(di carlo maria zorzi) Con l’intervento chiaro e preciso di don Luca Pastore sulla sua pagina Facebook si chiude la vicenda legata al suo trasferimento da Spineto dove, da cinque anni, guidava quella comunità insieme ad altre -che invece mantiene – della Val Soana. Inoltre il vescovo gli ha chiesto di far parte della Cappellania dell’Ospedale di Ivrea, incarico pastorale di rilevante importanza.

Si chiude una storia che ha tutto di un normale avvicendamento che avviene in una diocesi (così come avviene negli uffici, nei luoghi di lavoro e in tanti settori della società) ancor più se condiviso e concordato, come è stato il caso per don Luca Pastore. Il vescovo ha una visione d’insieme dei bisogni della diocesi, i vicari e gli altri sacerdoti sono sul territorio e insieme decidono per il bene della comunità. Nulla di strano, nulla di inconsueto da che mondo è mondo.

Chiaro, che ogni avvicendamento e ogni cambiamento provocano quel sano dispiacere, tutto umano, che come tale deve rimanere dentro ai canoni della comprensione delle ragioni, mai deve essere strumentalizzato, mai usato né a favore né contro qualcuno. Ad ogni avvicendamento la cosa più bella è quella di ringraziare e augurare buon cammino, buon futuro a chi se ne va e aprire le braccia a chi arriva, nella logica che cambiare aria fa sovente bene un po’ a tutti, per rigenerare le idee e dare vigore a nuove iniziative.

Il codice di diritto canonico, che se intende, fissa in nove anni il periodo normale di permanenza ad un incarico, proprio perché i ricambi sono necessari e arricchenti, facilitano dinamiche nuove ed evitano attaccamenti morbosi da una e dall’altra parte. Peccato che la carenza di preti renda sovente impossibile il rispetto di queste regole, il che lascia pensare a qualcuno che chi arriva un giorno mai se ne andrà. Chi non si è dato la pena di conoscere queste cose e chi non vi si adatta caritatevolmente e amorevolmente come chiede la Chiesa, anche della Chiesa stessa ha scarsa dimestichezza e confonde pericolosamente che a Messa non si va perché « mi piace il prete » ma perché lì incontro il Signore indipendentemente da chi celebra, da chi canta e da chi mi siede vicino.

Il vescovo Cerrato nel suo comunicato (in risposta ad affermazioni palesemente fuori luogo del senatore Cesare Pianasso) ha spiegato come e perché esistono gli avvicendamenti e in quale contesto di condivisione è avvenuto quello di don Pastore.

I social si sono sfogati sull’argomento alzando i toni, usando linguaggi inappropriati e facendo delle considerazioni a dir poco assurde. C’è chi si è sbizzarrito un po’ da tutta Italia, senza probabilmente sapere neppure dove si trova Ivrea (ancor meno Spineto) e senza – ne siamo pressoché sicuri – conoscere il contesto della vicenda. Ma il web, tra i vantaggi, ha lo svantaggio di far sentire tutti autorizzati a ventilare aria in bocca, con un’alta percentuale di chi dimentica di accendere il cervello prima di mettersi sulla tastiera a scrivere qualcosa.

Don Pastore si disse d’accordo con la prospettiva di lasciare Spineto e assumere altri incarichi. Ieri mi diceva che certamente esiste il normale dispiacere che ciascuno prova quando va altrove, ma quell’andare altrove fa parte della missione e del servizio alla Chiesa. Chi dice di averlo visto triste durante l’annuncio domenica scorsa in chiesa, se ne deve fare una amorevole ragione. E’ logico, ma nulla più.

Esprimendosi sulla sua pagina Facebook (e solo su quella) don Luca ci dice il suo stato d’animo, racconta come sono andate le cose, cosa significa per lui un avvicendamento e chiede rispetto per questa scelta che, se già porta con se l’umana momentanea tristezza, dall’altra necessita di serenità, saggezza, spirito di comunione, comprensione… tutti ingredienti che fanno grande il rapporto tra un parroco e la gente. Sempre e ovunque.

Ecco come chiude la sterile polemica don Luca Pastore, dissociandosi apertamente con chi alimenta e strumentalizza la situazione: « A fronte di versioni diverse e assolutamente discutibili riguardanti il mio trasferimento dalla parrocchia di Spineto sento l’esigenza di precisare che tale situazione è stata da parte mia concordata con il nostro Vescovo Edoardo fin dalla riunione con i sacerdoti della Vicaria Castellamontese e Valli Orco e Soana avvenuta il 2 maggio u.s. Certamente mi spiace lasciare la comunità di Spineto dove per anni insieme alla popolazione ho condiviso ed effettuato alcuni progetti. Tengo a precisare che comunque il mio nuovo incarico è per me percorso di crescita spirituale e sacerdotale e nulla ha a che fare con qualunque corrente di pensiero politico ma di piena disponibilità alle esigenze pastorali della Diocesi ». Piuttosto chiaro, vero?