“Ore 15, morte sul binario Torino Aosta”: così titolava il quotidiano La Stampa a pagina 5 dell’edizione dell’11 giugno 1992 per descrivere quello che è stato il più grave incidente ferroviario accaduto sulla linea Chivasso-Ivrea, tra le stazioni di Caluso e di Candia, che causò 6 vittime e numerosi feriti. La tratta tra Chivasso e Ivrea funzionava a partire dal 1858 e, al tempo dell’incidente, era gestita dal Genio Ferrovieri, arma inquadrata nell’Eser-cito Italiano che si occupavadi trasporto ferroviario, la cui operatività sulla tratta iniziò nel 1915 e durò, at-traverso l’impiego di proprio personale (dirigenti movimento, macchinisti, personale per la gestione delle stazioni, capitreno e ausiliari viaggianti) fino al 2000.

I sistemi di gestione del traffico ferroviario sulla linea prevedevano sia il blocco elettrico manuale, utile a regolare la circolazione mediante la concessione da parte di un addetto del consenso al passaggio di un treno da una stazione ad un’altra, sia l’apparato centrale elettrico a itinerari (ACEI), che consentiva di gestire attraverso un banco di manovra l’azionamento di tutti i dispositivi (deviatoi, segnali, passaggi a livello) disposti lungo il percorso del treno.

Il 10 giugno 1992, intorno alle ore 15, tra le stazioni di Caluso e di Candia Canavese avrebbero dovuto transitare due convogli ferroviari: il treno diretto n. 2449, partito da Torino alle ore 14.20 e diretto ad Aosta, via Ivrea, e il treno locale n. 10370, partito da Aosta alle ore 13.05 e diretto a Chivasso che avrebbe dovuto fermare a Caluso alle ore 14.51. L’incrocio tra i due treni avrebbe dovuto avvenire a Caluso, in un tratto a binario doppio, mentre la linea è a binario unico; il treno locale era però in ritardo, motivo per cui venne fermato dal segnale di protezione in prossimità della stazione di Candia.

Il treno diretto avrebbe dovuto, secondo quanto era previsto dalla gestione della linea, essere fermato alla stazione di Caluso (dove non effettuava servizio viaggiatori) al fine di consentire le manovre necessarie all’incrocio. Ma un temporale interruppe l’alimentazione elettrica degli impianti e, pertanto, la segnaletica luminosa non era funzionante e il blocco elettrico manuale non poteva essere utilizzato. In tale circostanza, le procedure di emergenza prevedevano che la circolazione ferroviaria fosse gestita con il regime del consenso telefonico, ovvero uno scambio di comunicazioni a cui facevaseguito la compilazione di un apposito registro.

In tal modo, il dirigente movimento di Candia chiese ed ottenne il via libera per il treno diretto a Caluso e ne autorizzò il transito sul binario unico in direzione della galleria a valle della stazione ferroviaria dove, però, il semaforo rosso ne fermò la corsa. In quel frangente, infatti, il ritorno della corrente elettrica ripristinò le normali condizioni di utilizzo della linea: i segnali semaforici si posizionarono sul rosso e le apparecchiature di regolamentazione del traffico ferroviario tornarono in funzione.

Fu così quindi che il dirigente movimento di Caluso chiese e ottenne il consenso per il transito del treno proveniente da Caluso attraverso l’utilizzo del blocco elettrico ma-nuale, mentre il convoglio che stazionava a Candia era fermo sull’unico binario. L’impatto, frontale, avvenne appena dopo l’uscita dalla galleria; la carrozza di testa del treno diretto si impennò contro la locomotiva del treno locale e, perso il carrello anteriore, impattò contro il portale della galleria, mentre le restanti carrozze si incastrarono l’una contro l’altra. Il bilancio, pesantissimo, fu di 6 morti e 40 feriti.

Dopo l’ondata del cordoglio, ci furono le inchieste e, a seguire, i processi. La Stampa, fin dal giorno successivo all’incidente, si chiedeva: “Come è potuto avvenire l’incidente? L’ente ferrovie avanza un’ipotesi: errore umano, “purtroppo sembra non ci sia altra ragione”.

Ma, al di là dell’errore umano, vennero a galla problematiche legate alla vetustà delle linee ed alla scarsa manutenzione: “è evidente che in molti punti della rete ferroviaria italiana, interventi di manutenzione carenti e ritardi negli investimenti hanno portato le condizioni di sicurezza a una pericolosissima soglia di limite”. L’iter giudiziario coinvolse i due dirigenti movimento, militari del Genio Ferro-vieri, che dovettero rispondere di omicidio plurimo colposo e di disastro ferroviario: “una serie sfortunata di circostante, fra cui l’errore umano”. Le perizie tecniche non chiarirono del tutto le circostanze dell’incidente e, soprattutto, le eventuali responsabilità in capo ad altri soggetti.

Nel febbraio del 1994 furono condannati a due anni di reclusione ciascuno; il presidente del tribunale ordinò un supplemento di indagine per accertare eventuali responsabilità da parte di terzi ma null’altro sortì.

Il comitato degli utenti della linea non esitò a richiedere “raddoppio della linea, elettrificazione, smilitarizzazione”. Pertanto, nel 1994, il Ministero dei Trasporti decise di procedere alla smilitarizzazione della linea; nel febbraio 2000 il Genio ferrovieri abbandonò i presidi delle stazioni sulla tratta, anche se mantenne la guida dei locomotori fino all’inizio dell’anno successivo.

La linea fu messa in sicurezza con l’installazione di un sistema di controllo centralizzato del traffico (CTC), costituito da quadri comandi centrale e periferici, collegati fra di loro tramite una linea di telecomunicazione e dotati di sistemi di controllo che impediscono, in caso di guasto, il verificarsi di condizioni di pericolo e che, a partire dal 2000, consentirono la gestione del traffico ferroviario.

Nel maggio 2001 fu avviata la progettazione esecutiva dell’elettrificazione della linea tra Chivasso ed Ivrea; i lavori terminarono a fine 2006.

Ancora oggi la tratta funziona a binario unico. Ma sono da poco partiti i lavori di elettrificazione tra le stazioni di Ivrea ed Aosta, non senza disagi per i pendolari ma utili a rimodernare una linea che compie 166 anni.