Tutti ormai “abitiamo” i social: ci viviamo dentro, ci costruiamo sopra un’intera esistenza virtuale. Il quadro delineato dal Direttore nell’editoriale della settimana scorsa è tristemente vero: oggi si abita più facilmente nei social che nei luoghi fisici, creando una realtà parallela dove informazione, intrattenimento e relazioni si mescolano fino a diventare la vita stessa.

I social non sono più solo strumenti di comunicazione, ma ambienti in cui si trascorrono interi anni della propria esistenza. Padre Paul-Adrien d’Hardemare, sacerdote domenicano e youtuber francese, in una recente intervista mi ha detto che nel corso della nostra vita passiamo dai 5 ai 10 anni sui social: un dato che fa paura.

Il problema non è solo la quantità di tempo spesa online, ma la qualità di questo tempo. Non è un tempo libero: ogni contenuto che guardiamo, ogni post che condividiamo, ogni informazione che ci interessa è nel migliore dei casi suggerita, nel peggiore attentamente selezionata e indirizzata. Anche l’informazione, già di per sé polarizzata, trova nei social il suo apice di parzialità. Sappiamo tutto e subito, ma in modo schierato e superficiale, quanto basta per un’infarinatura. Certo, esistono spazi di approfondimento seri e curati, ma trovarli richiede un forte interesse e una ricerca attenta. La strada più semplice è quella della superficialità.

Tuttavia, non tutti i giovani sono disinteressati alle realtà locali. Molti si rifugiano nei social, è vero, ma altri scelgono di mettersi in gioco. Non solo in politica, dove la partecipazione giovanile è viva ma spesso indottrinata, ma anche in iniziative concrete di volontariato e tutela del territorio.

Un mio amico ha da sempre voluto fare il pastore: ha studiato per acquisire le competenze necessarie e oggi vive il suo sogno, con i suoi animali, felice e realizzato.
Non a tutti è chiesto di fare scelte radicali, ma il suo esempio mostra che è possibile costruire il proprio futuro partendo dal proprio territorio.

Da un territorio proveniamo, rinnegarlo non giova nemmeno a noi. E se devo essere sincero, io sarò sempre riconoscente delle mie radici per quanto mi hanno dato.