Transitato a Ivrea, dopo una sosta a Chivasso, il “Treno della Memoria” ha attraversato il Canavese prima di arrivare per la tappa di Aosta nelle prime ore del 10 ottobre dopo essere partito per un viaggio di 17 tappe lo scorso 6 ottobre da Trieste.

Si tratta della riedizione del convoglio speciale che nel 1921 trasportò la salma del “Milite Ignoto”, scelta da Maria Bergamas tra quelle di 11 Caduti italiani non identificati, da Aquileia a Roma.

Con un provvedimento parlamentare dell’anno scorso, ha ripreso il suo viaggio attraverso l’Italia per mantenere vivo il ricordo di tutti i Caduti della Prima Guerra Mondiale.

Organizzato dal Ministero della Difesa, in collaborazione con il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, con il supporto della Fondazione FS e della “Struttura di Missione per la valorizzazione degli anniversari nazionali e della dimensione partecipativa delle nuove generazioni”, è tornato a commemorare l’anniversario della traslazione del Milite Ignoto.

Con 17 tappe sta attraversando e attraverserà 730 stazioni non toccate lo scorso anno dal tragitto del Centenario.

Dopo le tappe di Trento, Milano e Porta Nuova a Torino domenica scorsa 9 ottobre, il 10 è stato per un giorno ad Aosta.

Quindi ha ripreso la via fino in Sicilia e infine rientrerà a Roma il 5 novembre prossimo.

Allestito da Fondazione FS Italiane e dal Reggimento Genio Ferrovieri, il treno storico è composto da una locomotiva a vapore FS 740 (un esemplare delle 470 costruite tra il 1911 e il 1923) un bagagliaio 1926, un carro K, due carrozze “Centoporte”, una carrozza “Centoporte a salone”, un carro “Carnera”, una carrozza prima classe Az 10.000, una carrozza “Grillo”, una carrozza cuccette tipo “1957 T” e una locomotiva diesel.

In ogni tappa una mostra sull’evento all’interno dei vagoni, un’esperienza “immersiva”.

Il simulacro della bara sul cannone e il vagone funebre aperto è una copia fedele all’originale.

Impressionante ancora oggi.

Questa storia ebbe inizio a Roma, quando il 17 luglio 1920 a Roma la “Garibaldi, Società dei Reduci delle patrie battaglie” e la “UNUS” (Unione Nazionale Ufficiali e Soldati) approvarono la proposta del colonnello Giulio Douhet per la sepoltura al Pantheon di un soldato non riconosciuto caduto durante la Prima Guerra Mondiale, “affinché la salma di un soldato italiano, che non si sia riusciti a identificare, rimasto ucciso in combattimento, sul campo, venga solennemente trasportata a Roma e collocata al Pantheon — simbolo della grandezza di tutti i soldati d’Italia, segno della riconoscenza dell’Italia verso tutti i suoi figli, altare del sacro culto della Patria”.

Durante la guerra Douhet, di origini savoiarde nato a Caserta, aveva avuto forti contrasti con il comandante in capo dell’esercito Luigi Cadorna e gli alti comandi militari.

Nel 1916 inviò ad alcuni ministri note critiche sulla situazione strategica, ma intercettato, fu condannato a un anno di carcere in fortezza, scontato nel Forte di Fenestrelle in Piemonte.

Douhet intendeva realizzare la tomba del soldato ignoto come un simbolo della vittoria ottenuta malgrado l’incapacità dei dirigenti politici e militari.

Così scriveva: “tutto sopportò e vinse il nostro soldato. Tutto. Dall’ingiuria gratuita dei politicanti e dei giornalastri che sin dal principio cominciarono a meravigliarsi del suo valore, quasi che gli italiani fossero dei pusillanimi, alla calunnia feroce diramata per il mondo a scarico di una terribile responsabilità. Tutto sopportò e tutto vinse, da solo, nonostante. Perciò al soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio”.

Douhet come molti altri, non perdonò la vergogna della “calunnia feroce” di Luigi Cadorna, quella del bollettino di guerra del 28 ottobre 1917 con cui si incolpava ufficialmente la disfatta di Caporetto alla “mancata resistenza di reparti della 2a Armata vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico”.

La proposta divenne legge con Giovanni Giolitti ma fu deciso di ospitare la salma all’Altare della Patria perché il Pantheon era riservato ai re d’Italia.

Successivamente con regio decreto del 28 ottobre fu dichiarato festivo il giorno 4 novembre 1921, dedicato alla “celebrazione delle onoranze al soldato ignoto”; la festività del 4 novembre fu stabilita l’anno successivo come “Giornata della Vittoria” che durò fino al 4 novembre 1976 quando, con legge 5 marzo 1977 n. 54, promulgata dal governo di Giulio Andreotti, fu abolita per compiacere l’appoggio al governo del Pci.

Istituita la commissione speciale nel 1921 si procedette a raccogliere i resti umani in 11 zone diverse del fronte e furono collocati in 11 bare, identiche per forma e per dimensioni presso la basilica di Aquileia.

Il 28 ottobre 1921 alla presenza di rappresentanti delle istituzioni e di mutilati, di ex combattenti e di madri e di vedove di caduti fu designata la salma del Milite Ignoto da parte di una “madre di un caduto non riconosciuto ed in modo che la cassa prescelta non si sappia da quale zona del fronte provenga”.

Toccò a Maria Maddalena Blasizza in Bergamas di Gradisca d’Isonzo a scegliere.

Aveva perso il figlio Antonio, ebreo triestino e maestro comunale che nel 1914 aveva disertato dall’esercito austroungarico per passare all’Italia.

Cadde il 18 giugno 1916 a Marcesina e sepolto in un cimitero poi bombardato, fu impossibile riconoscerlo dopo la guerra.

La bara scelta da sua madre fu inserita in una cassa speciale inviata dal ministero della guerra, in legno di quercia con decorazioni in metallo, forgiato da scudi di trincea e sorretto da bombe a mano.

Sul coperchio erano fissati un elmetto, un fucile e una bandiera tricolore.

Le altre dieci salme rimasero ad Aquileia e furono sepolte solennemente il 4 novembre nel cimitero della basilica.

Il 28 ottobre alla stazione di Aquileia la bara fu posta su un carro funebre ferroviario appositamente disegnato dall’architetto Guido Cirilli.

Su un lato erano scritte le date MCMXV – MCMXVIII e sul lato opposto era riportata la citazione dantesca “l’ombra sva torna ch’era dipartita”.

Vi erano anche altri 15 carri per raccogliere le corone di fiori durante il tragitto e altre carrozze destinate alla scorta d’onore.

Il treno fermava cinque minuti in ogni stazione sul percorso.

Fu ordinato il silenzio e vietati i discorsi.

Solo una sola volta “La canzone del Piave” poteva essere eseguita. Innumerevoli persone assistettero al suo passaggio, inginocchiandosi davanti al feretro e oggi si possono vedere in un documentario dal titolo: “Gloria, apoteosi del soldato ignoto”.

Il 2 novembre la bara giunse a Roma Termini e fu accolta dal re e dalla famiglia reale, da bandiere, stendardi e labari dell’Esercito, della Marina e della Guardia di Finanza, con generali, comandanti d’armata, capi di stato maggiore e da una folla oceanica.

Insieme alle cariche dello Stato, vi erano i decorati, le rappresentanze di mutilati, di madri e vedove di caduti e di ex combattenti e fu esposta alla chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Vegliata fino al 4 novembre da un picchetto d’onore, fu caricata su un affusto di cannone.

Il lungo corteo delle varie armi precedeva il carro seguito da dieci madri e da dieci vedove di caduti, da rappresentanti di cariche civili e militari e da rappresentanze di mutilati e di ex combattenti.

All’Altare della Patria il corteo giunse alle 9:30 riempiendo la piazza e la bara fu portata a spalla alla tomba e sepolta accompagnata dal saluto militare.

Si era compiuto il più grande atto pubblico in memoria di tutte quelle famiglie che avevano perso, quasi ognuna, un proprio caro in quel conflitto terribile.

Si era compiuta la più grande operazione di lutto e di memoria collettiva italiana con il Milite Ignoto.

Lunedì 10 ottobre ad Aosta in Piazza Chanoux soldati in servizio, ufficiali, associazioni d’arma e i sindaci della Valle d’Aosta hanno presenziato lunedì scorso all’alzabandiera, poi il grande corteo ha raggiunto la stazione ferroviaria dove al binario 1 c’era il treno rievocativo con il carro funebre.

Dopo la prolusione delle varie autorità si è potuta visitare la mostra percorrendo l’interno di quegli antichi vagoni con suoni e immagini che hanno accompagnato i visitatori all’interno di un “tunnel” della storia di questo culto che ci accomuna ad altri 27 paesi nel mondo. La giornata si è conclusa con l’ammainabandiera in piazza Chanoux, alle ore 18, e alle 20.50 il treno ha lasciato Aosta per raggiungere Genova il giorno successivo.

Fabrizio Dassano Elisa Benedetto