirabile in cui la speranza viene posta in connessione con la testimonianza e con la comunicazione cristiana: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto». Vorrei soffermarmi su tre messaggi che possiamo trarre da queste parole.
«Adorate il Signore, nei vostri cuori»: la speranza dei cristiani ha un volto, il volto del Signore risorto. La sua promessa di essere sempre con noi attraverso il dono dello Spirito Santo ci permette di sperare anche contro ogni speranza e di vedere le briciole di bene nascoste anche quando tutto sembra perduto.
Il secondo messaggio ci chiede di essere pronti a dare ragione della speranza che è in noi. È interessante notare che l’Apostolo invita a rendere conto della speranza «a chiunque vi domandi». I cristiani non sono anzitutto quelli che “parlano” di Dio, ma quelli che riverberano la bellezza del suo amore, un modo nuovo di vivere ogni cosa. È l’amore vissuto a suscitare la domanda ed esigere la risposta: perché vivete così? Perché siete così?
Nell’espressione di San Pietro troviamo, infine, un terzo messaggio: la risposta a questa domanda sia data «con dolcezza e rispetto». La comunicazione dei cristiani – ma direi anche la comunicazione in generale – dovrebbe essere intessuta di mitezza, di prossimità: lo stile dei compagni di strada, seguendo il più grande Comunicatore di tutti i tempi, Gesù di Nazaret, che lungo la strada dialogava con i due discepoli di Emmaus facendo ardere il loro cuore per come interpretava gli avvenimenti alla luce delle Scritture.
Sogno per questo una comunicazione che sappia renderci compagni di strada di tanti nostri fratelli e sorelle, per riaccendere in loro la speranza in un tempo così travagliato. Una comunicazione che sia capace di parlare al cuore, di suscitare non reazioni passionali di chiusura e rabbia, ma atteggiamenti di apertura e amicizia; capace di puntare sulla bellezza e sulla speranza anche nelle situazioni apparentemente più disperate; di generare impegno, empatia, interesse per gli altri. Una comunicazione che ci aiuti a «riconoscere la dignità di ogni essere umano e [a] prenderci cura insieme della nostra casa comune» (Lett. enc. Dilexit nos, 217).
Sogno una comunicazione che non venda illusioni o paure, ma sia in grado di dare ragioni per sperare. Martin Luther King ha detto: «Se posso aiutare qualcuno mentre vado avanti, se posso rallegrare qualcuno con una parola o una canzone… allora la mia vita non sarà stata vissuta invano» [3]. Per fare ciò dobbiamo guarire dalle “malattie” del protagonismo e dell’autoreferenzialità, evitare il rischio di parlarci addosso: il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda possa essere partecipe, possa essere vicino, possa ritrovare la parte migliore di sé stesso ed entrare con questi atteggiamenti nelle storie raccontate. Comunicare così aiuta a diventare “pellegrini di speranza”, come recita il motto del Giubileo.
Sperare insieme
La speranza è sempre un progetto comunitario. Pensiamo per un momento alla grandezza del messaggio di questo anno di grazia: siamo invitati tutti – davvero tutti! – a ricominciare, a permettere a Dio di risollevarci, a lasciare che ci abbracci e ci inondi di misericordia. Si intrecciano in tutto questo la dimensione personale e quella comunitaria. Ci si mette in viaggio insieme, si compie il pellegrinaggio con tanti fratelli e sorelle, si attraversa insieme la Porta Santa.
Il Giubileo ha molte implicazioni sociali. Pensiamo ad esempio al messaggio di misericordia e speranza per chi vive nelle carceri, o all’appello alla vicinanza e alla tenerezza verso chi soffre ed è ai margini.
Il Giubileo ci ricorda che quanti si fanno operatori di pace «saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). E così ci apre alla speranza, ci indica l’esigenza di una comunicazione attenta, mite, riflessiva, capace di indicare vie di dialogo. Vi incoraggio perciò a scoprire e raccontare le tante storie di bene nascoste fra le pieghe della cronaca; a imitare i cercatori d’oro, che setacciano instancabilmente la sabbia alla ricerca della minuscola pepita. È bello trovare questi semi di speranza e farli conoscere. Aiuta il mondo ad essere un po’ meno sordo al grido degli ultimi, un po’ meno indifferente, un po’ meno chiuso. Sappiate sempre scovare le scintille di bene che ci permettono di sperare. Questa comunicazione può aiutare a tessere la comunione, a farci sentire meno soli, a riscoprire l’importanza del camminare insieme.
Non dimenticare il cuore
Cari fratelli e sorelle, di fronte alle vertiginose conquiste della tecnica, vi invito ad avere cura del vostro cuore, cioè della vostra vita interiore. Che cosa significa questo? Vi lascio alcune tracce.
Essere miti e non dimenticare mai il volto dell’altro; parlare al cuore delle donne e degli uomini al servizio dei quali state svolgendo il vostro lavoro.
Non permettere che le reazioni istintive guidino la vostra comunicazione. Seminare sempre speranza, anche quando è difficile, anche quando costa, anche quando sembra non portare frutto.
Cercare di praticare una comunicazione che sappia risanare le ferite della nostra umanità.
Dare spazio alla fiducia del cuore che, come un fiore esile ma resistente, non soccombe alle intemperie della vita ma sboccia e cresce nei luoghi più impensati: nella speranza delle madri che ogni giorno pregano per rivedere i propri figli tornare dalle trincee di un conflitto; nella speranza dei padri che migrano tra mille rischi e peripezie in cerca di un futuro migliore; nella speranza dei bambini che riescono a giocare, sorridere e credere nella vita anche fra le macerie delle guerre e nelle strade povere delle favelas.
Essere testimoni e promotori di una comunicazione non ostile, che diffonda una cultura della cura, costruisca ponti e penetri nei muri visibili e invisibili del nostro tempo.
Raccontare storie intrise di speranza, avendo a cuore il nostro comune destino e scrivendo insieme la storia del nostro futuro.
Tutto ciò potete e possiamo farlo con la grazia di Dio, che il Giubileo ci aiuta a ricevere in abbondanza. Per questo prego e benedico ciascuno di voi e il vostro lavoro.
Roma, San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2025, memoria di San Francesco di Sales.
Francesco
[1] «La pace come ricerca del volto», in Omelie e scritti quaresimali, Molfetta 1994, 317.
[2] Georges Bernanos, La liberté, pour quoi faire?, Paris 1995, trad. it. “A che serve questa libertà”, in Lo spirito europeo e il mondo delle macchine, Milano 1972, 255-256.
[3] Sermone “The Drum Major Instinct”, 4 febbraio 1968.

“Il sangue dei martiri è il seme di nuovi cristiani” (di Filippo Ciantia)

Mentre sono in Uganda, mi raggiunge la notizia della uccisione di un sacerdote cattolico kenyota. Si tratta del secondo in una settimana.
Uno degli spettacoli più esaltanti in Uganda è la partecipazione popolare alla celebrazione della festa dei Martiri, il 3 giugno: i pellegrini arrivano da tutta l’Africa Orientale, dai Paesi dei Grandi Laghi, da tutta l’Uganda. Centinaia di migliaia di persone affolleranno tra pochi giorni Namugongo dove sorge il Santuario inaugurato da San Paolo VI e visitato da San Giovanni Paolo II e Papa Francesco.
La persecuzione ebbe luogo tra il novembre 1885 e il gennaio 1887: i primi missionari erano arrivati solo pochi anni prima, nel 1879. Il gruppo principale venne condannato a morte il 25 maggio del 1886, dalla Corte di Munyonyo sul lago Vittoria. Dopo la condanna essi percorsero una “via crucis” di 44 chilometri, fino a Namugongo. Nove furono uccisi lungo percorso. Pochissimi abiurarono, mentre i condannati si sostenevano a vicenda, cantando gioiosi perché avevano la grazia di testimoniare Cristo. I soldati intanto non cessavano di picchiarli e insultarli nel tentativo di terrorizzarli. Invano! Dopo una via crucis di 8 giorni, arrivarono a Namugongo. Qui il giorno della festa dell’Ascensione vennero bruciati vivi, protestanti e cattolici, uniti nel martirio ad alcuni pagani, probabilmente criminali condannati a morte. Quante analogie con la morte di Gesù!
33 anni dopo due giovani Acioli, Jildo e Daudi, diedero la vita per la stessa ragione, nel nord del Paese, a Paimol. Nel 1987 il Beato padre Giuseppe Ambrosoli sacrificò la sua vita per la sua fede e per prendersi cura dei poveri e degli ammalati.
La storia di questo Paese è colma di testimonianze gloriose. Da Joseph Kiwanuka, il politico cattolico, fondatore del Democratic Party, assassinato da Amin, a Francis Bakanibona di CL ucciso dai soldati durante la feroce repressione nel triangolo di Lwero, alle decine di catechisti trucidati dai ribelli di Alice Lakwena, Joseph Lokony e Joseph Kony per la loro fedeltà alla Chiesa nel nord Uganda, ai missionari comboniani che hanno dato la loro vita perché Cristo fosse presente in queste terre.
E oggi la chiesa ha il volto del popolo pellegrino al Santuario di Namugongo, ogni anno sempre più numeroso.

PAROLA DI DIO – “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”

At 1, 1-11
Dagli Atti degli Apostoli.
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
Sal 46
RIT: Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.
  RIT: Ascende il Signore tra canti di gioia.
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.
  RIT: Ascende il Signore tra canti di gioia.
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.
  RIT: Ascende il Signore tra canti di gioia.
Eb 9, 24-28; 10, 19-23
Dalla lettera agli Ebrei.
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.
Lc 24, 46-53
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
San Luca, nel libro degli Atti degli Apostoli (prima lettura), “prosegue” il racconto del suo primo scritto (Vangelo) e lo fa descrivendo la comunità cristiana, in particolare la chiesa di Gerusalemme, con aggettivi che non hanno bisogno di spiegazioni tanto sono chiari e “qualificanti” per la logica stessa della Chiesa.
Una vita “qualificata” dalle azioni: fraternità e comunione (Koinonia), celebrazione (Eucaristia e Leitourgia), carità e servizio fraterno (Diakonia), testimonianza e annuncio (Martyria).
Non da soli, “per mezzo dello Spirito”.
Ascensione al cielo di Gesù, dunque, fa rima con testimonianza dei cristiani.
Parola e vita “nello Spirito”.
La Parola “fatta carne”, torna nella Gloria, alla destra del Padre (seconda lettura), segno della “volontà del Padre”, ma non lascia “soli”, “lascia lo Spirito” che rende saldi nella missione.
Cristo si è offerto una volta sola, ha vinto il peccato e la morte attraverso la croce, ritornerà.
Nella Lettera agli ebrei compare l’annuncio che forse è l’augurio più bello per ogni cristiano: vere gemme di sapienza per una conoscenza del Signore attraverso la sua Parola.
Parola e vita.
“E mi sarete testimoni” “e” nel senso consecutivo-finale: “per essermi testimoni”.
Universalità che va “oltre” l’aspetto geografico.
Mentre nel vangelo lucano Gesù è “soggetto attivo” dell’ascensione: Egli “si staccò da loro” (Lc 24,51), nel libro degli Atti, l’autore sottolinea: “fu elevato”, “una nube lo prese”, sottolineando la presenza del Padre.
Quella “nube, come nella logica vetero-testamentaria, è segno e simbolo della Presenza di Dio.
Quegli “occhi al cielo” che parlano di “attesa”.
Quegli “occhi che fissano il cielo” che diventano parole e vita.
Testimonianza.
Non si “fermano” a guardare il cielo, tornano a Gerusalemme, subito, per testimoniare e in quella sollecitudine pregano e lodano Dio.
Una comunità che loda e prega, una chiesa che celebra, una chiesa che cammina con sollecitudine.
Con gioia.
La gioia della Risurrezione.
L’episodio dell’ Ascensione è il racconto “esclusivo” di san Luca (per ben due volte: al termine del suo Vangelo e all’inizio del libro degli Atti).
Non importa se i racconti sono “diversi” (non dimentichiamo la simbologia biblica del numero 40), ciò che è importante è quella sequenza: croce, tomba, risurrezione, ascensione.
Anapherein (salire, forse meglio: “portato su”) verbo di azione progressiva, qui al passivo (unica volta nel N.T.).
Un “nuovo divenire”… il “distacco” che apre nuove strade…uomini rinnovati e “ri-creati”, “ri-generati” che diventano testimoni: credenti e credibili.
“Da Gerusalemme… fino agli estremi confini della terra”…
Uomini in cammino.
Testimoni” camminanti”, in-camminati.
Testimoni di quella assenza-Presenza.
Comunione e missione.
 
E quella benedizione: “alzate le mani, li benedisse”; meravigliosa immagine che rimane in quegli occhi alzati al cielo.
Un Dio glorioso e benedicente.
 
La benedizione, come quel gesto dell’ “origine” da parte di Dio.
La benedizione che è speranza, che è “nuovo inizio”, che è “contemplazione” di quella bellezza che si riflette nel mondo e nella vita.
E in questa benedizione possiamo scorgere il termine della celebrazione eucaristica e l’”andate”.
Benedizione come mandato alla Chiesa.
Vita del cristiano e vita della Chiesa.
Ascesa di Gesù e missione degli apostoli, dei cristiani, della Chiesa.
Gesù “lascia” le indicazioni: “Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso”.
“Così sta scritto”, (dal greco houtos (così) è il contenuto).
Solo questo è necessario.
La “centralità” di Cristo.
Morte e Risurrezione: centro e fulcro.
Speranza.
“Di questo sarete testimoni”.
Siamo ancora testimoni di questo?
Conversione, testimonianza, missione.
“Sta scritto”, già nel racconto del cammino di quei due discepoli da Gerusalemme a Emmaus accompagnati da quel “forestiero” che “spiega loro le scritture”.
Mosè, i profeti…
Il Cristo Risorto…
L’originalità del messaggio cristiano: la comprensione delle Scritture che parte da quella predicazione di quella Chiesa a Gerusalemme.
Due “ritorni” da Betania e da Emmaus, di corsa, perché l’annuncio non si può “trattenere”.
Da Gerusalemme parte l’annuncio.
“Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture” (Lc 24,45).
Ascolto della Parola: è l’invito che ci rivolge l’evangelista Luca.
Invito per noi, che conosciamo Gesù attraverso le scritture.
Incontro con il Cristo.
Parola e Pane.
“Io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso”.
Il Risorto dona lo Spirito.
Promessa benedizione: impegno  della Chiesa nella missione nella storia per testimoniare la Presenza di Cristo Risorto e l’ attesa della sua venuta gloriosa.
Testimonianza e attesa: le parole dell’ Ascensione che sono garanzia di promessa e benedizione.
“Separazione” che è gioiosa nell’attesa…
Tempo.
Passato, presente e futuro.
Memoria ed attesa.
Futuro che è presenza; missione della Chiesa e di ogni singolo cristiano: annuncio del Regno attraverso la conversione, salvezza con la vita in Cristo.
L’ “andare” di Gesù al cielo è l’ “avvio” della missione, il nostro “stare” come cristiani, come gli apostoli impegnati nell’annuncio e nella missione.
“Teofilo”.
Ama Dio, ma soprattutto è “amato”.
Siamo “Teofili”, cristiani, uomini e donne amati perché chiamati a rispondere al suo Amore, a diffondere il suo Amore, a testimoniare la sua vita d’Amore.
L’Amore più forte della morte.
Chiesa che ama e annuncia, fondata e radicata su Cristo, quel “principio” nuovo.
Un nuovo “bereshit”, quella parola Incarnata, che noi spesso abbiamo “incartato”, “impacchettato”, “tenuta per noi”…
Solo conoscendo il Vangelo possiamo conoscere Dio in Cristo.

Tutti siamo “rivestiti” dello Spirito Santo per evangelizzare il mondo – Commento al Vangelo di domenica 1° giugno 2025 (di don Renzo Gamerro)

Immagine tratta da Pixabay
Festa dell’Ascensione: appena nominiamo questo evento, immaginiamo la scena di addio sul Monte di Betania. Gesù elevato in alto, i piedi che sfiorano l’erba del monte, le braccia allargate in un ampio abbraccio verso l’alto, il volto ancora rivolto ai suoi che lascia, una nube luminosa che lo avvolge, un ultimo gesto di benedizione, le ultime parole di addio: “Predicate la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Sarete rivestiti di Spirito Santo che dall’alto il Padre vi manderà”.
Ancora in scena (secondo il racconto d’esordio degli Atti degli Apostoli proposto nella prima lettura), due uomini in bianche vesti osservano gli apostoli che guardano il cielo e dicono loro: “Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo? Questo Gesù tornerà Signore del cielo e della terra. Voi, suoi testimoni, andate per le vie del mondo. Vostro compito è questo viaggio-compito in terra: custodire il mondo, avviarlo a compimento, inondarlo di misericordia, di perdono e bellezza!”
E da quel giorno la testimonianza coinvolge, nei secoli, i battezzati e tutti gli uomini che si rivolgono e cercano Dio.
La festa dell’Ascensione si apre come festa di missione. Gesù Cristo e il Padre Celeste guardano e agiscono dall’alto. Lo Spirito irrompe in ogni dove e sprigiona luce e vita, in ogni libera sembianza reale e visibile. Dio-Spirito e uomo sono attori sul palcoscenico della storia dell’universo.
Personalmente mi sento investito e impegnato in questo viaggio-compito: evangelizzare il mondo.
A noi, oggi e domani, il Vangelo affidato da credere e diffondere, come chicchi di semenza da spargere nel grande campo di umanità e di eventi pronti ad accogliere, fermentare e fare sbocciare: una semina di fermenti divini e umani.
Diceva Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Sii richiamando le parole del Patriarca Bartolomeo: “Noi cristiani siamo chiamati ad accettare il mondo come sacramento di comunione, passando dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, imparando a dare e non semplicemente a rinunciare, liberi dalla paura, dall’avidità e dalla dipendenza, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale. È nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino, anche nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio; persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta”. E ancora: “la sfida urgente è di proteggere la nostra casa comune: comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, perché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona”.
E sappiamo che Padre, Figlio e Spirito abitano la nostra casa comune.
Lc 24,46-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono
dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

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