Il progetto “Centro S.O.S. – Sostegno Orfani Speciali”, presentato ieri all’Auditorium della Città Metropolitana di Torino, ha come obiettivo quello di garantire accoglienza e ascolto agli orfani di femminicidio e alle loro famiglie affidatarie.

Il progetto coinvolge, oltre il Piemonte, anche la Liguria e la Valle d’Aosta e a Torino, in via Nota 5, metterà a disposizione per 3 ore al giorno, dal lunedì al venerdì, una presa in carico competente e tempestiva di tutti quei bambini e ragazzi (dalla nascita ai 21 anni) orfani e orfane di femminicidio. All’interno del servizio si potrà ottenere assistenza medica e legale, sostegno psico-sociale e allo studio, accompagnamento all’inserimento lavorativo. L’équipe multidisciplinare agirà in collaborazione con le figure istituzionali competenti (procure, tribunali, assistenti sociali, servizi sociali).

L’approfondimento intorno al tema della violenza sulle donne ha fatto emergere forme di violenza più nascoste come il dramma di chi rimane: degli orfani, appunto, che perdendo uno dei genitori per mano dell’altro, vedono non solo disgregarsi ogni minimo supporto familiare ma anche spazzato via in un colpo il concetto di famiglia come luogo di protezione e di cura.

Gli orfani di femminicidio sono definiti speciali, perché “speciale” è la loro relazione sia con la vittima che con l’assassino (il padre, nella maggior parte dei casi). E sono “speciali” anche le conseguenze che un trauma come questo possono impattare nella vita dell’orfano.

Nel corso degli anni, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istat, Osservatori e Università, pubblicano regolarmente dati e rapporti che sembrano non scalfire il problema del femminicidio. L’arrivo del codice rosso, la sensibilizzazione dei medici di Pronto Soccorso per il riconoscimento dei segni della violenza e l’avvio della vittima verso un contesto di denuncia prima e poi di sostegno economico, psicologico e sociale, sebbene abbia garantito una maggiore sensibilità sul tema della violenza contro le donne, fatica a modificare una realtà che mostra dati sempre allarmanti. Sul sito femminicidioitalia.info leggiamo che dall’inizio dell’anno al 14 novembre sono state ben 47 le vittime di femminicidio.

Il sostegno alla donna che rischia di essere vittima di femminicidio va offerto anche a protezione dei suoi bambini, che si ritroverebbero orfani due volte. Il contesto degli orfani speciali è solo all’apparenza un fenomeno nuovo. Intorno alle vittime di femminicidio e alle loro famiglie, esistono lodevoli interventi ma spesso frammentati che amplificano il senso di abbandono e di solitudine da parte di chi ne è coinvolto. Se l’impatto della morte, per di più violenta, di un genitore è sempre devastante, quando a commettere il delitto è l’altro genitore il trauma assume dimensioni tali da invadere la vita degli orfani, ripercuotendosi gravemente su tutta la loro esistenza.

Un bambino che cresce in una famiglia in cui è presente violenza domestica subisce già una serie di traumi legati alla consapevolezza, alla vista, all’impotenza di quanto accade all’interno delle mura domestiche; e può capitare che i bambini stessi siano vittime della furia rabbiosa del genitore femminicida. I traumi, in tutti questi casi, non fanno che sommarsi.

Gli orfani hanno ricordi molto vividi degli eventi che si sono susseguiti e che hanno portato alla morte della madre, se presenti, e queste memorie traumatiche sono spesso intrusive, riaffiorano in momenti diversi della vita del bambino – a scuola, per esempio, o in altro qualsiasi momento della vita – e può capitare che si induca un meccanismo di autodifesa col quale i bambini cerchino, attraverso rituali ossessivi, di mettere in atto comportamenti di controllo per non essere sopraffatti dagli eventi. Spesso sono bambini che si trovano privati anche degli affetti dei familiari più stretti, perché le famiglie della madre e del padre sono a loro volta coinvolte in un dramma a cui serve il tempo per elaborare il lutto della perdita e non sempre, almeno nelle fasi iniziali della tragedia, risultano essere il contesto migliore in cui gli orfani possono essere accolti.

Questi elementi di tipo psicosociale sono solo alcuni tra quelli con cui un orfano speciale si trova a fare i conti. Le conseguenze sull’orfano sono spesso anche di tipo legale. Se il genitore che ha commesso l’omicidio è in vita, tecnicamente i suoi figli non sono orfani, ma sicuramente sono bisognosi di protezione a tutti i livelli, come sostiene Carla Gallatti, Presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste e Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza.

La specificità di questo contesto richiede competenze solo in parte già acquisite; c’è bisogno che tutte le istituzioni e le persone che ruotano intorno al bambino e al giovane siano sensibili e capaci di ascoltare i drammi e le tragedie di chi fatica ad esprimersi per vergogna o perché sente su di sé il peso di una storia familiare che è dolorosa per chiunque gli si avvicini.