(Fabrizio Dassano)

Francesco Carandini è ricordato ancora oggi con immutata freschezza per la narrazione di un’Ivrea che non esiste più, attraverso la sua opera più conosciuta: “Vecchia Ivrea” stampata a Ivrea da Francesco Viassone nell’ormai lontano 1914 ma che ha continuato e continua a venir ripubblicata perché chiunque si occupi di storia locale o soltanto è attratto dal fascino di quell’Ivrea che fu, non può fare a meno di confrontarsi con il libro.

Infatti venne ancora pubblicata una seconda edizione riveduta e accresciuta nel 1927 sempre da Viassone, una terza edizione nel 1963 dall’editore Enrico di Ivrea e infine una ristampa a tiratura limitata, anastatica della prima edizione del 1914 con i legni di bosso originali incisi per le illustrazioni, nel 1996 dall’editore Bardessono di Ivrea per la libreria antiquaria di Raffaele Sitzia mancato alcuni anni orsono e fondatore con la moglie Luisella Di Stazio della fortunata Mostra-mercato delle Librerie Antiquarie di Montagna.

La riuscita di “Vecchia Ivrea” la si deve ricercare nella nostalgia e nell’amore per la Città, come scriveva Salvator Gotta nella recensione della notizia letteraria nella “Nuova Antologia” a Roma nel 1915: “Il libro del Carandini è tutto pervaso, pagina per pagina, di nostalgia: non detta quasi mai – poiché esso ha andamento di storia, non di espressione lirica – ma, fors’anche per ciò, più sentita. L’autore racconta tutto quel che ha appreso intorno alla città; ma lo racconta quasi a se stesso; non volle illuminare con la sua scienza, ma bensì col suo amore”.

L’autore era nato a Ivrea il 13 novembre 1858 e la famiglia Carandini apparteneva alla nobiltà dell’Emilia. Alla fine del XVII secolo Paolo Carandini ottenne il feudo di Sarzano (Reggio Emilia). Nel XIX secolo Girolamo Carandini (primogenito di Francesco ciambellano del duca di Modena) ottenne il titolo di marchese di Sarzano, patrizio di Modena e nobile di Bologna. Visse in Gran Bretagna e Australia ed ebbe un figlio a Sidney nel 1846 che fu Francesco Giacomo Carandini, maggiore dell’esercito inglese in India. Qui sposò Florence Clemenston.

Lo scrittore Donato D’Urso, nonché viceprefetto, nel ritratto biografico sulla famiglia Carandini spiega che dal matrimonio tra la figlia Estella Maria e l’inglese Geoffrey Trollope Lee, nacque nel 1922 a Londra Christopher Frank Carandini Lee, divenuto celebre attore col nome di Christopher Lee, scomparso nel 2015. Nel 1920 si era estinta la linea primogenita con Francesco Giacomo Carandini.

Il padre dell’eporediese Francesco Carandini apparteneva alla linea secondogenita e si chiamava Federico (1816-1877). Militare di carriera, combattè nella prima guerra d’indipendenza meritando la medaglia d’argento. Trasferitosi ad Ivrea per insegnare geometria e topografia presso la Scuola militare di fanteria, si sposò nel 1858. Suo padre, contrario a quelle nozze, lo diseredò.

Poiché le sfortune non vengono mai da sole, avendo contratto matrimonio senza l’autorizzazione dei superiori, fu destituito anche dall’impiego militare. Con la seconda guerra d’indipendenza Federico Carandini fu riammesso in servizio e, dopo il 1860, nominato direttore degli studi della Scuola militare di Modena.

Fu apprezzato scrittore di storia militare. La moglie Elisa Realis apparteneva ad una storica famiglia canavesana: era figlia di Giuseppe Realis, sorella di Savino (che fu sindaco di Ivrea) e di Paola. Quest’ultima sposò Guido Giacosa e fu madre di Giuseppe e Piero.

Dall’unione tra Federico Carandini ed Elisa Realis nacque il 13 novembre 1858 a Colleretto Parella (oggi Colleretto Giacosa) Francesco Carandini, cui nel 1922 fu riconosciuto il titolo di 11° marchese di Sarzano, patrizio di Modena e nobile di Bologna. Il giovane rimase orfano di madre a 10 anni e fu allevato amorevolmente dai nonni Realis, perché il padre era in servizio a Modena alla Scuola Militare e morì quando il ragazzo aveva 16 anni.

Frequentò il ginnasio e il Liceo Botta a Ivrea e nel 1887 si laureò in legge a Torino, iniziando la carriera prefettizia prestando servizio a Perugia, Pinerolo, Como, Torino, Cremona, Parma, Crema, Biella. Fu Viceprefetto a Roma negli anni 1915- 1918. Nel luglio 1919 fu nominato prefetto di II classe e destinato a Forlì dove rimase sino al giugno 1920.

Andò poi a Verona. Lì lo colse la Marcia su Roma. La sera del 27 ottobre 1922 il prefetto Carandini ricevette notizia della mobilitazione fascista e dell’arrivo delle squadre capitanate da Achille Starace, futuro segretario del Partito Nazionale Fascista. D’intesa con le autorità militari venne deciso un piano per la difesa degli edifici pubblici.

La mattina del 28 ottobre i fascisti assaltarono prefettura e questura e ingiunsero al prefetto di lasciare il suo posto. I poteri furono assunti dal comandante di Corpo d’armata. La decisione del re di non firmare il decreto di proclamazione dello stato d’assedio, rese i fascisti vincitori.

Dopo essere stato trasferito a Udine, il prefetto Carandini fu collocato a disposizione e, infine, a riposo nel gennaio 1924 “non potendo i suoi sentimenti liberali concordare con l’affermarsi del fascismo”.

Durante la carriera era stato insignito delle onorificenze di Grand’Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia e di Commendatore dell’Ordine Mauriziano. Appassionato di letteratura e di studi storici, Francesco Carandini pubblicò in vita una settantina di scritti di vario interesse, tra cui importanti monografie, liriche d’occasione, discorsi commemorativi.

Quando a Sordevolo fu scoperta una lapide che ricordava i soggiorni estivi di Giuseppe Giacosa e una visita di Carducci, fu Carandini, allora Sottoprefetto di Biella, a tenere il discorso ufficiale il 17 agosto 1907. Si diede anche alla realizzazione di ex-libris artistici e la sua produzione fu esposta nel 1925 a Biella nella mostra “Bianco e Nero”. Dal suo matrimonio con la torinese Amalia Callery Cigna Santi nacque a Perugia Federico Cesare (1888-1950) che sposò Clara Albertini, sorella del senatore Luigi, il proprietario del “Corriere della Sera”. A Pinerolo nel 1890 nacque Elisa rimasta nubile, a Como il terzogenito Nicolò (1895-1972) marito di Elena Albertini, figlia del senatore Luigi e di Piera Giacosa.

Nicolò Carandini, trasferitosi a Roma dopo un’esperienza di lavoro nell’industria tessile biellese, si dedicò col cognato Leonardo Albertini all’importante bonifica di Torre in Pietra. Aderì al Partito liberale e nel 1944 fu ministro nel governo Bo-nomi, poi ambasciatore a Londra. Fondò con altri il settimanale “Il Mondo” e nel 1955 il Partito radicale e fu per un ventennio presidente di Alitalia. Durante gli anni del fascismo a Sordevolo e Pollone – nel Biellese – si riuniva in estate con una cerchia di intellettuali e letterati ostili al regime, da Benedetto Croce a Franco Antonicelli, da Gustavo Colonnetti a Norberto Bobbio, ai Carandini, ai Frassati, ai Ruffini.

Francesco Carandini, prefetto ormai a riposo, nel 1935 fece costruire a Parella la “casa sul poggio” dove morì il 23 ottobre 1946. Sulla tomba volle l’epigrafe: “Spese la sua lunga vita nel servizio dello stato, nel culto geniale della storia e dell’arte. Qui riposa pago della sua fedeltà al vero, al giusto, al buono”.

Le sue opere edite furono: I santi (Firenze, 1899), Il castello di Pavone (Cremona, 1900), Parella (Biella, 1909), Il Parlacium o anfiteatro romano d’Ivrea (Ivrea, 1922), Per le nozze d’oro di Savino Realis e di Enrichetta Brida di Lessolo (Ivrea 1925), Sordevolo (Ivrea, 1927), La cartiera di Parella e le sue antiche origini (Torino, 1942) e Memorie canavesane (Ivrea, 1963).