(Filippo Ciantia)

I due amici misero in atto la loro contestazione e nel 1968 entrarono nel monastero benedettino di Subiaco. Altri compagni, dopo solo due anni, li volevano seguire, ma non furono ammessi nel grande e antico monastero. Per la fedele amicizia di don Giussani, attraverso l’incontro con l’abate Bernardo Cignitti, e grazie alla paternità del Cardinal Martini, nacque nelle nebbie della Bassa milanese il monastero della Cascinazza.

Da lontano, nella spianata di risaie e prati, sopra i tetti della cascina trasformata in luogo di lettura, preghiera e lavoro, si scorgevano le cime di due alti e maestosi cedri del Libano, piantati proprio all’inizio del nuovo cammino dei primi 8 monaci.

Claudio mi salutò nell’estate del 1975, chiedendomi solo un’Ave Maria ogni giorno per la fedeltà alla vocazione e per la crescita del nuovo monastero, che crebbe come i due cedri. Anche senza visitarlo per tanti anni, esso era stato presente nella preghiera e nell’affetto, attraverso il ricordo di padre Claudio e quell’Ave quotidiana.

Ai monaci questi due cedri ricordavano la fedeltà del Signore che aveva voluto questa nuova forma, questo nuovo cammino, come usa dire padre Bruno: “Veramente Dio scrive dritto anche sulle righe storte”. Nel monastero aveva trovato ospitalità anche il grande pittore William Cong-don, che, “ferito dal Mistero”, visse qui gli ultimi decenni della sua avventura terrena. Nella sala di ricevimento ci sono due quadri del grande artista intitolati Cascinazza by night: “Il monastero rappresenta l’io. La Luna è il Mistero presente, che lo illumina. Da lì, l’ombra è proiettata nel cortile: perché da quel rapporto nasce un popolo”.

I due cedri dominavano il cortile, nel silenzio delle notti.

Lunedì 21 ottobre all’alba, un fulmine schianta e distrugge uno dei due cedri, mentre i monaci recitano il salmo 28 delle lodi di quel giorno.

“Il Signore tuona con forza, tuona il Signore con potenza./Il tuono del Signore schianta i cedri,/ il Signore schianta i cedri del Libano.”

Il cedro aveva attirato il fulmine e li aveva salvati. I monaci dopo un attimo di sconcerto conclusero il salmo: “Il Signore darà forza al suo popolo,/benedirà il suo popolo con la pace./Nel tempio del Signore/ tutti dicono Gloria.”