L’ordinazione episcopale di don Roberto Farinella, l’amato parroco della cattedrale è stata un’altissima esperienza di fede, di preghiera e soprattutto di Chiesa: la Chiesa con la sua Parola, la sua “Traditio”, la sua liturgia che – ben lungi dall’essere forma – era, in ogni segno, frase e canto, sostanza viva del rito che si compiva nella cattedrale di Ivrea il 29 settembre.

Una funzione molto solenne, con il duomo gremito, organo e cori che hanno animato, fiori bellissimi, luci sfolgoranti… Tutti gli ingredienti per una celebrazione “grande”, che però non aveva niente di trionfalistico, ma era improntata al raccoglimento e alla devozione, e trovava un’interiorizzazione perfetta nei cuori dei “protagonisti” e dei fedeli, molto compunti, che ravvisavano nei vescovi la “Chiesa”, i successori degli apostoli con le braccia aperte ad accogliere il nuovo confratello; nello stuolo di preti in vesti bianche (come i 144.000 salvati dell’Apocalisse!) la forte spiritualità che aleggiava in tutta la chiesa; nei canti e nelle luci la gioia per un’anima che lo Spirito Santo ha scelto per entrare nel coro degli apostoli e diffondere la parola di Cristo in una missione tanto alta quanto ardua nella chiesa locale ed universale.

La cifra caratteristica della funzione, pur con tutti i crismi della solennità, era l’intimismo: un senso vivo di famiglia che è ormai tipico di tutte le celebrazioni in duomo con il vescovo Edoardo e l’ormai ex parroco don Roberto. Una famiglia, fondata su Cristo, che ama, dialoga, parla col cuore in mano, prega con un cuor solo in piena sintonia fra il presbiterio e le navate. E una commozione intensa, palpabile, dal presbiterio inondava tutti coloro che scrutavano con affetto il viso tesissimo di don Roberto e quello, poco meno teso, di monsignor Cerrato, che lo guardava con un sorriso paterno e… forse un po’ preoccupato.

E quando le lacrime, troppo a lungo trattenute, sono sgorgate copiose dagli occhi del nuovo vescovo, mentre nel ringraziamento finale si rivolgeva agli amici che sta per lasciare, ma “che porterà sempre nel cuore”, moltissimi occhi erano lucidi e gli applausi scroscianti e ripetuti suonavano come una chiara risposta: “Anche noi ti porteremo sempre nel cuore!”. Nel ringraziamento don Roberto ha ricordato tutti, ma proprio tutti, dalle gerarchie della Chiesa, alla sua famiglia, a tutti gli amici e coloro che l’hanno seguito nella sua crescita umana e cristiana. Un particolare riguardo per i seminaristi “pupilla dell’occhio di ogni pastore, che sono stati il tratto essenziale del mio ministero”. Per tutti parole affettuose che sgorgavano dal suo cuore sensibile in tutta verità e semplicità.

Molto toccanti e ricche di sapienza ecclesiale le parole e i riti dell’ordinazione, in particolare quelli che ha evidenziato monsignor Edoardo nella sua breve ed affettuosa omelia rivolta “allo sposo di una Chiesa a me molto cara”: il prostrarsi a terra, segno della consapevolezza che siamo piccoli e che il nostro stare in piedi e camminare è possibile solo per grazia di Dio. L’imposizione delle mani che si svolge in silenzio mentre “la mano di Dio si allunga sull’uomo, lo prende per sé affinché egli sia totalmente proprietà di Dio e introduca gli uomini nelle mani di Dio”, come ebbe a dire Benedetto XVI.

L’apertura dell’Evangeliario sul capo del candidato ha significato che “il vangelo deve penetrare il lui, e Cristo è il vangelo!

carla zanetti occleppo