(Giuseppe Busso)

CHIVASSO – Il Novecento chivassese è stato popolato da una serie di personaggi di grande spessore morale, culturale e politico dei quali si rischia di perdere traccia ma che invece è opportuno ricordare per il grande contributo che hanno offerto alla comunità chivassese e in molti casi a quella nazionale ed internazionale. Nelle scorse settimane abbiamo ricordato Don Giuseppe Dublino e il suo contributo alla Liberazione di Chivasso. Oggi ricordiamo Mario Enrico Viora, eminente personaggio della vita pubblica chivassese per più di mezzo secolo e importante esponente della cultura universitaria e finanziaria del nostro Paese.

Appartenente a un’antica famiglia piemontese, stanziatasi a Chivasso da secoli, nacque ad Alessandria il 25 ottobre 1903 da Ferdinando, che esercitava la professione di avvocato e presiedeva molte iniziative filantropiche, e da Emma Cardona. Inizia i suoi studi universitari alla Facoltà di Giurisprudenza di Torino e li conclude a Roma laureandosi sotto la guida di Francesco Brandileone con il quale si erano formati anche altri importanti storici del diritto, tra i quali, Francesco Calasso, Giuseppe Ermini e Antonio Marongiu. Di Viora sono da ricordare almeno quatto aspetti: il suo impegno accademico, il suo amore per la ricerca, il suo impegno e la sua presenza per il settore finanziario e la passione per la sua città e le sue istituzioni.

Appena laureato, a soli 23 anni, inizia il percorso di docenza all’Università di Sassari che proseguirà sino al 1938 insegnando Storia del Diritto Italiano nella Facoltà di Giurisprudenza. È l’inizio di una carriera folgorante che lo porterà in molte Università Italiane: Messina (1932), Parma (1933) e Trieste (1938). Dal 1941 fino al termine della sua lunga carriera universitaria si divide tra l’insegnamento di Storia moderna, di Storia del diritto romano e di Storia del diritto italiano. Insegna Storia moderna nella Facoltà di Scienze politiche di Padova (1941), in quella di Lettere dell’Università Cattolica di Milano (1947) e in quella di Scienze politiche della stessa università lombarda (1953).

Insegna Storia del diritto italiano nella Facoltà di Giurispru-denza di Trieste e Storia del diritto romano nella Facoltà di Giurisprudenza di Padova. Nel 1956 ritorna all’insegnamento di Storia del diritto italiano nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, succedendo a Sergio Mochi Onory prematuramente scomparso nel 1953. La lunga parentesi all’Università Cattolica costituirà una tappa fondamentale nel cammino scientifico e professionale di Viora. Qui ne conosce il fondatore, Padre Agostino Gemelli e con lui intesse un dialogo che durerà per anni e lo porterà a presiedere l’Istituto Toniolo di Studi superiori per un decennio (dal 1976 al 1986).

Così Pietro Zerbi, titolare della Cattedra di Diritto presso la stessa Università, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e Pro-Rettore dal 1974 al 1997, ricorda Mario Viora in una pubblicazione commemorativa (“Incontri, ideali e dibattiti di una lunga vita”, Vita e Pensiero, 2004): “Mario Viora giungeva alla Cattolica a 44 anni, nel fiore della virilità. Aveva alle spalle una lunga opera di docente e di amministratore di cose universitarie in cinque atenei, in uno dei quali (Trieste) era stato anche Magnifico Rettore. Avvenne allora l’incontro con Padre Gemelli che Mario sempre considerò come il più importante della sua vita. Una stretta collaborazione fra i due si stabilì molto presto. Appena un anno dopo la sua chiamata da parte della Facoltà di Lettere e Filosofia, cioè nel 1948, Viora era eletto dai professori di ruolo a loro rappresentante nel Consiglio di Amministrazione . Elezione dal basso dunque. Ma chi conosca per poco la storia di questo Ateneo, sa che nulla di importante vi accadeva, finché visse Padre Gemelli, senza il peso determinante della sua volontà. … Il fattore decisivo fu senza dubbio l’interiore simpatia e la profonda intesa che corsero fra i due. Viora, uomo di fede solida, semplice, paga di quanto una buona educazione familiare aveva trasmesso, incline più a trasferirsi nella concretezza della vita che a nutrirsi di approfondimenti intellettuali, ammirò subito immensamente, nel suo interlocutore, proprio la fede che trasporta le montagne, che dà vita a grandi opere, sostiene nel dolore e nella
sofferenza”. La collaborazione con il mondo della Cattolica durò 12 anni. Nel 1960 Viora passa alla cattedra di Storia del diritto italiano della Facoltà di Giurisprudenza di Torino dove concluderà la sua lunga carriera universitaria. In molte delle Università dove insegnerà, sarà anche componente degli organi di gestione delle stesse (Consigli di Amministrazione, Preside di Facoltà, componente di Comitati scientifici, ecc.).

Parallela alla sua carriera accademica, Viora sviluppa una intensa attività di produzione scientifica nel campo della Storia del Diritto, ma non solo. Sarà collaboratore di numerose riviste scientifiche. Parteciperà alla fondazione della “Rivista di storia del diritto italiano” (1927), che dirigerà a lungo fino al 1986. Oggetto dei suoi studi sarà anche Angelo Carletti da Chivasso, giurista, poi, con l’entrata nell’Ordine dei Frati Minori, teologo e studioso di Teologia Morale. Un giovanissimo Viora, appena ventenne, scriverà per la Miscellanea di Storia Monferrina un saggio intitolato “Delle opere scritte dal Giureconsulto e Teologo Angelo Carletti da Chivasso” (1923) . Due anni dopo, per la Rivista Studi Francescani, darà alle stampe il saggio “Angelo Carletti da Chivasso e la Crociata contro i Turchi del 1480-81” (1925) con una dettagliata disanima dei documenti che hanno caratterizzato l’incarico avuto da Papa Sisto IV. Nel 1961, con l’editore Tallone di Alpignano, darà alle stampe una preziosa monografia sulla vita del Beato: Il Beato Angelo da Chivasso. Si tratta di una testo celebrativo dei 550 anni dalla nascita del Carletti, realizzata per i Rotary Club di Torino-Nord, Chivasso e Cuneo, con la collaborazione di Alfonso Odifreddi.

La sua fama e reputazione lo portarono ad impegnarsi in numerose accademie scientifiche, ricoprendo per lungo tempo il ruolo di Presidente di istituzioni o associazioni culturali, fra le quali la Deputazione Subalpina di Storia Patria di Torino. Analogamente il mondo economico e finanziario, soprattutto piemontese, lo chiamò a ricoprire ruoli di primaria importanza presso alcune istituzioni, fra le quali da segnalare la Cassa di Risparmio di Alessandria, presso la quale pubblicò le ricerche sul Carletti e la Reale Mutua Assicurazioni.

Non mancò il suo impegno per la sua città, Chivasso. La sua formazione liberale e antifascista, che gli aveva procurato non pochi problemi alla Università di Trieste dove aveva dovuto abbandonare la carica di Rettore, lo portò a promuovere la costituzione del CNL chivassese nella seconda metà del settembre 1943 e a guidarlo nei primi passi. Organizzò, nel dicembre dello stesso anno, la riunione a Palazzo Tesio (19 dicembre) che redasse la “Carta di Chivasso”, documento fondativo dell’autonomia e del federalismo poi riconosciute dai Costituenti nell’art. 5 della Costituzione Italiana. All’in-domani del 25 aprile 1945, Viora si insediò, con il CNL a Palazzo Santa Chiara, sede del Municipio; partecipò con Don Giuseppe Dublino alla complessa trattativa con i tedeschi per la definitiva liberazione della Città (in quella occasione fu particolarmente preziosa la sua conoscenza della lingua tedesca) , fu Consigliere Comunale per alcuni anni.

Nel 1959 fu nominato Consigliere nell’Opera Pia “Eugenio Clara”, la Casa di Riposo per anziani della città, dove spese tutta la sua competenza amministrativa e giuridica per risolvere le molte problematiche dell’Ente risorto dopo il bombardamento del 12 maggio 1944. Fu anche nominato Cavaliere del Santo Sepolcro ed in questa veste si recò nel marzo 1986 in pellegrinaggio, con una folta delegazione di chivassesi, organizzati da don Gerra, per commemorare i 20 anni di gemellaggio fra la frazione chivassese e la città di Betlemme. Fu il suo ultimo viaggio: morì infatti improvvisamente nella notte del 7 marzo.

Così nel ricordo di Renato Cambursano, allora Sindaco della città, che partecipò al pellegrinaggio: “Eravamo appena stati in visita ufficiale dal sindaco di Betlemme, Elias Freji. Con noi era presente il Vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, don Giovanni Francesco Mattea, parroco di Boschetto e don Giovanni Gerra, parroco di Betlemme. Alla sera visitammo l’Orto del Getzemani, Viora era contento, sereno. Tornammo in albergo con l’intesa che la mattina dopo, il primo che si svegliava, chiamava gli altri. Don Mattea, la mattina seguente, bussò alla porta del prof. Viora, non ottenne risposta. Se ne era andato nella notte”.

La notizia suscitò un enorme impressione nella sua città e presso tutte le persone e gli ambienti che avevano avuto modo di conoscerlo. Si concludeva così, all’età di 83 anni, la vicenda umana, professionale e scientifica di un uomo che aveva dato molto in tutti i luoghi che lo avevano visto protagonista.