(Mario Berardi)

Il Governo Draghi esce rafforzato dall’exploit del piano-vaccinazioni e dal varo della prima legge chiesta da Bruxelles (la semplificazione burocratica e normativa). Avremo a luglio la prima tranche degli aiuti europei: oltre 20 miliardi.

Rimane aperto lo scontro sulla fine del blocco dei licenziamenti, con i sindacati sul piede di guerra; ma l’improvvisa “conversione” di Salvini alle richieste avanzate da Letta fa immaginare dei possibili correttivi in Parlamento al decreto-legge dell’Esecutivo.

Il rafforzamento di Draghi, l’avanzata (nei sondaggi) della Meloni, la malattia di Berlusconi stanno gradualmente mutando il quadro politico, soprattutto nel centro-destra. La Lega, tallonata da Fratelli d’Italia, sta puntando all’unione con Forza Italia (o almeno di una sua parte) per respingere il pressing della Meloni; Salvini ha rivestito i panni “governativi”, parla poco di nuove elezioni e cerca un nuovo spazio a Bruxelles per sottrarsi all’abbraccio soffocante di Marine Le Pen; e mentre augura un lungo cammino al Governo Draghi, tratta in segreto per una riforma elettorale di impronta proporzionale che lascerebbe Fratelli d’Italia ai margini.

Gli Azzurri sono divisi tra chi è favorevole all’abbraccio con la Lega (Bernini, Ronzulli) e chi spinge sull’autonomia (Gelmini, Carfagna); tutti d’accordo, invece, nel sostegno a Draghi sino alle politiche del 2023, oltre la scadenza del Quirinale (diverse personalità di area cattolica hanno chiesto la riconferma pro-tempore di Sergio Mattarella).

Sul versante dell’alleanza giallo-rossa sta per concludersi il limbo dell’ex premier Conte, perché il Garante della privacy ha dato infine ragione al M5S: la piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio deve consegnare l’elenco degli iscritti entro 5 giorni: i Grillini potranno dunque procedere all’elezione del nuovo capo politico. Ma un’insidia è sorta dall’interno: con una mossa spregiudicata sulla Giustizia il ministro Di Maio ha rovesciato l’intera politica del Movimento (dal Giustizialismo di Grillo al decreto “spazzacorrotti” dell’ex ministro Bonafede), mettendo in difficoltà Conte nella trattativa con la ministra Cartabia, prudentemente “garantista”. Il titolare degli Esteri ha voluto ricordare il suo ruolo politico nel M5S, anche se la sua “conversione” con le scuse del sindaco Pd di Lodi (prima condannato poi assolto) lascia molti margini al tatticismo politico, come il passaggio in politica estera dall’appoggio ai “gilet gialli” francesi all’elezione a Bruxelles della presidente Ursula von der Leyen, braccio destro della Merkel.

Intanto il Pd del nuovo segretario Letta non decolla, restando fermo nei sondaggi ai livelli di Zingaretti (sotto il 20%). Il rapporto con Draghi è altalenante, anche se Letta ha ragione nel chiedere prudenza sullo sblocco dei licenziamenti; è ancora incerta la complessiva linea politico-programmatica, anche per le difficoltà degli alleati grillini; resta poi il problema del ddl Zan sull’omotransfobia, con crescenti richieste della minoranza dem di accettare modifiche legislative, in particolare sulla discussa “identità di genere”.

L’Esecutivo Draghi, superati i primi, rilevanti ostacoli, deve ora correre sulle altre riforme attese dall’Europa: fisco, riconversione ecologica, giustizia; contestualmente comincia la fase di gestione del Recovery Fund, d’intesa con Comuni e Regioni. Secondo il Governatore della Banca d’Italia, Visco, il buon risultato del Recovery Plan potrebbe far decollare l’economia italiana già quest’anno, con un parziale recupero degli 800 mila posti di lavoro persi con la pandemia. È una grande responsabilità del Governo, delle forze politiche, delle forze sociali ed economiche. In particolare la Confindustria, sostenuta da grandi media, deve essere consapevole del successo politico ottenuto con il passaggio di Palazzo Chigi dal nemico Conte all’amico Draghi; ogni forzatura sarebbe in questo momento negativa e controproducente per lo stesso Premier, in un Paese in cui permangono grandi aree di ingiustizia, non solo tra Nord e Sud; basti pensare ai riconfermati stipendi milionari dei supermanager (per non parlare di calciatori, artisti…).

La ripresa del Paese, che è in atto, ha bisogno di un grande disegno di solidarietà, che non rinneghi il merito ma contestualmente rivolga un’adeguata attenzione alle persone più deboli e fragili, come continua a ricordarci, ogni giorno, Papa Francesco.