Il Festival “Rosario Scalero” procede nel suo viaggio nel cuore della cultura e della musica popolare canavesana e venerdì 14 ottobre, alle 20.30, nel Salone del Coro Bajolese in via dei Ribelli 19 a Bajo Dora, è stata presentata – attraverso una chiacchierata, letture, proiezioni e musiche dal vivo – una storia tanto vera quanto incredibile: quella di Agostino Cominetto, detto Tajanda dal nome della cascina di Burolo da cui proveniva.

Roberto Cominetto, figlio di Agostino, ripercorrerà la storia del padre attraverso brani del libro “Sonador da Coscrìt e da Quintët. Ricerca sulla musica popolare in Canavese e Val d’Aosta” di Rinaldo Doro.

Lo stesso Doro, presidente del Centro Etnologico Canavesano (che collabora all’organizzazione della serata) ed esperto di musica popolare, all’organetto diatonico ha eseguito una selezione di polke, mazurke e valzer tipici del repertorio delle orchestre locali del dopoguerra, con la violinista ed etnomusicologa Laura Merione e alla violoncellista Beatrice Pignolo, musicista e studiosa di danze popolari.

A introdurre la serata, dal titolo “Tajanda: il violino che mi salvò la vita”, patrocinata dal Comune di Borgofranco, è stato Amerigo Vigliermo, fondatore e direttore del Coro Bajolese, che ha ospitato l’evento nella propria sede e ha offerto una merenda sinoira ai presenti.

Agostino, nato nel 1929 e spentosi nel 2005, è stato un incredibile musicista, ricordato ancor oggi per le feste da ballo da lui animate, nel dopoguerra, con la sua orchestra “Improvviso” e con i fidi compagni musicanti Aristide Mosca (“Palasòt”), Paolo Avondoglio (“Paulin”) e Lino Regruto (“Lino ‘d Biènca”).

Si è guadagnato la fama di musicista “acrobatico” per la capacità di suonare lo strumento anche dietro la schiena o in altre posizioni spettacolari.

“Tajanda” proveniva da una famiglia contadina, nella quale quasi nessuno praticava l’arte della musica; lui, spinto da un’ incontenibile passione, iniziò lo studio del violino con i maestri Guindani e Canzano, rispettivamente di Ivrea e Cascinette.

Arruolato nell’Esercito durante la Seconda Guerra Mondiale, Agostino si ritrovò in Grecia l’8 settembre 1943, il giorno del “Decreto Badoglio”.

I militari italiani che, illusi di ritornare a casa, non accettarono l’arruolamento sotto la Repubblica di Salò, furono rinchiusi in un treno merci e deportati nei “lager” tedeschi come Imi (Militari italiani internati).

Il campo di prigionia nel quale finì “Tajanda” fu quello tristemente famoso di Büchenwald, dove si compivano esperimenti disumani e torture inimmaginabili.

Durante il viaggio dalla Grecia alla Germania, conobbe un ufficiale russo, come lui destinato ai campi di lavoro il quale, ben sapendo la sorte che i nazisti riservavano ai prigionieri russi, regalò il suo violino a “Tajanda”, con il quale aveva stretto amicizia.

Quel violino ricevuto in dono salvò la vita al giovane Agostino: nel lager era destinato a cedere alle fatiche immani alle quali era sottoposto (non aveva un fisico adatto ai lavori pesanti) e, quindi, ritenuto “non abile”, sarebbe stato sottoposto a selezione ed eliminazione.

Ma qualche ufficiale tedesco si accorse del suo talento musicale e lo fece suonare alle feste dei graduati, si pensa più per vezzo che per spirito umanitario, comunque salvandogli la vita.

Con la liberazione da parte degli alleati, Agostino fece ritorno a casa con il “fortunato” violino sotto braccio.

Info: https://ibmp.it/festival-scalero e la pagina Facebook “Festival musicale Rosario Scalero”