I concetti di economia circolare, lotta allo spreco, sviluppo sostenibile, sono ormai sufficientemente chiari per tutti, come la consapevolezza che le materie prime non sono inesauribili, che il rispetto per l’ambiente passa anche per l’accortezza nella gestione dei rifiuti e che questi ultimi vanno ridotti sia per la salvaguardia dei territori sia per la riduzione dei costi dello smaltimento. Tutto ciò ha portato al diffondersi di azioni virtuose di riciclo e di riuso.

Da alcuni anni, al riciclo e al riuso si sta affiancando la “riparazione”, cioè la rimessa in funzione di quelle piccole cose che abbiamo in casa e che, per un motivo o per un altro, non funzionano più o necessitano di qualche modifica; un capo d’abbigliamento, per esempio. Riparare oggi trova una nuova collocazione, una nuova veste e una nuova dignità. Dall’intuizione della signora Postman, in Olanda nel 2009, si sono diffusi, in tutto il mondo, Italia compresa, i “Repair cafè”: si tratta di luoghi in cui, volontari capaci di riparare piccoli oggetti, mettono a disposizione di altri le loro competenze per ripristinare quanto di uso comune, aumentandone la durata di utilizzo.

Nell’ottica dell’economia circolare, la riparazione non è fine a se stessa. La persona che ha portato l’oggetto a riparare prende parte al processo di riparazione, apprendendo la causa del guasto ed il modo in cui questo può essere aggiustato. Riparare al posto di sostituire, ma riparare anche come possibilità di restituire all’altro una competenza o di generarne una nuova.

Nelle officine, nelle falegnamerie o intorno ad un “Repair cafè” si ritrovano giovani e anziani, si mescolano le competenze, si apprende reciprocamente. La riparazione diventa socializzazione, possibilità di incontro e di scambio; genera orgoglio e benessere in chi la offre ed in chi la riceve, non toglie nulla alle competenze specifiche di tecnici specializzati che continueranno ad occuparsi di attività più complesse e non rallenterà le produzioni perché ci saranno sempre tanti oggetti non riparabili.

La riparazione, gratuita, è ad opera di volontari, artigiani o appassionati del fai da te e, attraverso le donazioni, che sono ben accolte a riconoscimento dell’intervento fatto, si coprono le spese vive di gestione o l’acquisto di ciò che è utile per garantire altre riparazioni.

Torino, nel 2019, ha dato ospitalità al movimento dei riparatori fixer, nella manifestazione “Maker Faire” e nel tempo sono cresciuti diversi gruppi, quello dei restartes di Torino, l’impegno degli studenti dell’Engim Artigianelli, il “Repair Cafè“ di Chieri, il gruppo di Grugliasco. La comunità dei restartes è ampia e sempre felice di accogliere nuove risorse. Nella piattaforma repaircafe.org si trovano le info necessarie.

Il fenomeno è indice di un positivo cambio di rotta per contrastare lo spreco e l’inquinamento derivante dallo smaltimento dei rifiuti che invece potrebbero avere ancora un discreto valore. Questo cambio di mentalità di può concretizzare in tante piccole azioni: i “repair cafè” sono una di queste.