Il lavoro, il superbonus edilizio (con la sua ricaduta sul deficit statale), le riforme istituzionali: sono i temi emergenti della ripresa politica dopo le vacanze estive.

La tragedia di Brandizzo ha riaperto drammaticamente la piaga umana e sociale delle morti sul lavoro, con le prime indagini giudiziarie che fanno emergere una sostanziale violazione delle leggi esistenti, dettata da una corsa contro il tempo per risparmiare risorse, all’insegna di una logica del profitto aggravata dalla pratica dei sub-appalti. Colpisce l’assenza di controlli per tutelare i lavoratori (denunciata dalla manifestazione sindacale di Vercelli), la grave carenza di ispettori del lavoro, il vuoto legislativo lasciato dalle norme sugli appalti.

Alla politica spetta il compito di nuovi investimenti per la sicurezza (anche con nuove assunzioni di “controllori”), la ridefinizione delle norme, la vigilanza su aziende pubbliche come le Ferrovie. Sul lavoro i sindacati hanno inoltre chiesto un incontro al Governo per i rinnovi contrattuali, con misure urgenti contro l’inflazione che punisce anzitutto pensionati e lavoratori.

Ma sul piano economico l’Esecutivo ha un problema serio: la difficoltà a varare il bilancio 2024 per le molte richieste dei partiti di maggioranza e per il “buco” emerso nei conti dello Stato per il super-bonus edilizio, il provvedimento varato dal Governo Conte e ridimensionato parzialmente dai Governi Draghi e Meloni: il costo supera i cento miliardi e migliaia di imprese e famiglie rischiano di pagare duramente le previsioni sbagliate dei Governi e della Ragioneria dello Stato, essendo l’onere per le casse statali più che raddoppiato. Conte si difende rilevando il miglioramento del Pil prodotto dal super-bonus: è corretto investire una somma così ingente (pari a tre leggi finanziarie) in un solo settore? E l’edilizia per ospedali, scuole, carceri…?

Inoltre il Parlamento è stato chiamato a votare una legge importante con parametri di spesa errati: è una sconfitta anche per le Istituzioni e per gli apparati di controllo, del Governo e dello stesso Parlamento. L’ex ministro dell’Economia Gualtieri dice ora che il bonus andava fermato entro il 2021; una giustificazione a posteriori che aggrava il vuoto della politica e dei burocrati.

Sul bilancio dello Stato non peseranno, per ora, i costi delle riforme istituzionali (premierato e legge Calderoli sull’autonomia regionale) perché la rottura dei Centristi tra Calenda e Renzi fa mancare la maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione per il varo di nuove norme. Sarà necessario il referendum popolare confermativo, perché in Parlamento il “no” di Calenda annulla il “sì” di Renzi e il destra-centro non ha numeri sufficienti. Il rinvio dà nuovo spazio al Quirinale perché l’elezione diretta del premier, de facto, ridurrebbe uno dei compiti primari del Presidente della Repubblica: la nomina del presidente del Consiglio dei ministri.

Il clima politico, peraltro, in vista delle Europee è ben lontano dallo scontro maggioritario destra-sinistra: i problemi sono anzitutto all’interno dei due principali Poli.

A destra c’è la sfida Salvini-Meloni, con il leader della Lega che accentua lo spostamento a destra, in Italia e in Europa, per intercettare elettori contrari alle tentazioni neo-centriste di settori di FdI (in primis il ministro Crosetto: ha punito l’ex comandante della Folgore Vannacci per le sue tesi sul “diritto all’odio”, e Salvini ha subito offerto al generale deposto una candidatura per Bruxelles).

Tra la premier e il Carroccio il referente di Forza Italia Antonio Tajani cerca una collocazione moderata per il suo partito, mentre alle sue spalle cresce la spinta per offrirne la leadership a Pier Silvio Berlusconi.

A sinistra Conte e il M5S incalzano il Pd della Schlein alla ricerca della primogenitura (secondo i sondaggi i pentastellati sono al 17%, i Dem al 20%, bloccati). L’ex premier si è intestato la battaglia per il salario minimo, difende il Reddito di Cittadinanza e il super-bonus, propone una politica estera di sostanziale neutralità nella guerra Russia-Ucraina; inoltre non accetta un’intesa generale con il Pd, come propone la Schlein, e anche sulle prossime elezioni regionali sta seguendo la politica del “caso per caso” (e in Piemonte i rapporti Dem-M5S sono difficili, perché permangono le conseguenze dello scontro sul Comune di Torino tra l’Appendino e il vincente Lo Russo).

Al centro, infine, avremo le liste concorrenti di Calenda e Renzi, che portano complessivamente a una decina le formazioni politiche in lotta, con il de profundis delle vocazioni maggioritarie! Dal canto suo il Quirinale prosegue nella linea dell’unità istituzionale: in Piemonte ha elogiato l’intesa Cirio-Lo Russo perché il bene del Paese viene prima delle pur legittime aspirazioni dei partiti.