La lettera indirizzata al Clero diocesano dal Vescovo di Ivrea, Mons. Edoardo Aldo Cerrato, è un documento che pare si debba necessariamente porre come seguito alla recente Lettera Pastorale – leggila cliccando qui -.

La pubblichiamo integralmente dopo la presentazione che ne fa la Prof. Elisabetta Acide, per agevolarne la lettura anche ai…non addetti ai lavori.

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(elisabetta acide) – Le lettere pastorali, già diffuse nella chiesa tra l’età antica ed il primo periodo medievale, diventano progressivamente strumento del magistero episcopale in rapporto a specifiche situazioni su cui il vescovo ritiene opportuno “orientare”: sono una preziosa occasioni di riflessione di “indirizzo” e dimostrazione di quella “cura pastorale”, di cui ogni Diocesi ha tanto bisogno.

Una cura, in un momento di riflessione e di ricchezza per la Chiesa che vive il periodo sinodale, una occasione per fissare alcuni passaggi scaturiti dagli “ascolti” e incontri delle prime fasi della riflessione e dei “cantieri” e tracciare le linee del cammino futuro.

I passaggi della lettera al Clero di Mons. Edoardo Cerrato di recente pubblicazione, ha il sapore della “cura”, quella stessa che è raccontata nel brano del Vangelo di Luca che, con parole “paterne”, il vescovo sottolinea.

I passaggi salienti sono quelli indicati a chiare lettere: pensare, sentire, vedere, agire.

I “verbi di Cristo”, quelli della comunione autentica.

I verbi che “cambiano il cuore” e la vita.

Monsignor Edoardo con precisione e puntualità offre spunti ed indicazioni, le “piste di riflessione” per le parrocchie e le vicarie e lo fa nel modo più bello, sottolineando le parole di quella pagina che ci fa camminare insieme con discernimento.

Aiutare affiancandosi, “camminare con”, facendo “ardere il cuore” dalle Parole di Cristo, restare e far restare Cristo come Presenza nella vita e nella comunità, celebrare l’Eucaristia come “riconoscimento” di autentica comunione e poi andare, tornare con l’urgenza di raccontare e annunciare … quel “resta con noi” (Lc 24,29) che pare aprirsi al significato ulteriore, il “vieni con noi”.

Voglio leggere in questo sollecito del pastore l’invito a “occuparsi” nelle parrocchie, della Parola, senza fretta, accompagnando e discorrendo; il Vescovo sottolinea l’importanza della presenza accogliente e amorevole: Il Signore ci rende capaci di diventare comunità accogliente.”

Capaci di accoglienza: ascoltare, accompagnare, discorrere, mangiare, restare…

I verbi di Gesù.

Mons Edoardo richiama l’importanza dell’Eucaristia (tema che già in anni precedenti ha visto l’impegno della Diocesi eporediese), la celebrazione eucaristica “plasma” la comunità cristiana, il richiamo alla sollecitudine, forse, deve essere letto forse in questa particolare ottica: il richiamo all’impegno della cura parrocchiale per richiamare la condivisione della vita del Risorto, la vita gioiosa e ricca, di cui tutti hanno bisogno.

Cura e partecipazione, dunque, per far “ardere il cuore” della Parola e del Pane.

Eucaristia “generativa”, che genera, fa nascere comunità accoglienti, in cammino, generatrici di vita nuova, quella di Cristo.

Il brano di Lc 24,13-35, dice Mons. Edoardo, deve costituire lo “sfondo” delle azioni pastorali.

Dalla tristezza e sfiducia alla “partenza senza indugio”.

Su ogni strada, verso ogni ripartenza.

Cambia il cuore e cambia la strada.

Forse occorre essere “portatori” di nuove strade, di nuovi cammini, di nuovi percorsi.

Le parrocchie, con il loro pastore, devono diventare generatrici di strade, di cammini, di passi.

“Non chiudersi in una bolla emotiva”: in questa frase di Mons. Edoardo c’è la sintesi delle azioni di cura e sollecitudine ai pastori della sua Chiesa: occorre porre in essere azioni di “ritorno” di “annuncio”, di “ripartenza”.

Missione ed annuncio dell’esperienza dell’Amore di Cristo per noi.

Pellegrini di annuncio, non girovaghi, non camminatori casuali, ma “viandanti”, come quel camminatore incamminato ed incontrato.

Il viandante che percorre insieme quei passi lungo la strada, ma poi “sparisce dallo loro vista” e lascia “camminare”, “ritornare”, “andare”, dopo che ha “percorso” con loro, dopo che ha “aperto gli occhi” e “fatto ardere il cuore”.

Liturgia della “strada, della Parola, del Pane”, perché solo camminando possiamo procedere con Dio e verso Dio, con i fratelli.

“Rimanere” sulla strada con Cristo, nella sua “Parola”, che trasforma quel Pane, che fa “camminare”, che fa “ritornare”, che “accende” il cuore, non per farlo ardere solo per se stessi, ma per diffondere quell’ Amore, per condividerlo, per annunciarlo.

Al termine della lettera vengono citati alcuni brani tratti dall’omelia del Santo Padre Francesco nella Messa di chiusura della prima fase del Sinodo dei Vescovi domenica 29 ottobre, nella quale si sottolinea in incipt della citazione, proprio un passaggio significativo, che si integra e completa le osservazioni pastorali.

Dice il Santo Padre “…è importante guardare al “principio e fondamento” da cui tutto comincia e ricomincia: amare Dio con tutta la vita e amare il prossimo come sé stessi. Non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo, ma amare Dio e il prossimo: ecco il cuore di tutto”.

Il “cuore” di tutto: ascolto, meditazione e adorazione.

La “docilità davanti a Dio”, quella che abbraccia con la tenerezza ogni uomo e la Chiesa.

Il santo Padre richiama i Sacerdoti Pastori all’adorazione quotidiana, l’intimità con Gesù che diventa ricchezza di parola.

Solo la Parola di Dio può “abitare” le parole dell’uomo e renderle significative e ricche, solo la Parola di Dio diventa parola di amore, di speranza, Parola che arricchisce la Chiesa di servizio amorevole, ma solo attraverso la docilità di cuore.

L’impegno che chiede Mons. Edoardo al suo clero è quello del ripensare, attraverso il brano di San Luca, nel suo Vangelo al capitolo 24, alla vita della comunità, con lo sguardo centrato su Cristo, perché solo da Lui, possono nascere nuove “generazioni”, nuovi percorsi di cammino, nuovi “sguardi”; di quello sguardo che nasce dalla trasformazione, dalla consapevolezza che Cristo solo è fondamento della gioia, la ragione della speranza, il garante della libertà.

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Ecco ora il testo della Lettera al Clero diocesano di Ivrea, del Vescovo

Mons. Edoardo Aldo Cerrato C.O.

Carissimi Confratelli,

  1. Nella Lettera Pastorale ho sinteticamente delineato la proposta di cammino per le varie attività pastorali in ambito diocesano e in ambito locale:

Credere cristianamente: conoscere la Persona di Cristo e aderire a Lui lasciandoci plasmare dal Suo insegnamento (trasmesso da gesti e da parole); convertirci al Suo modo di pensare, di sentire, di vedere e di agire; vivere nella comunione con Lui la nostra vita nel concreto tessuto dell’esistenza quotidiana…”.

È l’impegno di sempre, ma ho voluto sottolinearne l’importanza e l’urgenza anche in riferimento a quanto il Santo Padre Francesco ha detto in una sua catechesi:

Credere non è un’idea ma un incontro con Cristo che cambia il cuore… Succede infatti che uno cerchi di seguire gli insegnamenti di Cristo e della Chiesa, ma senza un vero rapporto personale con lui” (Udienza generale, 29 marzo 2023).

A questa luce ho proposto

a) di continuare la seconda fase del cammino sinodale riflettendo – negli incontri organizzati dalle Parrocchie e dalle Vicarie – su quanto emerso nella fase precedente e sintetizzato nella Relazione diocesana, avendo ora come riferimento la pagina evangelica di Lc. 24,13-35.

b) di tenere il medesimo testo evangelico come riferimento anche nella catechesi e negli incontri formativi che le Parrocchie organizzano privilegiando per essi, in particolare, i tempi liturgici di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua.

     2. Mi è stato chiesto di fornire qualche pista di riflessione sul passo evangelico di San Luca; lo faccio nella piena convinzione che ognuno di voi sa cogliere benissimo quello che è necessario trasmettere e su cui soffermarsi.

* “Gesù in persona si accostò e camminava con loro”.

La presenza di Cristo risorto: misteriosa ma reale.

Gesù parla con discepoli e li lascia parlare, li ascolta.

Essi avvertono, poco a poco, che la sua parola non viene da una cattedra lontana, ma da Uno che si affianca a loro e con loro percorre il cammino.

* “Stolti e lenti di cuore!” (Lc 24,25).

Siamo “stolti e lenti di cuore” quando adottiamo criteri di lettura della realtà che prescindono da Lui, criteri mondani e ragionamenti umani che portano allo scetticismo e alla freddezza. Il giudizio del Signore fa luce.

* “Si dissero l’un l’altro: Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32).

La Parola di Gesù riattiva la familiarità con Lui. L’ascolto e la meditazione assidua della Parola di Dio ci mette al riparo dalla fatica di credere e dai fraintendimenti.

* “Resta con noi, perché si fa sera” (Lc 24,29).

L’invito dei discepoli, giunti a Emmaus, è la risposta al Maestro che ha fatto balenare nella loro vita una luce nuova. Il Signore ci rende capaci di diventare comunità accogliente.

*”Prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (Lc 24,30).

Solo “allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24,31).

Il pane posto sulla mensa dai discepoli diventa poi pane eucaristico: come nei racconti della moltiplicazione, anche qui l’evangelista usa il linguaggio dell’ultima Cena.

Per tre anni pastorali ho proposto alla Diocesi l’impegno di riflettere (nell’ambito della catechesi e in altri momenti) sulla Eucarestia a partire da “che cos’è?” (tutt’altro che chiaro a molti tra i pochi che ancora partecipano alla Messa).

Si sono proposti, alla luce della celebrazione eucaristica, vari aspetti dell’identità del battezzato e del vivere cristiano.

La riflessione non si è certo esaurita…

* “Egli sparì dalla loro vista” (Lc. 24,31).

È la condizione perché i discepoli non si chiudano in una bolla emotiva, ma tornino a Gerusalemme a testimoniare che cosa hanno vissuto. La missione è annuncio della buona notizia attraverso l’esperienza che noi facciamo dell’amore di Cristo per noi.

* A Gerusalemme i discepoli trovano “riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro” (Lc 24,33), i quali annunciano il kerygma:

Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!” (Lc 24,34).

I due rientrati da Emmaus raccontano quanto è loro accaduto; lo annunciano a coloro che, posti alla guida della comunità, sono garanti della fede apostolica e dell’autenticità dell’annuncio e della comunione.

  1. Concludo, carissimi Confratelli, proponendovi la lettura integrale (io ne riporto qualche passo soltanto) dell’omelia del Santo Padre Francesco nella Messa di chiusura della prima fase del Sinodo dei Vescovi domenica 29 ottobre:

“A conclusione di questo tratto di cammino, è importante guardare al ‘principio e fondamento’ da cui tutto comincia e ricomincia: amare Dio con tutta la vita e amare il prossimo come sé stessi.

Non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo, ma amare Dio e il prossimo: ecco il cuore di tutto”.

La Chiesa sia adoratrice: in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni comunità si adori il Signore!

 Perché solo così ci rivolgeremo a Gesù e non a noi stessi; perché solo attraverso il silenzio adorante la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a Lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito.

Fratelli e sorelle, adoriamo il Signore Gesù!”.

“L’adorazione è la prima risposta che possiamo offrire all’amore gratuito e sorprendente di Dio. Perché è stando lì, docili davanti a Lui, che lo riconosciamo Signore, lo mettiamo al primo posto e ritroviamo lo stupore di essere amati da Lui. Lo stupore dell’adorazione è essenziale nella Chiesa. Adorare, infatti, significa riconoscere nella fede che solo Dio è il Signore e che dalla tenerezza del suo amore dipendono le nostre vite, il cammino della Chiesa, le sorti della storia.

Lui è il senso del vivere: il fondamento della nostra gioia, la ragione della nostra speranza, il garante della nostra libertà.

Sì, adorando Lui ci riscopriamo liberi noi.

Sempre dobbiamo lottare contro le idolatrie; vigiliamo, perché non ci succeda di mettere al centro noi invece che Lui”.

“Torniamo all’adorazione. Che sia centrale per noi pastori: dedichiamo tempo ogni giorno all’intimità con Gesù buon Pastore davanti al tabernacolo.

Solo così ci rivolgeremo a Gesù e non a noi stessi; perché solo attraverso il silenzio adorante la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a Lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito.

Fratelli e sorelle, adoriamo il Signore Gesù!

Magari abbiamo davvero tante belle idee per riformare la Chiesa, ma ricordiamo: adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande e perenne riforma.

Essere Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio”.

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A tutti, di cuore, buon cammino, in comunione di preghiera e di lavoro.

† Edoardo, Vescovo