di Paola Randi
paese: Italia, 2017
genere: fantascienza-commedia
interpreti: Valerio Mastandrea, Luca Esposito,
Chiara Stella Riccio, Clémence Poésy
durata: 1 ora 32 minuti
giudizio: bello (e poetico)
I giovani nati dopo il 2000, nativi digitali, hanno a disposizione un rifugio elettronico dove racchiudere i loro pensieri e un involucro che viaggia su connessione a banda larga.
Per chi era bambino alla fine degli anni ’70, come la brava regista Paola Randi, i sogni erano rappresentati dai misteriosi abitanti degli altri pianeti, dai viaggi nello spazio e, cenando con pane e Goldrake, si poteva condividere una certa familiarità con i propri eroi.
Nella pellicola di questa settimana, anche se siamo sulla Terra, l’atmosfera è lunare.
Uno scienziato italiano vive da anni nel deserto del Nevada, all’interno di uno strano laboratorio: deve condurre esperimenti per un progetto segreto predisposto dal governo degli Stati Uniti. Il professore ha creato un decoder per captare voci dall’universo più profondo, anche se in realtà passa il tempo sdraiato sul divano cercando di rielaborare un lutto personale…
Un bel giorno però arriva con la posta il messaggio sconvolgente che modificherà le sue abitudini, il mittente è il fratello di Napoli: il povero congiunto è morto e le sue ultime volontà lasciano al solitario professore una pesante eredità, i suoi due bambini. A breve, quindi, sopraggiungono Anita, adolescente già precoce e pragmatica, e Tito di sette anni vivace e sognatore; i ragazzini cercano di trovare posto all’interno di un’America che non si aspettavano così, immaginavano Las Vegas e si ritrovano accanto all’area segreta A51, con una base militare che li tiene sotto controllo e tutto attorno il nulla. Anche lo zio è diverso dalle descrizioni, un tipo stralunato che però possiede qualcosa di speciale e piano piano diventerà loro amico.
La storia si dimostra una ricerca nello spazio ultraterreno di noi stessi. E, si domandano i cervelloni all’inizio del film: “Chissà perché nessuno è mai sceso dagli altri pianeti per stringerci la mano… Forse perché gli extraterrestri non hanno le mani”.
Graziella Cortese