(Fabrizio Dassano)

La rarità di personaggi rinascimentali canavesani e la rarità nel medesimo periodo e anche al di fuori dei nostri confini di autrici donne (di poetesse, in particolare) rende particolare il ricordo di Claudia Valperga di Villard. La figura di questa letterata non è forse paragonabile a quelle di Veronica Gambara, Vittoria Colonna o di Gaspara Stampa, ma l’esempio della Valperga ci permetterà di fare un cenno ad uno storico locale che per vent’anni portò al Risveglio Popolare una lunga e solida linfa di notizie storiche in grado di dare al giornale una valenza culturale di tutto rispetto.
Si tratta di Mario Bertotti, che al nostro giornale inviò i suoi piccoli saggi di storia da Cuorgnè per vent’anni: dal giugno del 1957 al giugno 1977, quando morì ad appena 64 anni. I suoi scritti e articoli pubblicati sul Risveglio furono poi raccolti dai figli Luigi e Giovanni e pubblicati, con la prefazione di Gianni Oberto, dai Fratelli Enrico a Ivrea nel 1979. Oggi rimane quel libro, un prezioso scrigno di oltre 500 pagine intitolato “Documenti di storia canavesana”, a testimoniare la missione culturale di un uomo e studioso umile quanto attento.

Tra le molte cose che trattò, Mario Bertotti pubblicava sul nostro giornale il 21 settembre 1972 uno scritto dal titolo “Claudia Valperga di Villard, una poetessa canavesana del 1500”, riscoprendo e proponendo ai lettori una figura misconosciuta e avvolta nel mistero della sua identità. “Fra le prime che si sono distinte in Piemonte nel secolo XVI, ve ne fu una di origine canavesana – scriveva Mario Bertotti – che per le sue opere poetiche fu citata, sia pure sommariamente, nei “Cataloghi” della storia della poesia italiana del passato: Claudia Valperga di Villard. Della sua vita poco si conosce: gli autori più recenti si sono limitati a riportare quanto scriveva di lei monsignor Agostino Della Chiesa nel 1660 – “Claudia della Rovere delle contesse di Valperga, figlia di Filippo Signore di Vilars in Savoia e moglie prima di Filiberto Bolero Signore di Manua in Provenza e poi di Stefano Della Rovere di Vinovo, fu donna veramente di felicissimo e fecondissimo ingegno” come è comprovato dalle sue rime date alle stampe a Venezia, Parigi e Lucca nel 1559 e ristampate a Napoli nel 1695”.

E ancora Mario Bertotti scriveva: “Sotto il lato letterario i versi di Claudia di Valperga indicano una sua più che discreta cultura umanistica, una conoscenza cioè dei testi classici greco-romani. Non vi è ancora quel carattere leggero e frivolo che nel secolo successivo vi sarà nelle Accademie Arcadiche italiane e francesi che dai testi classici avevano ricavato quanto si adattava allo spirito di leggerezza dei circoli eleganti e dei poeti di corte. Nei versi della Valperga si nota anche lo spirito austero e severo dei letterati del Rinascimento, che studiavano gli antichi testi con serietà e non per frivolo divertimento”.

Molto interessante il commento dell’autore a proposito del sommo poeta: “Claudia di Valperga aveva studiato la Divina Commedia stessa, come risulta dal suo Sonetto a Maria Santissima. I primi versi: “Vergine Madre del tuo Parto figlia, / al Mondo, al Cielo, a Dio divota e cara / che rendi l’alta Reggia illustre e chiara / col giro sol delle serene ciglia” sono decisamente di derivazione dantesca, sia pure in libera versione. Come pure la seconda parte della poesia: (“Difesa d’ogni gente empia ed avara: qualor si pente e il cammin dritto piglia”) è quasi certamente derivata dal famoso episodio di Buonconte di Montefeltro, che ferito a morte nella battaglia di Campaldino salva l’anima invocando il SS. Nome di Maria (Canto V del Purgatorio)”.

Tre soltanto sono ad oggi i sonetti noti della poetessa canavesana, che furono poi ancora ripubblicati nel 1769 dal sacerdote e professore di lettere (nonché poi giacobino vercellese) Giovanni Ranza nel suo “Poesie e memorie di donne letterate…”: “A monsignor Maresciallo di Brissac” (che fu l’occasione per l’autore di stilare una nota di ben tre pagine dedicata alle virtù del comandante generale delle truppe francesi in Piemonte dal 1550 al 1557), quindi “A Maria Santissima” di cui sopra e il Sonetto “Cocenti sospir miei”.

Non si conoscono altre opere ad oggi, così come appare nebulosa la figura della poetessa, come già sottolineava Bertotti: “In merito a Claudia di Valperga poco ho potuto sapere della sua vita per la mancanza di documenti precisi, anche perché il nome di Claudia era comune nella famiglia Valperga e nel 1500 ve ne furono almeno tre con tale nome, in vari rami della famiglia stessa. Il feudo dal quale aveva preso nome suo padre restò poco tempo in possesso della famiglia, ed il nome stesso viene riportato in modo alterato: il nome esatto del feudo era Villard (ora Villard-Sous-Soulève) nel Faucigny, acquistato da Giorgio di Valperga al 28 luglio 1446 da Gugliemone di Volomier e successivamente venduto da Claudina, Antoniet-ta e Francesca (figlie del conte Gio. Francesco Valperga) a Francesco De Boyvin ambasciatore di Francia. Era questa Claudina la poetessa, oppure una sua nipote?”.

Resta il mistero, evidentemente. Ma Claudia la ritroviamo ancora con il cognome del secondo marito, Della Rovere di Vinovo, in una rara opera sulle donne di Carlo Novellis dal titolo: ”Dizionario delle donne celebri piemontesi che nacquero vissero morirono od ebbero relazione con questa terra le quali acquistarono in qualsiasi modo fama”, stampato a Torino nel 1853. In nota Mario Bertotti riportava una “summa” dizionaristica di un illustre libraio e compilatore torinese in cui aveva trovato le prime e pressoché uniche notizie di Claudia Valperga: era il libro di Onorato Derossi, dal titolo: “Scrittori Piemontesi, Savoiardi Nizzardi registrati nei cataloghi del Vescovo Francesco Alberto Della Chiesa e del Monaco Andrea Rossotto, stampato a Torino nel 1790”.