(Mario Berardi)

L’incontro Merkel-Conte a Berlino segna emblematicamente il cambio di scenario della politica italiana. Se dal dopoguerra agli inizi del nuovo millennio la bussola è stata l’alleanza con gli Stati Uniti, ora, anche per il sovranismo di Trump, l’Unione Europea e la Germania in particolare costituiscono l’asse di riferimento per risorgere dalla grave crisi economica e sociale causata dal Coronavirus.

Per l’Italia sono in ballo oltre 300 miliardi tra prestiti e sussidi: 170 dal Recovery Fund, 20 dal Sure (cassa integrazione), 37 dal Mes (sanità), 100 dalla Bei (investimenti). Non regge la tesi della Lega dell’autosufficienza italiana perché, come ha dimostrato l’ultima asta di titoli di Stato, il costo del denaro italiano è sensibilmente più alto; inoltre le esigenze del bilancio statale sono molteplici e il risparmio nostrano non è inesauribile.

Stupisce quindi il silenzio di Salvini di fronte alle proteste dei suoi alleati olandesi (Wilders) contro gli aiuti della UE a Roma. Non siamo di fronte ad un sostegno al premier Conte, ma ad un finanziamento a tutti i paesi colpiti da Covid-19.

Il premier Conte, “drogato” dai sondaggi favorevoli, ha certamente ecceduto nella guida solitaria della “mission” europea, ma il suo successo coinvolge la vita di 60 milioni di persone, in una fase recessiva dell’economia (quest’anno il prodotto interno lordo scenderà di oltre il 10%).

La partita di Bruxelles, nonostante il sostegno della Merkel e di Macron, non è infatti facile e non sarà di breve durata perché i cosiddetti “Paesi frugali” (guidati dall’Olanda) sono contrari a sovvenzioni a fondo perduto e chiedono condizioni a priori. Il premier ha il pieno sostegno di Grillo e Zingaretti, ma non mancano divisioni tra Dem, Grillini e Renziani.

Anche sui media l’attenzione ai giochi di palazzo sembra prevalere rispetto alla rilevanza della posta in gioco. Due esempi: Romano Prodi ha elogiato il suo eterno rivale Berlusconi per la scelta europea in contrasto con l’accoppiata Salvini-Meloni; subito alcuni quotidiani hanno interpretato la vicenda come un accordo segreto per il Quirinale: Prodi presidente dopo Mattarella, Berlusconi senatore a vita.

Il ministro degli Esteri Di Maio ha visto riservatamente l’ex presidente della BCE, Mario Draghi, e il braccio destro di Berlusconi, Gianni Letta; secondo taluni media Di Maio punterebbe a un governissimo (cui sono contrari Zingaretti, Salvini, Meloni), mentre secondo altri vorrebbe rifare la Dc vista la crisi dei grillini (ma la storia complessa e articolata del partito che ha guidato la ricostruzione post-bellica non si ricostruisce a tavolino per conquistare Palazzo Chigi).

Le forze politiche dovrebbero evitare miopie istituzionali e cogliere la portata storica della discussione in atto a Berlino e a Bruxelles. Sembra invece prevalere una polemica a priori: ad esempio sul prolungamento del lockdown a fine anno o al 31 ottobre la scelta deve essere motivata da una oggettiva valutazione scientifica dei rischi per la salute e per l’economia, senza bandierine politiche inopportune.

Analogamente le decisioni sulla concessione ad Autostrade debbono avvenire non sulla base dei sondaggi (favorevoli alla revoca), ma su un bilancio corretto dei costi dell’operazione per le casse dello Stato, per i lavoratori dipendenti, per l’efficienza del servizio; sarebbe grave se la “punizione” dei Benetton, chiesta dai Grillini, fosse pagata da migliaia e migliaia di piccoli risparmiatori, azionisti di Atlantia.

L’invito pressante a una politica alta giunge anche dalle rilevazioni dell’Istat sul 2019, prima della pandemia: continua il declino della popolazione, la forte caduta delle nascite (record dal 1861), l’esodo di italiani verso l’estero; e anche gli arrivi di migranti sono in calo. Il risultato è che negli ultimi 5 anni il Paese ha perso mezzo milione di abitanti.

La crisi è di natura economico-sociale, ma non solo; c’è una questione etico-culturale sul ruolo della vita, della famiglia, della speranza sul futuro della società; le forze politiche, sociali, culturali debbono interrogarsi sui messaggi e sugli esempi rivolti alla popolazione e, in particolare, ai giovani.

Un famoso slogan ricorda all’intera classe dirigente che “governare non è asfaltare”. Non bastano singole opere (su cui spesso si litiga): occorre recuperare un nuovo modello di società, giusto, solidale, non dominato dal progetto prevalente radical-libertario.

Il bene comune viene prima dei pur legittimi interessi particolari.