(Filippo Ciantia)

Due fotografie hanno recentemente infiammato la rete. Secondo il gergo tecnico, sono diventate “virali”: come il microrganismo velenoso che ci perseguita mi hanno lasciato senza fiato.
Sono le foto di due donne birmane, “Anna” e “Angela”.

Suor Ann Roza Nu Tawng lavora in un ambulatorio cattolico della città di Myitkyina, capitale dello stato di Kachin nel nord del Myanmar, Paese noto a noi occidentali anche come Birmania o Burma. Domenica 28 febbraio Suor Ann era al lavoro perché i disordini avevano portato alla chiusura di quasi tutti gli altri presidi sanitari della città.

Scorge i manifestanti marciare in protesta; poi appaiono polizia e militari che iniziano a sparare e a picchiare i dimostranti. Suor Ann corre in strada, implorando i militari di non sparare e la folla di fermarsi. Si inginocchia davanti agli uomini armati. Ha negli occhi il volto di Mya Thwate Khaing, la prima giovane vittima degli scontri a Naypyitaw. La donna in ginocchio ferma lo scontro, impedisce gli arresti, crea una tregua di Dio.

“Uccidete me! Non voglio vedere persone essere uccise!”. È stata risparmiata e i giovani sono sfuggiti a morte e arresto. Come un angelo ha protetto i suoi fratelli e le sue sorelle in pericolo.
L’immagine di Suor Ann in ginocchio mi ha fatto pensare a padre Clemente Vismara, missionario in Birmania, quando scriveva “l’8 dicembre 1960 due mie figliole di Monglin hanno preso il velo, suor Clementina e suor Carla… a fine funzione abbiamo fatto assieme una fotografia. Una voglia matta di abbracciarle e, se non ci fosse stata la gente, le avrei baciate. Ma altolà, gli angeli non si toccano, solo si contemplano”.

La presenza di oltre 65 anni, paziente, intelligente, fedele, caritatevole ed ironica del Beato Clemente Vismara ha posto nei solchi della povertà e del dolore di un popolo i semi di vocazioni come quelle di Suor Anna, che ci ha commossi e lasciati ammirati, per il coraggio e l’affetto per la sua gente.

L’altra immagine ci ha portato il volto giovane e deciso, pieno di risolutezza e desiderio di libertà, di Kyal Sin, la diciannovenne uccisa durate uno dei cortei a Mandalay. Resa famosa dalla sua maglietta con lo slogan “Tutto andrà bene” era diventata simbolo della giovane rivolta. Così era diventata l’Angelo del Myanmar.

Come tantissime donne: angeli che ci proteggono e ci guidano.