La tragedia dell’Emilia Romagna cambia lo scenario della politica: il sostegno alle popolazioni colpite dal disastro, la ricostruzione, l’avvio (finalmente) di una politica per il risanamento ambientale divengono una priorità; governo e opposizione sono chiamati a nuove scelte. Il Presidente della CEI, cardinal Zuppi, ha invocato “uno spirito costituente” e auspicato (come Mattarella) un clima di “solidarietà nazionale”: le forze politiche sapranno fare un salto di qualità? Ora il Governo ha stanziato i primi due miliardi: una cifra consistente, apprezzata dal Governatore Bonaccini. Ma le esigenze sono molto maggiori: altri 3-4 miliardi per i danni immediati, molti altri per la rinascita del territorio (come per un terremoto). C’è poi la priorità assoluta in tutto il Paese: gli investimenti per la difesa dai disastri idro-geologici.

Sarà necessaria una modifica al piano di Riforme annunciato dopo il voto, perché le risorse del Paese non sono illimitate e Bruxelles e la BCE ci osservano. Prima dell’alluvione, in due note separate, l’Ufficio tecnico del Senato e la Banca d’Italia avevano messo in guardia dalle spese necessarie per la riforma Calderoli dell’autonomia regionale “differenziata” e per l’introduzione del regime fiscale della flat-tax: in entrambi i casi sono necessarie decine e decine di miliardi, per evitare il crollo del Sud nel progetto Calderoli e per coprire il nuovo disavanzo pubblico causato dal minore gettito della flat-tax. Queste proposte sono caldeggiate dalla Lega, mentre vedono “tiepida” la Meloni: già il Governatore leghista del Veneto, Zaia, ha minacciato la crisi di governo in caso di inadempienza.

Ma l’emergenza alluvione rende inevitabile un qualche “sacrificio”. Si preannuncia quindi un duro conflitto all’interno della coalizione di destra-centro, già scossa dai dissidi sui fondi europei (PNRR): il ministro Fitto (FdI), convinto dell’impossibilità di mantenere le scadenze operative entro il 2026, ha proposto di dirottare parte dei finanziamenti sulle aziende di Stato, rinunciando a infrastrutture dai tempi lunghi; Salvini (trasporti) non intende invece perdere alcun contributo: intanto Bruxelles ritarda la terza rata di aiuti all’Italia, in attesa di un chiarimento politico. I tempi delle scelte incombono: sia per le popolazioni romagnole, sia per il futuro della nostra presenza in Europa.

Se la Meloni deve superare il braccio di ferro con Salvini, all’opposizione la Schlein deve chiarire il dissenso interno con Bonaccini: il Governatore emiliano ha elogiato il Governo per gli aiuti alla sua Regione, il Pd e i 5Stelle sono critici su tutto, su una linea di rigorosa alternativa (anche perché Conte e la Schlein si contendono il primato a sinistra). Emblematica la vicenda del Salone del Libro di Torino: la segretaria dem ha “coperto” politicamente la contestazione alla ministra Roccella, impedita di parlare, mentre il sindaco Lo Russo (area Bonaccini) l’ha invitata a tornare a Torino. Più disponibili verso il Governo Azione e Italia Viva; nonostante la frattura Calenda-Renzi, vivono come “separati in casa”, ma non possono rompere definitivamente perché alle Europee devono superare il tetto del 5%, pena l’irrilevanza politica.

La scelta sulle riforme chiama tutte le forze politiche a una doverosa responsabilità verso il Paese, senza diritti di veto. In tempi difficili, nel dopoguerra dello scontro est-ovest, De Gasperi e Togliatti, pur acerrimi competitori, seppero trovare un’intesa adeguata per varare la Costituzione repubblicana. Oggi, in condizioni diverse, la “tutela del creato” pone impegni non meno rilevanti per la difesa delle popolazioni, con una nuova priorità sul terreno istituzionale (tra l’altro tutti i sondaggi confermano che due italiani su tre sono favorevoli all’attuale ruolo del Capo dello Stato, smentendo “de facto” sia il presidenzialismo sia il premierato elettivo, con il conseguente ridimensionamento della legge regionale per il Nord).

Dal voto politico ad oggi i partiti hanno insistito sulle “identità” e sulle contrapposizioni, mettendo in soffitta la linea della “solidarietà nazionale” dei tempi di Draghi (e Mattarella); la guerra della Russia contro l’Ucraina ha ulteriormente accentuato le distanze. Il clima di scontro continuo è una delle cause della crescente disaffezione dalle urne, perché la popolazione attende un confronto costruttivo sulle grandi scelte, non le baruffe quotidiane.

La maggioranza dev’essere consapevole delle responsabilità verso tutto il Paese, non solo verso i suoi elettori (46%); l’opposizione non può credere nel “tanto peggio tanto meglio”, ma nella ripresa civile delle popolazioni sofferenti.