(Mario Berardi)

La classe politica di maggioranza e opposizione rischia di impantanarsi sui 209 miliardi concessi finalmente dall’Unione Europea.

Il premier Conte, cui va riconosciuto l’ottimo risultato ottenuto a Bruxelles, ha avocato a Palazzo Chigi la guida dell’intera operazione del Recovery fund, con un obiettivo “scavalco” del ruolo del Governo e del Parlamento. Matteo Renzi, sempre critico, ha colto l’occasione per sferrare un attacco frontale al presidente del Consiglio, minacciando la crisi con toni da “acerrimo nemico”; Grillini e Pd, dapprima freddi con Palazzo Chigi, hanno successivamente colto i rischi, anche internazionali, della dissociazione di Italia Viva, e hanno ribadito il sostegno a Conte e alla sua scelta di avviare una verifica complessiva dell’azione dell’Esecutivo.

Anche l’opposizione, con la sola eccezione della Meloni (sempre orientata sulla richiesta di nuove elezioni), ha dato segni di sbandamento. Salvini in pochi giorni ha cambiato tre posizioni: elezioni anticipate, “governissimo”, esecutivo del destra-centro con Renzi e i dissenzienti pentastellati; Berlusconi ha alternato le aperture ai giallo-rossi e la dura opposizione al fianco della Lega.
In realtà tutte le forze politiche sono interessate alla gestione del piano di ricostruzione: questo è legittimo ma l’intera operazione va gestita nella logica delle esigenze generali del Paese, senza spinte clientelari e con precise e motivate priorità.

Appare ad esempio eccessiva la proposta (di matrice grillina) di stanziare 45 miliardi per la digitalizzazione pubblica e privata, mentre alla Sanità vanno appena 9 miliardi e a Scuola e Formazione 19; inoltre appare essenziale il coinvolgimento delle forze sociali ed economiche, avendo il lavoro come obiettivo ineludibile di fronte alla crescita della disoccupazione per gli effetti della pandemia.

Dalla “verifica” dovrebbe giungere una proposta aperta, da discutere senza i veti in Parlamento e nella società, nella consapevolezza che i miliardi europei sono un aiuto senza precedenti, superiore allo stesso Piano Marshall che determinò la ricostruzione dal dopoguerra.

I partiti devono essere consapevoli del loro essenziale ruolo costituzionale ma anche dei loro limiti, persino quello di rappresentanza elettorale. Renzi non può bloccare il Paese con il 3% dei consensi; Conte – M5S – Pd – Leu debbono ricordarsi che nel voto al Senato sul Mes la maggioranza non ha ottenuto l’autonomia (161 voti) per il dissenso dei grillini legati a Di Battista, nonostante l’aiuto dei centristi del Gruppo Misto, dei senatori dell’Autonomia e l’assenza di alcuni berlusconiani.

D’altra parte anche la proposta Salvini di una maggioranza con Renzi non avrebbe i voti per l’opposizione della Meloni e il rifiuto annunciato dalla Boschi, capogruppo di Italia Viva alla Camera. Il voto anticipato, impossibile in questi mesi di pandemia, potrebbe avvenire all’inizio dell’estate, prima del “semestre bianco” che scatta ad agosto. Ma il Paese potrebbe stare fermo per un intero semestre, con l’emergenza sanitaria e quella sociale? Reggerebbero le istituzioni democratiche a una crisi così grave?

Per questo è auspicabile un forte recupero del senso di responsabilità, usando questo tempo eccezionale per una riforma “giusta” del fisco, nella lotta alle diseguaglianze, varando una riforma elettorale proporzionale che tenga conto del pluralismo dei partiti (nessuno egemone), rafforzando la nostra presenza in Europa e in Occidente, dopo il tramonto del nazionalismo di Trump.

Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha dichiarato che a Bruxelles fa paura l’idea di una crisi politica in Italia, mentre è ancora aperto il conflitto con la Gran Bretagna di Johnson. Sarebbe un problema anche una soluzione provvisoria, alla giornata, perché il Paese esige una guida salda e duratura.

L’opinione pubblica dà segnali aperti di insoddisfazione; un sondaggio de La7 sui protagonisti della vicenda sanitaria segna una svolta in negativo, con un solo salvato (il presidente del Veneto Zaia) e un’insufficienza dal Governo ai Governatori regionali. È quindi auspicabile che dalla verifica emerga un cambiamento in positivo, con la priorità alle cose da fare e un minor spazio alle lotte di palazzo. È in gioco la credibilità dell’intera classe politica e il futuro democratico del sistema-Paese.