(Susanna Porrino)

Lo scetticismo e le critiche che hanno accompagnato tutto lo sviluppo della pandemia di Covid 19 (dalla sua diffusione fino all’introduzione dei vaccini sviluppati per contrastarla), un po’ come molti degli atteggiamenti con cui la ricerca scientifica da diversi anni deve fare i conti, mostrano una tendenza crescente (anche se non ancora dominante) ad abbandonare quel senso di fiducia nell’infallibilità della scienza che ne aveva permesso una così ampia crescita negli ultimi decenni, col progressivo ottenimento di maggiore accoglienza e credibilità di fronte alle ideologie che ne contrastavano talora gli sviluppi, arrivando alcuni casi a sostituirvisi gradualmente nel ruolo di guida e custode della collettività. Le critiche a questa tendenza dovrebbero spingere ad interrogarsi sui motivi per cui, in un’epoca in cui il bisogno di razionalità è così radicalmente sentito, sia proprio la fiducia nella scienza a venire meno.

L’ignoranza o la mancanza di conoscenze adeguate, che un tempo era alla base del rifiuto delle scoperte scientifiche, difficilmente può continuare a essere identificata – in un’epoca scolarizzata come quella in cui viviamo – come la causa principale dello scetticismo che vediamo diffondersi. Piuttosto, è più semplice pensare che sia proprio l’impressione di poter conoscere sufficientemente ogni cosa a rendere ogni opinione, anche la più infondata, apparentemente degna di credibilità.

Il web, se da un lato fornisce gli strumenti per aprirsi a visioni e prospettive diverse, dall’altro rende estremamente semplice persistere nelle proprie posizioni. Il rifiuto di ogni dogma e principio autoritario pervade di relativismo ogni teoria e dichiarazione, spesso peraltro nascoste dietro nomi o titoli celebri che sembrano mettere a tacere qualunque possibilità di contrasto.

Il paradosso in cui viviamo come società ha generato un senso costante di bisogno di protezione di sé da un mondo esterno che esercita la propria influenza su di noi soprattutto attraverso la finzione dei vari mondi virtuali. L’ansia e l’inquietudine di sottofondo che animava i romanzi distopici quali 1984 e Fahrenheit 451 si concretizza nel nostro presente nella percezione che ogni aspetto della realtà debba essere interpretato e riorganizzato nella distinzione tra menzogna e realtà, distinzione spesso così labile e difficile da individuare da generare visioni del mondo distorte e infondate: la sfiducia nella scienza, la ricerca ossessiva di inganni e complotti, sono tutti sintomi di una società che sente di non avere più gli strumenti per controllare la verità e distinguerla da ciò che è falso.

A ciò si aggiunga il fatto che nell’uomo esiste un istinto innato di auto-protezione che viene particolarmente stimolato dal confronto con la scienza: il fatto che essa rappresenti un universo in gran parte inesplorato da chi non la studia quotidianamente può innescare un senso di fiducia approdando spesso a conclusioni affrettate e superficiali, e il suo ritorno come protagonista in dibattiti di natura etico – morale dimostra chiaramente il bisogno di applicare restrizioni ad una realtà che, proprio perché sempre più priva di limiti, diminuisce la percezione delle capacità di controllo da parte dell’uomo e la rende una dimensione potenzialmente in grado di danneggiarlo.

II problema non è educare le nuove generazioni ad informarsi; esse sanno già muoversi sul web per ricercare le informazioni e i consensi di cui hanno bisogno, e sono sufficientemente allenatea comprendere il modo in cui l’espressione può essere limitata e controllata.

Piuttosto, sarebbe necessario rieducare i più giovani al bisogno di affidarsi alla riflessione di chi comprende e vede con più chiarezza le questioni su cui ci si sta interrogando: illudere l’uomo della possibilità di conoscere e comprendere ogni cosa anche con i pochi strumenti di cui può disporre in settori che non gli competono significa trasmettergli un’immagine di sé superiore alle proprie capacità Il trasferimento della fiducia dalle entità divine alla scienza al giudizio individuale mostrano un uomo che, in qualunque epoca, sente il bisogno di rifugiarsi in alcune certezze; la questione è ristabilire quali siano in ogni settore le fonti più affidabili in cui ricercarle.