(Fabrizio Dassano)

L’altra mattina le galline del mio ex vicino in campagna non volevano uscire dal pollaio perché c’era la nebbia.

Erano 40 anni che l’andamento della nebbia in Valpadana registrava un lento ma inesorabile declino: le generazioni dei più giovani non sapevano nemmeno cosa fosse di preciso. Addirittura nei primi mesi del 2018 si era pensato ad una congiura dei metereologi.

Una nota agenzia meteo infatti accampava il dubbio che la nebbia fosse sparita perché non era più nominata nei bollettini.

Invece quell’andamento si è arrestato e la nebbia sta diventando il fenomeno di queste ultime giornate d’autunno: improvvisamente è tornata, bella spessa, e con lei sono tornati alla mente i motti (rari per la verità) che la vedono protagonista e che rischiavano l’estinzione. Ad esempio: “C’è una nebbia che si taglia con il coltello”; oppure: “Nebbia bassa, bel tempo lascia”; e anche “Nebia d’otober e pieuva ‘d november tanti bin dal ciel a fa dissende” (nebbia d’ottobre e pioggia a novembre, tanti beni dal cielo fa scendere). Sempre legato al ciclo contadino c’è anche “imbottare nebbia” e “insaccare nebbia” che rende l’idea di un’azione inutile, un po’ come i banchi a rotelle nelle scuole senza alunni o la difesa dalla pandemia con il britannico “effetto gregge”.

Nel mondo antico quando saliva la nebbia si diceva che gli dei stavano intervenendo su qualche campo di battaglia per salvare i propri eroi occultandoli alla vista dei nemici. La letteratura di ogni epoca offre d’altra parte numerosissimi spunti, come quelli selezionati da Remo Ceserani e Umberto Eco in “Nebbia” edito a Torino dalla Einaudi nel 2009. Eco in quella prefazione scriveva: “La nebbia è uterina. Ti protegge. Legioni di esseri umani desidererebbero tornare nell’utero (di chiunque, come diceva Woody Allen). La nebbia ti realizza questo sogno impossibile. Ti concede una felicità amniotica”.

La cosa interessante è che in meteorologia ancora oggi nessuno sa prevedere la nebbia con precisione!

Nei mesi di dicembre degli anni ’70 del secolo scorso, in Valpadana si contavano circa 15 giorni di nebbia, ovvero più o meno una giornata su due; e di queste nebbie, quasi tutte erano così fitte da insistere anche nelle ore pomeridiane da nascondere il sole e il paesaggio per tutto il giorno.

La svolta avvenne nel 2000, uno dei periodi più neri dell’assenza della nebbia, quando Enzo Jannacci con Cochi e Renato scrisse “Nebbia in Valpadana”, codificando nel titolo della canzone la famosa formula dei bollettini delle previsioni del tempo. Si era lanciato un segnale forte e chiaro: forse per ripicca, stufa di essere data per scontata, la nebbia si è nascosta per un bel po’.

Adesso che è tornata, però, in fondo in fondo piace a tutti (galline del vicino escluse).