(di Gabriella Cortese)

Frutto di un’insolita collaborazione franco-giapponese, è sopraggiunto nella primavera (tardiva) del nostro Paese il piccolo gioiello nato dall’idea di Manivel, artista, danzatore e sognatore francese, e dall’abilità di Igarashi, giovane cineasta nipponico.

Veniamo immersi da subito nella neve: è inverno tra le montagne giapponesi della regione Aomori; la famiglia Kogawa trascorre il tempo nella ritualità dei tanti piccoli gesti quotidiani, il padre è pescatore e deve partire molto presto per recarsi al mercato del pesce. Il piccolo Takara dorme con mamma e sorella, ma quella notte sente i passi del babbo che si allontana e non riesce a riaddormentarsi. Come trascorrere quel che rimane della notte? Il bimbo, che ha solo sei anni, comincia a giocare e a disegnare con i pastelli colorati. Quel mattino Takara inserisce il foglio con il disegno di un grosso pesce nello zainetto e decide di non andare a scuola… Forse va alla ricerca del papà che è spesso assente o all’inseguimento di un sogno conosciuto soltanto nel mondo dell’infanzia.

Nella pellicola non c’è spazio per le parole; i silenzi e la musica lieve di Vivaldi accompagnano il lungo viaggio dell’unico protagonista della storia: Takara è disarmante con il suo visetto imbronciato e i passi che compie in modo buffo nella neve. Le scoperte e i problemi che incontra diventano metafora delle tante difficoltà della vita.
I due registi non hanno scelto attori professionisti per la loro opera, ma i personaggi reali della narrazione: hanno così composto una delicata poesia, che sembra una graphic novel, un romanzo illustrato a misura di bambino.

Il film è stato presentato e apprezzato nella 74a edizione del Festival di Venezia nella sezione “Orizzonti”.

Takara – La notte che ho nuotato
di Daniel Manivel e Kohei Igarashi
paese: Francia, Giappone 2017
genere: drammatico
interpreti: Takara Kogawa, Keiki Kogawa,
Chisato Kogawa, Takashi Kogawa
durata: 1 ora 19 minuti
giudizio: interessante-bello