Nicolas (Bolivia), Tylah (Nuova Zelanda), Kong (Tailandia), Kacey (Usa) sono in Canavese dallo scorso settembre grazie a un programma di studio Intercultura, Sonja (Austria) ed Amy (Paraguay) da gennaio. Sono adolescenti, pieni di desideri ma allo stesso tempo abbastanza maturi da trascorrere un anno, o sei mesi, in una nuova casa, con una nuova famiglia, in una nuova scuola, facendo i conti con aspettative e timori che contribuiranno a farli crescere.
I ragazzi, accompagnati da un paio di volontarie dell’associazione, hanno fatto visita, portando con sè il loro bagaglio di giovani esperienze, al Gruppo della Terza Età della Parrocchia del Sacro Cuore, dove hanno trovato un uditorio attento e partecipativo.
La canzone “Amici miei”, che ha dato il benvenuto, ha fatto da collante tra le due generazioni. Poi i racconti. Si è scoperto, grazie a Nicolas, che in Bolivia ci sono più di 30 lingue ufficiali diverse; e che qui gli piace stare, ma allo stesso tempo ha rivalutato molto la sua famiglia naturale, che gli ha permesso di fare questa esperienza “… e di imparare, oltre a una nuova cultura, anche una nuova lingua…”.
Si è parlato del senso che ha la parola “casa”. Tylah ha descritto la casa come “… un posto dove si formano i ricordi… un posto speciale perché non è solo mio, ma è un luogo dove posso scegliere a chi consentire di entrare, e dove essere me stesso. La mia casa in Nuova Zelanda mi ha portato ad essere la persona che sono, la mia casa in Italia mi sta modificando e mi farà diventare la persona che sarò” . Amy, semplicemente, ha detto che “… la casa è un luogo dove dopo una lunga giornata arrivi e ti senti bene, non fa differenza se è la casa della tua vita o per un mese o per un anno… è il posto dove ci sono le persone che ti vogliono bene”.
Kacey ci ha parlato della fatica che prova nell’andare a scuola, nello star dietro ai discorsi veloci dei suoi amici, di come sia preoccupata per il futuro: “ma quando torno nella mia casa italiana, mi rilasso e mi sento libera”. Ci ha raccontato dei viaggi che fa per andare a trovare le nonne che vivono in Messico, mentre lei e la sua famiglia stanno in California, a Los Angeles.
Sonja, sfogliando un calendario, ha riportato alla memoria di parecchie signore presenti l’Austria, che si conosce per la sua storia passata e il suo impero, i suoi castelli e palazzi, le sue chiese barocche.
Kong ci ha fatto sorridere recitando le 169 lettere, in rapida successione, che compongono il nome cerimoniale della capitale del suo stato, cioè Bangkok. Ha poi raccontato che una delle sue nonne vive con la sua famiglia.
Molto attenti alle sfumature questi ragazzi, che in modo semplice e lineare hanno portato tutti a riflettere, partendo dalla loro semplice esperienza di vita qui in Italia. Inutile dire che a tutti indistintamente è piaciuto il Carnevale, che hanno vissuto dall’inizio alla fine, in alcuni casi anche dietro le quinte, inseriti, come ormai avviene ogni anno da tempo, nella squadra dei Credendari – alla quale i volontari hanno rivolto un sentito ringraziamento.
Un bel pomeriggio, quello trascorso insieme ai “diversamente giovani” (definizione loro) del Sacro Cuore, che ha offerto ai ragazzi di un altro tassello della nostra cultura: nei loro Paesi non avevano avuto l’occasione di trascorrere del tempo con degli anziani che non fossero parenti o conoscenti. E’ piaciuta molto l’idea di un gruppo di persone di questa età che cerchi momenti di condivisione e aggregazione, lasciandosi alle spalle la televisione.
Il bigliettino ricordo dato ai ragazzi così recita: “A noi nonni commuove sempre vedere un ragazzo lasciare le proprie sicurezze per immergersi in un’altra realtà“. E segue un augurio: “che questo periodo ti arricchisca culturalmente, ma soprattutto umanamente, così che il mondo sia più aperto all’accoglienza ed al rispetto della diversità”.