(Graziella Cortese)
In questo film Woody Allen è europeo. La pellicola che segna il ritorno del grande regista dietro alla cinepresa, nel nostro Paese è giunta in ritardo a causa dell’emergenza sanitaria, mentre in patria non ha avuto diffusione a causa dei problemi giudiziari di Allen e delle polemiche nate con il movimento Me Too. Ma il cinema del vecchio continente e alcuni luoghi nostalgici offrono al maestro molte suggestioni per raccontare una nuova storia. A cominciare da San Sebastiàn, nei Paesi Baschi in Spagna, località affacciata sull’Oceano dove si svolge la vicenda di Mort Rifkin.
Mort, come dice il suo nome, è piuttosto depresso, mortalmente annoiato. È un professore in pensione che, in fase di stallo creativo (non riesce a dedicarsi al suo primo romanzo), decide di accompagnare la moglie Sue al festival cinematografico di San Sebastiàn.
Sue è addetta stampa nella manifestazione e sta seguendo come press agent il regista esordiente Philippe, fascinoso e pieno di sé: Rifkin non lo sopporta e teme che la moglie si stia innamorando di lui. Non trova per niente interessante il suo umorismo… e il suo malumore e una mai sopita ipocondria lo fanno avvicinare alla dottoressa Jo Rojas. La donna sta conducendo ella stessa un matrimonio tumultoso, e lei e Mort finiscono col trovare interessi comuni, oltre ad alcuni sensi di colpa che credevano dimenticati.
Intrighi, conversazioni brillanti, rapporti di coppia complicati: ci sono tutti gli ingredienti per rendere piacevole una pellicola agrodolce nel puro stile del regista americano, con l’aggiunta di importanti citazioni da capolavori cinematografici come “Il Settimo Sigillo” e “Il posto delle fragole” di Ingmar Bergman o “Quarto Potere” di Orson Welles. Senza dimenticare la limpida fotografia di Vittorio Storaro.
“Nei film serve che le cose vadano male” ha detto Allen. Ma non necessariamente nella vita.